il manifesto
- 27 dicembre 2003
L'avanguardia
intorno a un «Numero»
Nell'Archivio di Stato di Firenze una mostra rende omaggio alla straordinaria
vicenda artistica di Fiamma Vigo
IDOLINA LANDOLFI
Fortemente voluta dalla direttrice dell'Archivio di Stato di Firenze,
Rosalia Manno Tolu, e da lei curata insieme a Maria Grazia Messina, Fiamma
Vigo e «Numero» è una mostra dai molteplici aspetti
- e di impostazione e di contenuti - e che dunque incontra gli interessi
di un pubblico quanto mai vario. La sede è quella dell'Archivio
di Stato di Firenze, in locali rinnovati allo scopo e che nulla serbano
di quella che nell'immaginario comune è l'atmosfera muffita di
simili depositi di secolari memorie: una lunga e chiara galleria, che
prende luce da una capriata a vetri, è adibita all'esposizione
dei dipinti; e poi sale e salette dove alle bacheche col materiale documentario
si alternano installazioni, e schermi su cui sono proiettati i video d'autore
(fino al 31 dicembre). Fiamma Vigo è figura di spicco nella storia
dell'arte contemporanea, organizzatrice di mostre e pittrice in proprio,
«rara figura di vera combattente dell'arte», come scrive Carlo
Frittelli nel suo Ricordo tra i molti altri del catalogo. «Possedeva
l'entusiasmo e l'amore del fare, insieme al senso - molto sviluppato -
della scoperta». E la città di Firenze molto deve a questa
fragile-forte figura di donna, che vi ha portato i grandi nomi dell'arte
italiana e straniera, che ha allestito mostre, riunito intellettuali in
circoli di discussione, di ricerca, lasciandone ampia testimonianza nelle
pagine della rivista da lei diretta dal 1949 al 1953, «Numero -
Arte e Letteratura». Tutto ciò tra mille difficoltà
e ostacoli di ogni genere, fondi sempre sul punto di esaurirsi, catastrofi
naturali persino (lo straripamento dell'Arno, nel 1966, che rovinò
gran parte delle sue raccolte): ma da tutto ciò Fiamma Vigo continua
a risorgere quasi per miracolo, riapre gallerie nonostante le finanze
disastrate. Sembra che le basti l'appoggio morale, l'incoraggiamento e
la stima dei critici, mai venutile meno (e sono Argan, o la Vinca Masina;
letterati come Emilio Villa, Quasimodo, Ungaretti, Sanguineti, prefatori
dei suoi cataloghi). La stessa rivista, che a un certo punto pare morta
per sempre, rinasce, sia pure per due soli anni (1965-66), con un nuovo
nome, «Documenti di Numero». Abbandonata definitivamente Firenze
nel 1970, Fiamma vive l'ultimo periodo della vita tra Roma e Venezia,
e se non fossero sopraggiunti insormontabili problemi di salute (muore
nell'81), certo non sarebbero bastati l'amarezza, la solitudine e il senso
di tradimento subìto a farle cedere le armi.
Tutto comincia
nel 1947, allorché decide di aprire il proprio studio agli amici
artisti, tra i quali Alberto Moretti, Quinto Martini, Jacopo Treves. Del
1949 l'esordio della rivista, «con la speranza» si dice nella
Premessa «di contribuire a quella chiarificazione necessaria nel
panorama artistico contemporaneo». Del 1951 è la prima mostra
da lei organizzata sotto gli auspici di «Numero», nella saletta
«N.4r» del Bar degli Artisti di via della Robbia; seguono,
in successione, le aperture delle gallerie «Numero» in varie
città d'Italia, e in luoghi prestigiosi: nel 1959 una seconda galleria
a Firenze, quindi a Milano, in via Santo Spirito e a Roma, in Piazza di
Spagna (1960), a Prato (1961), a Venezia l'ultima (1963). Instancabile
la sua attività di schedatura degli artisti contemporanei (con
una spiccata propensione per l'astrattismo e l'informale), la sua attenzione
ai meno noti, e soprattutto all'arte straniera, nel tentativo di «rintracciare
un comune lessico internazionale».
Fiamma Vigo
ha anche il merito, in tempi di non pari opportunità, di avere
precocemente promosso mostre personali e collettive di artiste donne,
da Adriana Pincherle a Daphne Maugham Casorati, da Paola Levi Montalcini
a Simonetta Vigevani Jung, Giulia Napoleone, Carla Accardi. Del 1965 la
mostra dedicata a sole donne, di ogni luogo del mondo, in collaborazione
con il Women International Art Club.
L'attuale
omaggio di Firenze a Fiamma Vigo rivela un ammirevole impegno, nella ricerca
minuziosa dei materiali (cercando, tra le opere, di recuperare ove possibile
quelle esposte all'epoca nelle gallerie della Vigo) e nella loro disposizione
in un percorso cronologico di agevole leggibilità; e anche una
novità rilevante in fatto di intenti e risultati: vi si illustra,
infatti, come dal materiale documentario possa snodarsi per via consequenziale
un percorso attraverso i campi più diversi, dalla pittura alla
scultura alla fotografia ai video; sino alla donna meccanica di Yehuda
Ben Yehuda, ora immobile fantoccio ma che allora, quando fu esposto alla
«Numero» di Firenze nel `68, vibrava per mezzo di un dispositivo
elettrico ad aria compressa.
Nel catalogo
delle edizioni del Centro Di, compilato con attenzione e competenza, compaiono
saggi esaustivi - sul personaggio e i suoi tempi, i movimenti artistici
e i singoli protagonisti - di studiosi come la medesima Messina, Gloria
Manghetti, Ernestina Pellegrini, Susanna Ragionieri, Alessia Lenzi. E
un'esaustiva cronologia, con varie sezioni sulle attività delle
gallerie «Numero», sulle edizioni di «Numero»:
uno spaccato, insomma, di un intero periodo coi suoi illustri protagonisti.
Nota
della redazione:
Siamo grate a Idolina Landolfi per questa bellissima segnalazione. A nostra
volta segnaliamo che l'eccellenza artistica non deve nulla alle pari opportunità,
non è questione di pari opportunità.
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