Chiara
Turozzi
UNIVERSITA'
DEGLI STUDI DI VERONA
FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA
TESI DI
LAUREA
FINZIONI DELLA CAVERNA PLATONICA
Relatrice:
ADRIANA CAVARERO Correlatrice: CHIARA ZAMBONI
L'oggetto
del mio lavoro si articola a partire dalla strutturazione dei ruoli sessuali
in Platone, nel mito della caverna e soprattutto nel Timeo, e mira ad
una critica che riconduce il pensiero cyberfemminista, il cui impegno
è di sbaragliare l'assetto simbolico originariamente pianificato
dal filosofo ateniese entro i limiti del medesimo impianto strutturale:
il cyborg, anziché figura di un soggetto femminile mutevole e non
cristallizzato in qualche essenza disciplinata, altro non sarebbe se non
la versione futuribile dell'anthropos della caverna, con cui il fallologocentrismo
replica il distoglimento prospettico dal luogo dell'origine e dalla fraudolenta
appropriazione simbolica della capacità femminile di generare.
ESTRATTO
pp.107-108
Dalla chora all'utero meccanico
La figura del cyborg non smantella, bensì riconfigura in versione
elettronica la coppia antitetica e archetipica ghenesis (femmina)/mimesis
(maschio), e la rielaborazione simbolica in chiave omosessuale maschile
della dynamis generante manifestamente e tangibilmente femminile.
[
] Il logos paterno ha organizzato, così, un sistema simbolico
che ha "naturalizzato e snaturato la categoria "donna"
e la coscienza delle vite sociali delle donne" , riconnotando la
predisposizione peculiare del corpo femminile da dynamis (ma non essenza)
ineffabile ed esclusiva di generare, e anche - cosa più temibile
- di non generare, nell'onere tutto materiale di fornire un luogo di incubazione
che accolga e contenga (questi compiti sì, spesso, definiscono
la sua essenza) l'omos, già funzione della chora originaria, principio
materiale della cosmogonia platonica.
"Cerco di contribuire alla cultura e alla teoria del femminismo [
]
immaginando un mondo senza genere che forse è un mondo senza genesi,
ma può essere anche un mondo senza fine".
Non stupisce, pertanto, che le cosiddette cyberfemministe guardino provocatoriamente
con favore a pratiche riproduttive artificiali che fabbricano la vita
umana prescindendo dal grembo materno, come il futuribile utero meccanico,
non in quanto tecniche scientifiche per supplire a incapacità fisiologiche,
ma come ridefinizione radicale dei codici bio-culturali dell'Occidente,
in quanto modalità di liberazione dal ruolo cristallizzato di matrice,
in vista dell'assunzione definitiva del sembiante maschile paradigmatico.
Ma in questo modo, la natura femminile acconsentirebbe alla modalità
riproduttiva mimetica di stampo omosessuale (non più la ghenesis,
ma una sua mimesis) e verrebbe profilandosi come replica antropomorfa
e difettosa (di nuovo, mimesis) dell'aner prototipo, inserendosi volontariamente
nella linea di discendenza paterna dell'omos. Anch'essa, come un cyborg,
due volte mimesis.
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