Manifesto
26 Luglio 2011
Dalla
redazione del sito: Grazie, Fausto Bertinotti, per questo profilo di donna comunista,
ma guarda che ti sbagli a essere triste: Nella Marcellino è viva e lotta
insieme a noi (femministe)! Nella
Marcellino, una «rivoluzionaria di professione»
di Fausto Bertinotti Ci
sono morti che diffondono in chi ha conosciuto la persona scomparsa una tristezza
particolare, come se alla dolente perdita di una vita si aggiungesse la sensazione
della incombente scomparsa di un mondo e di una storia importante. Forse questa
tristezza particolare si diffonde perchè si avverte, acuta, la difficoltà,
forse addirittura l'impossibilità, di trasmettere la lezione di quella
storia di vita nel tempo presente e nel futuro per quel che si può prevedere.
Così abbiamo vissuto la morte di Nella Marcellino. Le donne come lei si
erano chiamate «rivoluzionarie di professione». La politica, il movimento
operaio, il Pci, la Cgil sono state per loro una scelta di vita, una scelta che
la vita ha riempito di senso e di significato. Mi é capitato di andare
a trovare Nella quando giaceva in un letto d'ospedale; quella scelta ancora riempiva
la sua vita. Viveva allora una dignitosa solitudine, rotta dalla cura di un compagno
premuroso. Non era dato di poter sapere quanto ne soffrisse. Il riserbo, il nascondimento
dei propri sentimenti facevano parte di quella stessa storia come se volessero
esprimere una sorte di totale dedizione alla comunità di appartenenza.
Nella faceva parte di quella schiera di donne forti, di dirigenti comuniste che
hanno avuto un ruolo importante nella Cgil e nel Partito comunista, da Teresa
Noce a Lina Fibbi. Venivano dalla Resistenza, dalla lotta di Liberazione da cui
traevano una straordinaria legittimazione come dirigenti del movimento operaio.
La storia di queste donne veniva prima dell'affermarsi del femminismo e della
cultura di genere, il loro orizzonte era quello dell'emancipazione delle donne
con il proletariato e delle lotte, per conquistarle sono state protagoniste. Nella
direzione dell'organizzazione politica e sindacale, persino nella loro pratica
ne sottolineavano il tratto maschile, anche autoritario. La sua autorevolezza,
Nella, la ricavava, oltreché dalla sua storia, da una identificazione piena,
senza riserve, con l'Organizzazione, con la Cgil, con il Pci. Per quanto possa
apparire curioso, nella Cgil di Di Vittorio, di Lama, di Trentin, questa caratteristica
portava compagni come lei a essere assai autorevoli e potenti ma non a ruoli di
rappresesentanza generale, un po' come era capitato a un dirigente come Rinaldo
Sheda. Nella Marcellino ha diretto, in momenti difficili ed aspri, grandi sindacati
di categoria, ha guidato rilevanti stagioni contrattuali di lavoratrici e di lavoratori,
è stata una sindacalista autentica. Non fu certo tra i più convinti
e radicali sostenitori dei sindacati dei consigli, nè del sindacato come
soggetto politico, ma non dubitò mai che dovessero essere i lavoratori
i protagonisti della contesa sindacale e del conflitto sociale, che dovessero
essere i lavoratori tutti partecipi delle scelte del sindacato e titolari delle
decisioni sulle proprie vertenze e sui propri contratti. Nella Marcellino ha vissuto
tanta parte della storia della Cgil nel dopoguerra come la storia della sua vita
e con essa si è identificata, eppure questa dedizione all'organizzazione,
questa militanza di classe nel sindacato e nel partito non l'hanno mai indotta
a rinunciare ad esercitare, in quello che era il suo mondo, la propria intelligenza,
la propria orgogliosa presenza, la libertà di pensare e di far valere le
proprie idee. Sarebbe bello e giusto, se, contro la facile previsione, una ragazza,
un giovane sulle strade e nelle piazze di oggi e di domani, dove vive la protesta,
potessero conoscere una storia come quella della compagna Nella Marcellino. Ciao
Nella.
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