Libreria delle donne di Milano

Foggia, 10 maggio 2011


DONNE DI MAGGIO A L’AQUILA
di Antonietta Lelario (circolo La Merlettaia di Foggia)

Per il 7 e l’8 maggio le donne TERRE-MUTATE de L’Aquila avevano indetto un incontro per vedere la città così com’è, contro l’informazione deformata che circola. E per ragionare insieme.
Che cosa ci ha spinte in tante, più di 600 donne, ad andare da tutta Italia, rispondendo alla loro chiamate? Me lo sono chiesta per me. Non so dove ha origine questo vincolo, ma so che c’è e ha costituito in questi anni la nostra forza. Per questo è bastato l’invito della mia amica Giannina di Diotima perché io decidessi di partire. Non c’è in gioco nessun tornaconto: dopo il 13 febbraio sappiamo che, se anche il mondo dell’informazione dovesse parlare dell’evento che costruiamo, sarà solo per una giornata, sappiamo anche che la forza che alcune donne conquistano in una città non può essere artificialmente gonfiata dall’esterno, eppure siamo lì, attente, affettuose, grate per tutto ciò che riceviamo, disponibili all’ascolto reciproco, pronte a dare quel poco o molto che abbiamo accumulato in termini di esperienza e di riflessione sull’esperienza, con altri, altre. Come al solito il confronto con la realtà sembra all’inizio fortemente dispari. Di fronte alle donne aquilane c’è il potere di un governo che usa tutti i mezzi, dalla dilazione all’esibizione dei buoni sentimenti, dalle promesse miracolistiche all’appesantimento burocratico per ogni azione che venga dagli abitanti; c’è un potere locale sempre più impossibilitato a svolgere qualsiasi azione per la mancanza di mezzi finanziari; c’è la situazione di ricatto in cui vive una popolazione a cui sono stati distrutti, insieme alle case, la fonte di sostentamento, i luoghi di lavoro, i luoghi della socialità tradizionale: le piazze, i mercati, le strade, i negozi in comune con i vicini; ci sono i poteri economici forti, quelli che possono attendere finché gli abitanti non saranno sfibrati, quelli che hanno grandi capitali da investire. Infatti tutta la zona intorno a L’Aquila si sta riempiendo di centri commerciali. E le donne dalla loro parte che cosa hanno? hanno le relazioni salvate ad ogni costo; hanno lo sguardo con cui hanno visto le mamme mantenere condizioni di vivibilità, le insegnanti aiutare i loro studenti e le loro studentesse superando il proprio disagio, gli e le abitanti della città decisi/e a non rassegnarsi; hanno la parola con cui raccontano la volontà di ricostruire il centro storico, perché è il cuore della città e una città senza cuore non è una città. Nella due giorni, del 7 e dell’ 8 maggio, Simona, Carlotta, Nadia ci raccontavano queste cose mentre noi pendevamo commosse dalla loro bocca. Ma per chi non ha potuto vivere la situazione dal vivo c’è un bellissimo numero di Leggendaria, dedicato a L’Aquila, che è tutto da leggere. Eppure, proprio per questo conflitto titanico, la città dell’Aquila diventava ai nostri occhi emblematica, perché in un modo tutto suo raccontava di una situazione in cui siamo immerse tutte. Nel gruppo sui Beni Comuni, in cui ero io, c’erano le amiche di Napoli che di scontri titanici ne sanno qualcosa e veniva fuori la storia delle Mamme Vulcaniche e del loro insistere. Il verbo insistere non era scelto a caso. “Non basta resistere” diceva Sassi, “occorre insistere. Questa parola dà di più l’idea della posizione dei nostri corpi, della bellezza con cui rispondiamo al degrado, della forza della vita che opponiamo a questa società mortifera”. Rosella di Civitanova Marche e le ragazze de La città dell’Utopia di Roma dicevano: “Facciamo in modo che le città, tutte le città, diventino Bene Comune, da L’Aquila dobbiamo portarci a casa questo frutto politico”. Io raccontavo delle iniziative prese a Foggia contro il degrado della città: “un po’ teatro, un po’ azioni politiche, perché non basta affermare. La percezione che un bene è comune, le misure comuni si costruiscono e si costruiscono lì dove si è, giorno per giorno. Ma gli esempi si moltiplicano, a FG si stanno diffondendo azioni virtuose con i Cicloamici, con Gli amici della domenica”. “Occorre mostrare che è possibile opporre alla corruzione un’etica pubblica” aggiungeva Raffaella di Terni. “Lavoriamo sulla Comunicazione, sulle parole, sull’immaginario perché anche il Sapere, come l’acqua, l’energia pulita, è un bene comune”, ha detto Laura delle Malefiche, collettivo che opera all’Università di Roma tre. Mara di Fano, Giovanna di Roma, Agnese di Vicenza, Morena di Terni, Gabriella del comitato di Centocelle di Roma, Loretta di Roma… gli interventi si susseguivano raccontando pratiche importanti, esperienze, azioni anche illegali come le occupazioni di case. “È più che costruire una coscienza. È la possibilità di far vedere una vita altra”, sapendo che la bellezza di questa vita altra, se è resa visibile, è la migliore risposta al grigiore e all’imbarbarimento dei rapporti sociali. È una risposta che ci toglie dall’impotenza. Non solo. Lo stretto legame con la vita, i suoi problemi e la sua bellezza, l’aderenza all’esperienza, tolgono alla lingua che parliamo quei caratteri identitari che ostacolano la comunicazione. A L’Aquila la parola scorreva fra noi: le Donne in nero, moltissime, le ragazze dei collettivi, noi delle Città Vicine, io, Loredana, Bianca, Sandra e tante, tante altre, provenienti da mille altre esperienze, tutte ci capivamo, ci riconoscevamo. E così le amiche di Verona e del nord est, che avevano sviluppato una idiosincrasia per Va’ pensiero, si sono trovate a cantarlo con tutte le altre quando da Piazza del Duomo ci siamo spostate alla Piazza del Comune dove era stato simbolicamente occupato l’edificio scelto per la Casa delle donne dell’Aquila. Così il passaggio simbolico di consegne da una donna ultranovantenne, che ha fatto la Resistenza, ad una giovane ragazza aquilana, chiudendo la manifestazione, è diventato un rito accolto con commozione da tutte. Lì a L’Aquila è successo qualcosa che ha avvicinato le città permettendo di riconoscere nel percorso di una il percorso dell’altra. Per questo ci siamo lasciate con un rinnovato desiderio di rivederci e di fare de L’Aquila, della sua Casa delle Donne, un nostro importante riferimento.