15 Gennaio 2006
il manifesto

194, il trucco per aggirarla

Nessuno lo dice, ma l’obiettivo finale dell’offensiva della destra è proprio quello di cancellare la legislazione sull’aborto. Anche Casini smentisce l’intento, ma poi rispunta l’idea del controllo dei consultori
BIianca la Monica*

L’attacco strisciante alla legge 194 – che ha trovato linfa nella sconfitta al referendum sulla legge 40/04 – si è fatto negli ultimi mesi assai più pressante e più subdolo: non passa attraverso proposte di modifica della 194 – che tutte le forze politiche ripetono di non voler toccare – ma attraverso altre proposte legislative che non solo renderebbero sempre meno praticabile l’aborto legale, ma rafforzerebbero la tendenza a invasioni autoritarie nel privato e a relegare il corpo della donna a contenitore-riproduttore della specie. In particolare, lo strumento prescelto per svuotare la 194 è la modifica legislativa della disciplina dei consultori familiari. La legge che regola attualmente i consultori (legge 29/7/1975, n.405) trovò origine in diverse proposte di legge presentate dal `72 al `75 dai vari gruppi dei partiti dell’arco costituzionale: alcune erano nate contemporaneamente alle proposte di regolamentazione dell’aborto; altre erano state presentate in precedenza, per fare “pulizia” della legislazione fascista in materia demografica e di propaganda sui sistemi anticoncezionali. Certamente, l’approvazione della legge fu favorita dalla forte spinta venuta dal movimento delle donne per la legalizzazione dell’aborto e più in generale dall’esito del referendum per il divorzio.

 

La legge 405, nel contesto culturale che viviamo oggi, ci sembra di straordinaria laicità. Basti considerare l’articolo 1: “Il servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità ha come scopi: a) l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile (….); b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile (…); c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza consigliando i metodi ed i farmaci adatti a ciascun caso..”.

 

Incredibile: si parla di “procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche.. degli utenti” e di “tutela della salute della donna”; e il “prodotto del concepimento” viene proprio così definito!

 

Questa prospettiva trova poi riscontro nell’articolo 2 della legge 194, che, con riferimento all’assistenza alla donna in stato di gravidanza, pone a carico dei consultori compiti informativi (sui diritti spettanti alla donna in base alla legislazione statale e regionale, sui servizi sociali, sulle modalità per ottenere il rispetto delle norme sul lavoro della gestante..) e di supporto (“..contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione volontaria di gravidanza..”). Va anche sottolineato che l’articolo 2 della legge 194 prevede la possibilità di “..collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato..” con riferimento all’aiuto alla maternità difficile “..dopo la nascita..”, escludendo così i volontari dalla delicata fase decisionale.

 

E’ comprensibile, quindi, che questa regolamentazione dei consultori sia stata più volte attaccata: a partire dalla Proposta di Legge di Iniziativa Popolare del Movimento per la vita del 1977 (che proponeva di affiancare ai consultori i Centri di Accoglienza e Difesa della Vita Umana).

 

Tra le proposte modificative più recenti, va segnalata la numero 5206, presentata il 30/7/2004 d’iniziativa dei deputati Francesca Martini (Lega) + altri che propone una nuova disciplina dei consultori familiari, caratterizzata da un forte impegno nella “tutela sociale della genitorialità e del concepito”. La proposta, di soli 7 articoli di legge, inserisce tra i compiti dei consultori indicati all’articolo 1 anche “la tutela della vita umana fin dal suo concepimento”. E tali compiti elenca poi all’articolo 3, intitolato “Tutela della maternità e del concepito”, prevedendo, tra l’altro, che i consultori

 

e) sostengono psicologicamente le donne durante la riflessione in materia di prosecuzione della gravidanza e in caso di eventuale possibilità di patologie o malformazioni del nascituro;

 

f) sulla base di appositi regolamenti o convenzioni si avvalgano, ove presenti, della collaborazione delle associazioni a difesa della vita fin dal suo concepimento.

 

Questa proposta – già assegnata il 7/10/04 in sede referente alla commissione XII Affari Sociali della Camera – risulta ripresentata alla Camera in data 23 novembre 2005, col numero 6196, e annunciata nella seduta 711 del 24 novembre 2005: identico il testo; identica la relazione di accompagnamento; identici i 13 deputati presentatori (tranne uno).

 

Proprio il 23 novembre si è tenuta presso la Camera dei Deputati una conferenza stampa nel corso della quale è stato presentato un «progetto cattolico di riforma dei consultori» sottoscritto da quaranta organizzazioni cattoliche (elaborato dal Forum delle Associazioni Familiari in collegamento con il Movimento per la vita): è una proposta attualmente priva di rilievo giuridico (l’iniziativa delle leggi compete ai cittadini solo nel caso in cui la proposta provenga da almeno 50.000 elettori), ma con fortissimo valore politico (e nulla esclude che questo testo, anche solo in parte, sia fatto proprio dal Governo o da membri delle Camere). E’ quindi utile prenderla in considerazione.

 

La proposta cattolica sui consultori familiari consiste in uno sconcertante elaborato di 34 articoli che, anche richiamando e rielaborando a proprio uso e consumo alcuni principi costituzionali, rappresenta un vero e proprio Manifesto dell’eticae del familismo cattolico. E’ opportuno riportare qualche stralcio:

 

articolo 1: Lo Stato riconosce il valore primario della famiglia, quale società naturale fondata sul matrimonio e quale istituzione finalizzata al servizio della vita…e ne tutela l’unità, la fecondità, la maternità e l’infanzia.

 

articolo 2: Lo Stato riconosce alla famiglia, alle associazioni di famiglie e alle organizzazioni senza scopo di lucro, che promuovono la stabilità familiare, la cultura familiare e i servizi per la famiglia.. la funzione ed il ruolo di istituzioni sociali, costituite nell’esercizio dei diritti fondamentali della persona, i cui fini conformi all’ordinamento sono recepiti come fini pubblici.

 

articolo 9: I consultori familiari tutelano la vita umana fin dal concepimento (è sempre utile ricordare che nella legge 194 troviamo la diversa espressione della tutela della vita umana dal suo inizio).

 

E come avviene la tutela? Il successivo articolo 10 prevede che il medico (cui una donna che intende ricorrere alla interruzione di gravidanza può rivolgersi, come è consentito dall’articolo 5 della legge 194) allorchè invita la donna “a soprassedere per sette giorni” (qualora lo stesso medico non riscontri un caso di urgenza) e le rilascia copia di un documento attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta di interruzione, “..immediatamente informa il consultorio familiare del luogo dove risiede la donna…”. Di tale comunicazione è informata la donna alla quale viene ricordato il suo dovere morale di collaborare nel tentativo di superare le difficoltà che l’hanno indotta a chiedere l’interruzione volontaria della gravidanza..”

 

L’articolo 9, secondo comma, della proposta prevede che “..il Consultorio, ricevuta la comunicazione..anche di propria inziativa prende contatto con la donna..e le offre ogni possibile aiuto al fine di favorire la prosecuzione della gravidanza..” Il ruolo attivo dei consultori familiari in questa conclamata nuova azione preventiva e di sostegno alla famiglia si svolgerebbe anche all’interno dei procedimenti giudiziari per separazione e divorzio, perché, secondo l’articolo 18 della proposta, il giudice “..dovrà sospendere il procedimento, rinviando il caso ad un Consultorio familiare..” che sentirà i coniugi per aiutarli alla composizione del conflitto: il contenuto a dir poco stravagante della regola e il suo possibile contrasto con alcuni principi costituzionali non elimina il valore simbolico di questa smodata pretesa di governo autoritario delle relazioni e delle scelte più intime e profonde dei singoli.

 

Ma il vero scandalo della proposta sta nel voler portare a compimento l’innaturale separazione tra la madre e il concepito, negandone l’inscindibile relazione, e privilegiando un diritto a nascere comunque del concepito rispetto al diritto all’autodeterminazione e alla salute della madre, soggetto ritenuto inaffidabile cui sottrarre, in nome di una mistificante “naturalità” del ruolo materno, libertà e responsabilità nella procreazione.

 

*Collettivo Donne Diritto di Milano

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