Libreria delle donne di Milano

17 febbraio 2012

Il giallo nel giallo
Chi ha malmenato la lingua nella tana dei lupi di Anne Holt?

di Clara Jourdan

Ho letto l'ultimo uscito in Italia dei gialli di Anne Holt, Nella tana dei lupi, pubblicato in Norvegia nel 1997. La scrittrice scandinava da qualche anno è diventata famosa anche da noi, ragion per cui Einaudi sta traducendo anche i suoi romanzi più vecchi, che hanno come protagonista la detective Hanne Wilhelmsen. Nella tana dei lupi inizia con l'assassinio del "primo ministro", che è una donna, e il romanzo è pieno di donne che occupano posti importanti, molto più che negli altri suoi gialli. La cosa sconcertante è che però queste donne vengono sempre qualificate al maschile, a cominciare appunto dalla donna trovata morta. Nelle prime cinquanta pagine compaiono infatti "il segretario del Partito laburista", "il ministro della Salute", "il ministro per il Commercio", "il ministro per l'Infanzia e la Famiglia", "il presidente del Parlamento", "l'ispettore capo", "il segretario generale presso l'ufficio del primo ministro", e più avanti "il ministro dei Trasporti", "il vicesegretario generale del partito", "il direttore dell'ospedale di stato", "il procuratore capo", un "professore di medicina sociale", "il collega"... che si rivelano tutti quanti essere donne, come scopriamo magari per un dettaglio - "il ministro della Cultura in tailleur grigio scuro" (e se invece che una donna fosse un uomo eccentrico nella tollerante monarchia nordica?). Da far girare la testa, insomma, e da togliere il piacere della lettura, anche perché non sempre si riesce a intuire il sesso femminile da nomi propri come Synnøve, per esempio.
Ma chi ha potuto fare questo scempio della comunicazione e perché l'ha fatto? e si tratta solo della lingua italiana o anche la lingua norvegese era stata malmenata? Brancolo nel buio, non so nemmeno il norvegese...
Vediamo allora gli indizi e i possibili moventi, senza escludere nessuna pista.
Cominciamo dall'autrice. Sarà stata Anne Holt a usare nella sua lingua il maschile per le donne? Può darsi, dato che lei stessa era ministra della Giustizia quindici anni fa e forse nel suo paese allora come nel nostro oggi le ministre e le segretarie generali preferiscono mimetizzarsi al maschile. Ma c'è un indizio di segno contrario, in un dialogo a pag. 146: "Sei assunta. Come cuoco", scherza un amico della detective dopo aver assaggiato un suo manicaretto. "Cuoca, grazie. Il cuoco è un uomo", risponde lei. Certo, direte voi, cuoca è una cosa, ministra un'altra. Ma se l'autrice ha inserito questo frammento, vorrà pur significare qualcosa, no?
Veniamo alla traduttrice. Se il norvegese assomiglia all'inglese per i generi linguistici, è probabile che colpevole sia chi ha tradotto massacrando la lingua italiana in nome di una tradizione annosa che si ostina a volgere al maschile parole che nella lingua originaria non hanno un genere sessuale, e andando anche oltre nel rigore mascolino con il premettere l'articolo maschile a parole italiane invariabili come "presidente", "collega". Ma in una situazione così affollata di donne, e nella realtà di oggi, non si è resa conto Margherita (così si chiama la traduttrice) dell'effetto di oscurità e comicità involontaria che suscita tale scelta? Che maestre ha avuto questa poveretta? A meno che il movente sia proprio quello di mostrare che certe funzioni sono maschili e restano tali anche quando sono esercitate massicciamente da donne. Interessante, ma potrebbe essere in contrasto con gli intendimenti dell'autrice.
Infine, l'editore. Se l'editore lo ha permesso o addirittura ne è stato il mandante, forse è sua la politica di malmenare la lingua e insieme le donne e la politica. Una prova è nel risvolto di copertina, dove Anne Holt viene definita "avvocato" e "ministro". "Ma così fan tutti!", mi par di udire levarsi dalle stanze della direzione editoriale. No, non tutti: fior di redattrici e redattori seguono l'indicazione dell'Accademia della Crusca di usare il maschile per gli uomini e il femminile per le donne. Comunque, d'accordo, forse qui non c'è un movente politico consapevole, forse è solo crassa ignoranza da parte di chi governa la casa editrice.
Allora bisogna concludere che il responsabile è proprio il maggiordomo? Ma chi è il maggiordomo? Prima che il caso venga archiviato, faccio appello a chiunque abbia informazioni utili a farsi avanti. Grazie.

Firmato: La difensora della parte lesa