16 maggio
2006, Libreria delle Donne - Circolo della Rosa
Serata dedicata
alla storia orale russa e alla discussione del libro di Liudmila Kouchera
Bosi La "chanson" russa
La chanson
russa
Introduzione di Liudmila Kouchera Bosi
Nel 1975
in Francia è uscito un disco particolare, Blatnye pesni (canzoni
della mala) cantate da Dina Verni. Come mai una baronessa di origine russa,
ricchissima padrona di una galleria darte, moglie dello scultore
francese Mayole, amica di Picasso e di Matisse si è dedicata al
folclore della mala russa? La sua famiglia ha emigrato dalla Russia in
Francia nel 1926 quando lei aveva sette anni. E tornata in Russia
nel 1959, quarantenne.
Come
era Mosca di fine anni Cinquanta? Dopo la morte di Stalin, nel 1953, sbocciarono
i primi germogli della libertà, dai lager staliniani ritornarono
detenuti politici. Tempi nuovi, canzoni nuove. Juz Oleshkovskij scrive
il Canto a Stalin e Un mozzicone. In breve arrivano le prime registrazioni
di Vysotskij, Galich, Okugiava e di altri cantautori. Dina Verni si incontra
con pittori davanguardia: Kabakov, Bulatov, Rabin nonché
con alcuni dissidenti. A ogni incontro si cantano le canzoni che seducono
Dina. Ecco cosa scrive nellannotazione al suo disco Blatnye pesni:
Il fascino della lingua, lumorismo, la nostalgia e forza brutale
insiti in quelle canzoni creano una poesia irripetibile dove la rozzezza
confina con la tenerezza
Lio cantando è un detenuto
in un posto lontano. La sua canzone vola come una rondine
Incantata da quelle canzoni, Dina decide di produrne una raccolta. Però
cè un problema: come portare le canzoni fuori dallUnione
Sovietica? Non si poteva né trascrivere i testi, né registrarli
su nastro magnetico, perché cera pericolo delle perquisizioni
alla frontiera. E Dina Verni impara a memoria 24 canzoni registrate
nella sua testa. Così le ha portate in Francia e le ha cantate
con la sua bellissima voce, calda e sensuale. Sono passati tanti anni
dalluscita di quel disco, di tanti dischi di vari cantautori e di
autori ignoti. Ma rimanevano sempre in un limbo di underground come parte
integrante del folclore metrapolitano che non aveva accesso né
alla radio, né tanto meno alla televisione. Vivo in Italia da 29
anni e non ho avuto occasione di sentire questo tipo di canzoni russe.
Poi, qualche anno fa, casualmente, durante un breve soggiorno a San Pietroburgo
ho avuto qualche cassetta di registrazioni delle canzoni presentate come
chanson 2 russa. Ne sono rimasta affascinata anchio. Ricevute in
dono da un giovane ex detenuto, ho portato a casa queste cassette, ho
sbobinato le più belle e ho deciso di farle conoscere in Italia.
Durante il lavoro di traduzione, assai difficile, ma veramente coinvolgente,
ho trovato sullInternet alcuni siti dedicati alle Blatnye pesni,
al folclore della mala e ho ampliato la raccolta. Il volume intitolato
La Chanson Russa, canzoni di delitto e castigo è stato pubblicato
dalla Casa Editrice Polimetrica nel 2004 e include centodieci canzoni,
suddivise in capitoli che raccontano la vita dei detenuti:
Amicizia, Amore, Delitto, Destino, Donne, Evasione, Ingiustizia, Libertà,
Malavita, Mamma, Reclusione, Tradotta, Humour. Tutti momenti importanti
della vita dei pregiudicati e sentimenti umani universali: dolore e gioia,
amore e odio, disperazione e speranza, sensi di colpa, e via cantando.
La definizione La Chanson Russa è stata usata, pubblicamente, per
la prima volta nel 1998, quando una nuova emittente radio di San Pietroburgo
si è data questo nome: Radio Pietroburgo - La Chanson Russa. Un
grande successo di ascolti! Due anni dopo, a Mosca, nasce lemittente
radio La Chanson. Così viene trovato il nome per un genere della
musica popolare russa, genere che abbraccia vari sottogeneri dalle
canzoni di famosi cantautori alle blatnye pesni (canzoni della mala).
Il genere Chanson viene studiato, si cercano le sue origini e le prospettive.
In un articolo sul settimanale russo Argomenti&Fatti,
N°30, 2001, troviamo questa definizione: Il genere Chanson è
la fusione della musica popolare, adattata allambiente urbano, cioè
è folclore metropolitano. Jurij Sevastianov, direttore di
una compagnia che produce album della Chanson, scrive: Chanson è
la nostra musica nazionale. Prima la suonavano nei portoni, nei cortili
con le chitarre acustiche, adesso magari con quelle elettriche,
e, aggiungiamo, alla radio e nei ristoranti. Grazie alla radio le canzoni
del detenuto e della mala trovano la loro visibilità
sonora, ed escono alla luce del sole. Milioni di persone le ascoltano
andando col pensiero ai congiunti detenuti in attesa di giudizio o internati
nelle colonie penali. Dalla radio, la Chanson approda sullInternet
e letteralmente lo invade. Adesso esistono migliaia di siti dedicati,
i più famosi sono Rambler, Chanson russa, Shanson (sic!) russa,
Blatnoj folclore, collegati tra di essi con un kolzo sajtov (anello di
siti). Questi siti contengono un oceano di materiale biografico, auto3
biografico, bibliografico, articoli sullargomento, testi e musica
delle canzoni, sia quelle dei famosi cantautori che quelle anonime, di
autori rimasti ignoti per il rischio di esporsi oppure perché tramandate
dal folclore musicale: storie delle gesta dei malviventi,
storie di delitto e castigo, canzoni di lamento e di denuncia, ma anche
di allegria spensierata. Musicalmente, molte canzoni sono alquanto orecchiabili
e non per questo prive di struggente lirismo. Sono accompagnate spesso
da una chitarra, da un gruppo di pochi elementi o da unorchestrina.
Molte canzoni entrarono nella vita della gente tramite i film, commedie
musicali, e diventarono popolari. Se la canzone della mala e la canzone
del detenuto convivono con naturalezza e talvolta addirittura si confondono,
dobbiamo tener presente che un delinquente e un detenuto non sono necessariamente
la stessa persona. Molte canzoni appartenenti a questo genere venivano
definite blatnye per distinguerle da quelle ufficiali,
scritte da compositori del realismo socialista, che esaltavano
in questo modo il lavoro di operai, contadini, minatori, marinai ecc.
Il folclore della mala (blatnòj folklòr) esiste da
sempre, come esiste da sempre il mondo della malavita con la sua storia,
la sua sottocultura: il gergo furbesco, i simboli dei tatuaggi, una narrativa
orale e, soprattutto, la canzone. Si conoscono le canzoni dei reclusi,
degli ergastolani che facevano parte del folclore dellepoca zarista,
del periodo pre e post rivoluzionario, del periodo sovietico e post sovietico.
Esistono anche canzonette di cortile cantate perfino da fanciulli. Chi
di noi non aveva conosciuto e cantato Pollastro arrosto, pollastro
tosto? In effetti, fanno parte della Chanson russa anche le cosiddette
canzoni degli internati (làgernyje pésni) che non sono per
forza canzoni della mala, perché nei lager venivano e vengono internati
non solo ladri, assassini, stupratori, furfanti, truffatori, ma anche
condannati per reati politici o civili (bancarotta fraudolenta, contrabbando,
abuso di potere, teppismo, spaccio di droga, reati ecologici, reati informatici,
ecc.). Molte canzoni erano clandestine e si cantavano in modo sommesso
perché non venissero ascoltate da qualche delatore. Una canzone
poteva costare dieci anni di lager stalinista. La più famosa e
la più pericolosa per chi laveva scritta o la cantava, tra
le 4 canzoni diffuse tramite samizdat, è Canto
a Stalin di Juz Ale.kovskij. Juz Ale.kovskij è nato a Krasnojarsk
(in Siberia) nel 1929, in una famiglia ebrea. Aveva fatto vari mestieri,
fra cui il marinaio e l'autista, scrisse poesie e libri per bambini. Nel
1947 fu chiamato a fare la leva nella flotta militare. Dal 1950 al 1953
fu internato in un lager. Nel lager Ale.kovskij finì non per motivi
politici, ma per furto di un'auto che doveva servire a lui e ai suoi commilitoni
per tornare in ora-rio dalla licenza domenicale. Furono fermati da una
pattuglia di milizia e condannati. Fu amnistiato nel 1953, dopo la morte
di Stalin. Dall'esperienza diretta di recluso di un lager staliniano nacque
nel 1959, a Mosca, Canto a Stalin, una coraggiosa denuncia contro il culto
della personalità del Grande Capo, Grande Stratega, Grande Studioso.
Era una canzone beffa, una satira feroce, una canzone denuncia delle purghe
staliniane, dei campi di lavoro del GULAG. Forse è la canzone russa
più popolare in assoluto, la conoscevano tutti senza sapere il
nome dellautore. Il Canto a Stalin fu pubblicato soltanto nel 1988,
sulla rivista letteraria Novyj mir. Il più famoso e
il più amato cantautore russo è Vladimir Vysotskij (1938-1980),
grande poeta, attore di teatro e di cinema. Ha composto e interpretato
con la sua chitarra più di seicento canzoni! Nei suoi testi Vysotskij
attingeva alla tradizione della romanza metropolitana russa. Nel ciclo
di canzoni della mala Vladimir Vysotskij cambiava con facilità
le maschere sociali: ora era un beone o un pregiudicato, ora un picciotto
o un detenuto. I fatti narrati erano sempre talmente credibili da dar
l'idea di aver realmente subito le angherie dei lager staliniani. Vysotskij
è morto giovane, stroncato dalla droga e dall'alcool, ma la sua
voce rauca e bellissima, come le sue canzoni geniali rimangono vive, senza
perdere il loro fascino, suscitando ancora la commozione e i sentimenti
di sempre. Katja Ogonjòk (vero nome Kristina Pojarskaja) è
nata a Giugba, una cittadina sul Mar Nero. Cominciò a cantare a
16 anni nei gruppi pop. Poi una disgrazia, un incidente in macchina per
cui fu condannata a tre anni di colonia penale. Nel lager continuò
a cantare, trovò dei produttori e le sue canzoni ambientate nella
zona volarono in tutta la Russia. Lei che ha vissuto l'esperienza della
prigionia sulla propria pelle, racconta le storie che girano 5 nelle colonie
femminili al cantautore Vja©eslàv Klimenkòv che in
seguito scrive per lei testi e musica. Ha una voce calda, sensuale. La
registrazione dellalbum Taigà bianca è
stata effettuata in uno studio mobile allinterno del campo penale
a regime rigido della città chiusa Leninsk-13, in Siberia.
Il 6 novembre 1998 Katja Ogonjok è stata liberata anticipatamente
dopo aver scontato due anni, nove mesi e diciassette giorni. Katja Ogonjok
(fiammella) è uno pseudonimo, nel gergo della mala
ogonjok vuol dire bisca, ma anche pistola
e accendino. Adesso la cantante è molto popolare ed
amata, riceve unenorme quantità di lettere da ogni parte
della Russia. Attualmente Katja Ogonjok vive a Mosca, dove sta preparando,
nellambito del movimento Kalìna kràsnaja
(Viburno rosso) una tournée di beneficenza in varie
prigioni della Russia. Nella sua prima intervista, rilasciata nel campo
di detenzione di Leninsk-13 il 7 ottobre 1998, Katja Ogonjok dice: Io
continuo a cantare canzoni, questo mi dà molta soddisfazione e
fiducia nei buoni rapporti tra le persone; mi aiuta a vivere, sperare,
credere ed amare. Ascoltatele, in esse cè la mia anima, il
dolore e laffetto per voi. Luomo può adattarsi a tutto,
tranne che allingiustizia. Miei cari, voglio bene a tutti voi. Siate
felici, ma soprattutto, siate liberi! Purtroppo in una breve presentazione
è difficile parlare di tanti altri cantautori del genere Chanson
russa. Anche se in molti considerano queste canzoni popolari di serie
B, fanno parte della cultura russa, sono amate e cantate oggi come anni
fa, perché esprimono sentimenti umani universali.
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