Sabato
19 gennaio 2013, ore 18
Libreria
delle Donne, Circolo della rosa
La
città che vogliamo: l'altra Milano
l'esperienza
politica delle Giardiniere
a cura di Maria Castiglioni
Parto
dall'interrogativo che Lia Cigarini proponeva in un suo testo su Sottosopra
del giugno 1987 (La separazione femminile) in cui si chiedeva:
"A quale desiderio femminile - insaputo e inconfessabile - risponde
l'esigenza delle donne di contare nei partiti, nei sindacati, nei luoghi
istituzionali del potere? Risponde davvero ad un desiderio di Differenza
o questo desiderio di 'portare la differenza' è solo una maschera,
la maschera di un desiderio più profondo ed irriducibile?"
E qui Lia aggiungeva che la funzione prevarica sulla persona e la 'neutralizza',
la rende neutra.
Per proseguire nel ragionamento riporto la distinzione tra rappresentanza/rappresentazione
che a Paestum ha trovato tanto spazio.
M.L. Boccia così la esemplifica: la rappresentanza sana la discriminazione
numerica tra uomini/donne e si inserisce in una prospettiva di sostanziale
redistribuzione di potere tra i sessi, larappresentazione/autorappresentazione
ha l'intento di rendere presente la differenza, di scompaginare l'ordine
istituzionale, portando al suo interno la politica prodotta nei luoghi
delle donne. E aggiunge: se e come possa prodursi uno spostamento netto
rispetto al tipo di mediazione attuata con la rappresentanza è
evidentemente un interrogativo cruciale sul quale si concentrano le
obiezioni e le critiche al progetto di trasporre la politica della differenza
nella sfera istituzionale.
Se non riusciamo a rispondere a questo interrogativo, e cioè,per
dirla con le parole di Paola Melchiorri (nei materiali di Paestum)"se
essere nello spazio pubblico non significa rendere evidente un modo
di rappresentare la realtà 'altro' a cosa ci serve?".
Due anni fa, commentando V.D. 'Milano Città aperta' ci eravamo
chieste: ma quali sono le travi su cui si regge questo andare delle
donne per il mondo? Travi era un termine che avevo ripreso da un articolo
di Marina Terragni (V.D. 2003 'Io e il capitale') che diceva che il
capitalismo è retto da sotto -come le travi di una palafitta-
da tutto ciò che non è denaro e profitto, il luogo dove
si riassume l'esserci delle donne, la loro differenza.
Vita Cosentino, intervenendo nel dibattito, aveva specificato che le
travi sono le relazioni tra donne e che l'importante era mantenere una
mediazione tra noi e poi ognuna andasse dove voleva!
Cerco allora di declinare queste riflessioni nella nostra esperienza.
Nella nascita delle Giardiniere abbiamo usufruito della mediazione di
Anita Sonego che ha introdotto i Tavoli nel Comune di Milano (ottobre
2011): l'abbiamo definita il nostro 'referente autorevole' nell'istituzione.
I Tavoli sono dei c.d. organismi consultivi. Il meccanismo della consultazione
è di per sè neutro e per lo più inefficace o blandamente
efficace: i consultati/e hanno la sensazione (molto vicina al vero)
che poi i loro suggerimenti e indicazioni debbono passare attraverso
le forche caudine di altri interessi, altre pressioni, altre mediazioni
che li riducono ad un esile sussurro (ma il guadagno d'immagine per
i consultanti è altissimo e lo fanno valere).
In questo caso abbiamo avvertito che Anita non era una semplice 'consultante':
in lei abbiamo sentito un desiderio di fare partecipare le donne alle
politiche dell'amministrazione comunale e un modo 'spigliato e critico'
di stare nell'istituzione.(ad es. è diretta e spontanea nella
critica al clima istituzionale, dice delle sue contraddizioni, ha molta
pazienza con le donne dei Tavoli e le loro molteplici esigenze, mantiene
viva la sua doppia appartenenza e non è -ancora?- appiattita/'neutralizzata
dalla sua funzione).
Dico donne e non Differenza, in quanto la chiamata di Anita è
stata su temi storicamente attribuiti dalla politica maschile al mondo
femminile: salute, spazi, lavoro, violenza. E infatti questi tavoli
si sono da subito mobilitati su obiettivi che hanno a che vedere con
la 'condizione della donna': la casa delle donne, miglioramenti sul
lavoro, politiche contro la violenza sulle donne. Nel tavolo Salute
si è proposta anche qui la logica di genere: che cosa interessa
alle donne? Quali i servizi a loro dedicati? Risposta: i consultori.
Il nostro discorso invece è partito non dai servizi (sanità/gestione
della salute) ma dal vocabolo salute e quale il significato che vi attribuivamo.
Il tavolo salute si è così articolato in due sottotavoli:
consultori e salute.
I temi sono stati salute/ambiente/gestione beni comuni:aria acqua terra
cibo/ nuovo modello di sviluppo. Mentre gli altri Tavoli si organizzavano
su obiettivi precisi/rivendicazioni, noi abbiamo cercato innanzitutto
le buone pratiche istituzionali di altre donne, per ascoltarle, valorizzarle,
imparare da loro.
Abbiamo così incrociato l'esperienza del circuito dei comuni
virtuosi partecipando ad un loro convegno (aprile 2012). Successivamente
abbiamo invitato alcune amministratrici dei comuni virtuosi dell'hinterland
milanese. Alcune non sono ancora intervenute - nonostante un cordiale
pressing - con due (la sindaca di Corsico, Maria Ferrucci e la vicesindaca
di Desio Lucrezia Ricchiuti) abbiamo aperto una relazione fruttuosa,
successivamente estesa anche ad altre donne che si occupano di questi
temi (delle associazioni- Salviamo il Paesaggio, Distretto Economia
Solidale,
Coordinamento Genitori refezione scolastica, lavoratrici del mondo dell'agricoltura-
Confederazione Italiana Agricoltori, una Cascina - professioniste -
Claudia Sorlini del Comitato Scientifico EXPO).
Abbiamo fatto e proseguiamo facendo incontri periodici con tutte loro.
In questi incontri sta man mano prendendo forma 'qualcosa', che ancora
non possiamo definire progetto, ma di cui siamo tutte partecipi e genitrici,
passo dopo passo, mail dopo mail, telefonata dopo telefonata, incontro
dopo incontro.
Il 'qualcosa' gira intorno allo stop al consumo di uolo/rinaturalizzazione/agricoltura
periurbana e urbana/alimentazione/imprenditoria femminile.
Ma non ci chiamiamo Giardiniere perché ci occupiamo di questi
temi, la ricerca del nome è stata una necessità simbolica,
un modo per stare dentro l'istituzione che ci ospita con una nostra
identità.
Questo gesto di autoattribuzione di una soggettività di gruppo
che si richiama ad una genealogia femminile (Le Giardiniere erano un
gruppo di Carbonare operante a Milano nei primi decenni dell'800) e
non ad un'istituzione neutra esprime una 'tensione' rispetto alla codificazione
formale.
Quindi siamo un Tavolo della Commissione P.O. e siamo anche Giardiniere:
questo introduce una dinamica propria a vari livelli.
Innanzitutto al nostro interno: ci riconosciamo nella storia di alcune
donne coraggiose che hanno lottato per Milano, e questo ci è
da stimolo per radicarci e valorizzare il nostro genere.
In secondo luogo nei confronti delle donne con cui ci mettiamo in relazione:
abbiamo un nome e un orizzonte, storico e simbolico. È una forma
di autorappresentazione.
Il percorso che ho descritto finora ha però avuto due inciampi:
uno interno e uno esterno al gruppo.
Interno: una donna del gruppo aveva un altro progetto (un incontro seminariale
sui temi dell'inquinamento dell'aria ed elettromagnetico), mentre tutte
le altre sentivano maggiore attrazione per quanto abbiamo poi fatto.
Non trovando un accordo abbiamo votato: una brutta pagina, evitabile
se avessimo capito da subito che la posta in gioco non era l'obiettivo
ma la pratica. Una giornata di sensibilizzazione è un'iniziativa
utilissima ma a spot, creare relazioni implica invece un altro tipo
di coinvolgimento (nell'intensità, nel tempo) ed espone in prima
persona.
Quello esterno al gruppo è dato dal conflitto con le donne di
altri tavoli che hanno espresso l'intenzione di 'regolarizzare' la nostra
presenza all'interno del Comune con l'argomento che se non ci fosse
più Anita, i Tavoli scomparirebbero. A noi invece pare che una
'statuizione' non aggiunga nulla alla libertà di cui ora usufruiamo:
cambiasse la figura di Anita sarà la nostra capacità di
relazione a creare di nuovo questo spazio e a garantircelo: infatti
sappiamo che uno spazio istituzionale non animato dal desiderio rimane
vuoto, così come la forza del desiderio è in grado di
aprire gli spazi.
Finora la nostra è stata una pratica di piccolo gruppo, senza
interlocuzione con le Assessore. Sappiamo che le donne degli altri Tavoli
hanno avuto delusioni per le loro (delle Assessore) assenze, i ritardi,
l'evasività etc.
Nel nostro ultimo incontro con le Amministratrici ci siamo soffermate
su quello che abbiamo definito, con Chiara Zamboni, "l'inconscio
delle istituzioni". Ogni istituzione - scrive Chiara Zamboni -
è un corpo inconscio collettivo... ogni realtà collettiva
ha una forza inerziale che non è determinata affatto dalla somma
delle intenzioni di coloro che ne fanno parte.
Maria Ferrucci ci ha parlato delle pressioni a cui è esposta
un'amministratrice, prima fra tutte quella di far quadrare i bilanci,
ma anche quella di aderire a logiche consolidate, automatismi di sopravvivenza
(la forza inerziale). Ha evocato la necessità di una 'rivoluzione
di paradigma'.
In queste donne abbiamo sentito innanzitutto che il loro esserci nell'istituzione
in ruoli di potere si concretizza con la lotta per la Legalità
(contro il gioco d'azzardo, la speculazione edilizia, le mafie delle
discariche, azioni di sensibilizzazione come il convegno di Corsico
del 24/1/2013: Come un Comune può essere incorruttibile e promuovere
l'economia).
Alle Assessore del nostro Comune ancora non abbiamo chiesto niente e
in questo nostro percorso individuare le modalità di un' interlocuzione
appropriata con loro è un tema centrale. Con loro, infatti, non
vogliamo avere un rapporto come se fosse 'neutralizzato' il loro genere
per effetto della loro collocazione: pensiamo invece vada fatta una
riflessione sulla problematicità della loro appartenenza, l'eventuale
conflitto di lealtà, il loro ruolo di rappresentanti e la nostra
tensione all'autorappresentazione... per andare oltre la figura della
'controparte'(Lia: una pratica politica senza nemici esterni, un conflitto
senza lotta contro).
Penultima riflessione autocoscienziale: nelle nostre occasioni allargate
di incontro (le tre assemblee di Sala Alessi) abbiamo notato che noi
stesse tendiamo alla 'neutralizzazione' della Differenza. E come chiederla
ad altre(che per effetto della loro funzione hanno una maggiore 'adesione
all'istituzione) se noi, che di adesione ne abbiamo meno, non la mettiamo
in atto?
Ad esempio (sulla scia di Paestum) abbiamo proposto di utilizzare uno
stile meno formale, niente tavolo di presidenza, microfono passante,
relazioni dei Tavoli stringatissime: per favorire la discussione con
le donne che vengono.
Ci siamo dette: perché parlare tanto di partecipazione se poi
non siamo in grado - con la pratica che ben conosciamo - di favorirla?
Ma abbiamo incontrato resistenze: forse che, pur parlando di crisi della
rappresentanza e delle istituzioni, siamo le prime a tenerle in vita?
Ultima riflessione: abbiamo denominato Milano il nostro giardino sapendo
che questa operazione richiede lo stesso azzardo e la stessa tenacia
che ci mette la principessa che bacia il rospo per trasformarlo in principe.
Qui di seguito riassumo quelli che per noi sono i passaggi fondamentali
della nostra esperienza politica all'interno delle mura del Comune di
Milano: ci chiediamo - e vi chiediamo - se vi si possono rintracciare
degli elementi di ciò che abbiamo definito come 'portare la Differenza':
1) la ri erca e la scelta di una figura di autorappresentazione che
si rifà ad una genealogia femminile: Le Giardiniere (gruppo carbonaro
di donne degli inizi Ottocento, operante a Milano e a Napoli)
2) la relazione di 'affidamento critico' a Anita Sonego, a cui riconosciamo
le qualità di una mediatrice autorevole con l'Amministrazione,
autorevole perché finora ci ha permesso di lavorare senza alcun
vincolo né restrizione
3) la rinuncia (un 'sacrificio pulsionale' per dirla con Freud) all'identificazione
di un obiettivo immediato per costruirlo in un processo di riflessione
comune
4) non aver accettato la consegna di occuparci di temi 'con un' ottica
di genere' (la salute riferita esclusivamente ai consultori dove si
tratta specificamente di 'salute femminile')
5) la creazione (espansiva) e la cura personale di relazioni con donne:
o della pubblica Amministrazione che hanno un orizzonte di valori e
di buone pratiche che ci corrisponde
o dell'associazionismo ambientalista e con le quali pensiamo di avere
in comune una visionedella città e del suo sviluppo sostenibile
o con professioniste sensibili ai nostri temi
6) il progressivo costituirsi di un progetto (tuttora in fieri) grazie
al sapere fornitoci dalle donne che partecipano ai nostri incontri,
progetto che gira intorno alle questioni dello stop al consumo di suolo/rinaturalizzazione/agricoltura
urbana/alimentazione a filiera corta
7) la riflessione (purtroppo ex post ma utile) della natura del conflitto
intervenuto con una donna all'interno del gruppo, che ha permesso di
apprezzare, pur senza condivisione operativa, il progetto da lei poi
singolarmente realizzato
8) il dare avvio ad una riflessione sui modi di interlocuzione con le
donne che stanno nei luoghi del potere, per non ridurle alla loro funzione
e togliere la relazione con loro dalla dimensione esclusiva del confronto/scontro
con una controparte
9) il tentativo di trasferire (anche sull'onda di Paestum) la nostra
pratica di piccolo gruppo negli incontri allargati di Sala Alessi
10) l'attenzione a non separare il piano delle relazioni dal piano del
potere ( cioè rapportarsi diversamente a seconda delle fasi del
percorso o di chi c'è di fronte : la politica dei due tempi e
dei due luoghi, il vecchio ' il fine giustifica i mezzi')
11) l'avvio di una mediazione tra noi qui in Libreria (come auspicato
da Vita Cosentino nel gennaio 2011 nella discussione del N.95 di V.D.)
di cui l'incontro odierno, voluto da Laura Minguzzi, è un'occasione
preziosa. Questo confronto è per noi necessario per coltivare
quel 'rigore' che secondo Luisa Muraro dovrebbe avere "chi vuol
fare puntate nella politica seconda".
Le
Giardiniere
Vincenza Pezzuto, Margherita Morini, Carla Maragliano, Lina D'Adda,
Valeria Fieramonte, Patrizia Binda, Sisa Arrighi, Maria Castiglioni