Il manifesto,
23 Maggio 2010
L'Iran
minimalista di Fariba Vafi Parla l'autrice di «Come un uccello
in volo» di Marina Forti
Approdare alla scrittura non è
stato facile per Fariba Vafi. Oggi è una delle scrittrici di maggior successo
in Iran: ha pubblicato una raccolta di racconti e quattro romanzi che sono divenuti
in breve dei best seller, ha ricevuto i premi letterari più prestigiosi
del paese. La sua figura rappresenta bene una nuova generazione di scrittori (in
gran parte scrittrici, per la verità) apparsi sulla scena letteraria dell'Iran
dopo la Rivoluzione islamica del 1979. Questo è un aspetto dell'Iran poco
noto all'estero, dove pure ne sono apprezzati il cinema e le arti visive: un effetto
collaterale della rivoluzione è stata una grande produzione letteraria,
narrativa, poesia, saggistica. E le donne sono protagoniste: come autrici ma anche
editrici, fondatrici di riviste letterarie, giornaliste, blogger. Certo, l'Iran
è il paese dove imperversa la censura, dove vigono rigide regole della
morale islamica, e alle donne sono imposti limiti precisi, ma - nonostante la
censura e le limitazioni, o forse proprio per questo - una nuova generazione di
autrici si è creata un proprio spazio. Fariba Vafi è tra le più
note. Nata nel 1962 a Tabriz, capoluogo di provincia nel nord del paese (dove
la lingua parlata è l'azeri), cresciuta in una famiglia tradizionale, dopo
essersi diplomata alla scuola statale ha cominciato a lavorare come operaia in
una fabbrica di abbigliamento. In cerca di indipendenza economica ha frequentato
la scuola di formazione della polizia femminile islamica a Tehran; tornata a Tabriz,
ha trovato lavoro come guardia carceraria, dove però non ha resistito più
di tre mesi. Nel frattempo si era sposata, aveva avuto due figli... Fin da adolescente,
ci dice, voleva fare la scrittrice: «A scuola scrivevo bene e tutti mi incoraggiavano.
Ho continuato a inseguire questo sogno anche quando facevo altri lavori, anche
nei momenti della mia vita in cui mi sembrava impossibile realizzarlo».
Nel 1988 è stato un traguardo pubblicare il suo primo racconto. C'è
quindi un po' di lei nella protagonista-voce narrante di Come un uccello in volo,
il suo primo romanzo - prosa scarna, quasi minimalista, ma elegante, attenta ai
particolari. Vediamo una moglie e madre riluttante («sono stufa di dovermi
occupare costantemente dei bambini, del muro scrostato, dello scaldabagno rotto,
degli scarafaggi che non scompaiono con nessun insetticida») che combatte
con le difficoltà quotidiane del vivere e un marito indifferente, si sente
schiacciata dal ruolo che per tradizione le è assegnato («Non sono
una madre, non sono una figlia, non sono una moglie...»): si sente come
«un uccello migratore» «rinchiuso in gabbia», finché
trova dentro di sé la via per uscirne. Quando è uscito in Iran,
nel 2002, Come un uccello in volo ha avuto un successo fulminante e ha sbancato
i premi letterari. Ora per la prima volta viene pubblicato in Italia, tradotto
dal farsi da Hale Nazemi e Bianca Maria Filippini per la neonata casa editrice
Ponte33 di Firenze (www.ponte33.it). La casa editrice merita una nota a sé:
fondata da tre studiose della lingua e cultura iraniana, nasce con il progetto
di far conoscere la letteratura contemporanea dell'Iran. «In questi anni
abbiamo visto emergere un linguaggio nuovo, una prosa snellita rispetto a quella
dell'antica tradizione persiana», ci dice Felicetta Ferraro, cofondatrice
di questa impresa editoriale insieme a Irene Chellini e Bianca Maria Filippini.
«È una letteratura che è riuscita a trovare una sua forma
specifica nonostante la censura e tutte le difficoltà, un po' come è
successo per il cinema». Però è poco conosciuta all'estero
(«stenta a emergere anche perché non corrisponde all'immagine che
l'occidente si attende», nota Ferraro - spesso qui si confonde la letteratura
iraniana con quella della diaspora: una letteratura di denuncia, per lo più
riassunta nel cliché di copertine con foto di donne velate). Certo non
rientra in questo cliché Fariba Vafi che giorni fa ha conquistato il pubblico
della rassegna «Incroci di civiltà», a Venezia. In Iran
a scrivere oggi sono soprattutto le donne, e con successo. A cosa è dovuto
questo fenomeno? La rivoluzione e poi la guerra hanno catapultato le donne
sulla scena sociale. Quando poi la vita è ripresa normalmente, è
stato naturale per le donne cominciare a studiare e farsi avanti in tutti i campi,
anche in quello letterario. Anch'io, come tante altre, ho cercato di capire quale
fosse il mio posto nel mondo e scrivere è stato lo strumento più
immediato ma anche più efficace. L'allargamento della classe media negli
ultimi decenni ha rotto il monopolio che esercitava sulla letteratura un gruppo
ristretto di persone, provenienti quasi sempre da strati sociali privilegiati.
Sempre più persone hanno travasato le loro esperienze nella scrittura.
Per le donne scrivere è diventato più facile via via che la società
si è modernizzata e le famiglie sono diventate più piccole. Le donne
hanno avuto più spazio e più tranquillità per scrivere. Inoltre,
l'aumento del livello di studi le ha rese più consapevoli di sé. Nel
libro che Ponte33 ha appena tradotto in italiano, Come un uccello in volo, la
sua protagonista si rifugia nel silenzio... Attenzione, il silenzio di questa
donna non è passivo. Non è neanche aggressivo. È un silenzio
critico, pieno di domande. Nel suo silenzio, la protagonista guarda gli altri,
osserva, s'interroga, e infine trova se stessa. È una sorta di riflessione
che le serve per valutare la sua vita, per capire come proseguire. L'Iran non
viene mai nominato direttamente. È un problema di censura o una sua scelta
letteraria? La storia che racconto può accadere ovunque. È vero
che molto dipende dal contesto nella quale è ambientata, ma a me importano
i rapporti tra le persone, ciò che accade al loro interno, non all'esterno. Quale
pensa sia il ruolo di uno scrittore nella società iraniana attuale? Scrivere,
e ancora scrivere. In una società nella quale esprimersi diventa sempre
più difficile, scrivere un bel racconto o un bel romanzo e tenere viva
la letteratura è un compito importante e una grande responsabilità.
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