Pubblichiamo l'articolo apparso su Facebook in versione leggermente modificata
29 Maggio 2015

Un taglio perché altro possa accadere

di Claudio Vedovati

Ciò che chiamiamo Maschile Plurale ha una lunga storia. Io la considero una piccola grande rivoluzione di cui vado fiero: uomini che hanno cominciato a lavorare su di sé per contrastare il simbolico patriarcale.

Da quando abbiamo fatto nascere questa realtà il mondo è cambiato. Lo ha cambiato il femminismo. Nelle vite concrete di uomini e donne la libertà femminile e nuove domande maschili hanno creato una nuova qualità nelle relazioni tra i sessi. Ora possiamo spendere il meglio della nostra esperienza nel flusso di questo cambiamento.


Nel corso di questo ultimo anno ho compreso che Maschile Plurale non mi basta più così com’è: il lavoro su di sé fatto in un separatismo maschile porta troppe insidie. Per sottrarci a quella
astrattezza e quel narcisismo che conosciamo, ciascuno dentro di noi, dobbiamo puntare sulle relazioni in carne e ossa con le donne. L’autonomia maschile c’è già stata: è il patriarcato. In questi anni ho capito che se non c’è l’ascolto delle donne, della loro esperienza, del loro sapere e della loro fatica, rispetto alla violenza sessista, non si produce reale consapevolezza e non c’è trasformazione. Se non c’è una messa in gioco reale tra i sessi, se non si impara a stare nel conflitto in relazione, si fatica a fare passi di consapevolezza che ci permettono di uscire dalle solite dinamiche.

Nel nostro caso, una donna ha pubblicamente detto della violenza subita nella relazione con uno di noi. E noi non siamo riusciti, come Maschile plurale, a stare alle parole di lei, accogliere la sua verità, e farne un qualcosa di trasformativo per noi. Questo perché la violenza va nominata come tale se vogliamo prenderci la responsabilità dell’impegno che ci siamo assunti in questi anni come movimento che riflette sulla violenza tra i sessi
. Le nostre parole contano e fanno accadere altre cose se hanno la verità del partire da sé. È la violenza che ci riguarda che possiamo mettere al centro della nostra politica. Temo, però, che il ruolo acquisito nello spazio pubblico da MP invece di responsabilizzarci sia diventato un ostacolo a mettersi seriamente e pubblicamente in discussione, per cercare di fare delle proprie difficoltà una occasione di cambiamento per tutti. 

Ma la violenza non si può rimuovere. Infatti quando alcuni hanno cercato di aprire conflitti, dentro e fuori MP, è accaduto loro di essere investiti da un livello crescente di prepotenza e violenza, una violenza usata per avvantaggiarsi e tutelarsi personalmente. Ne sono stato colpito anche io, fino ad averne danno e a perdere la possibilità emotiva di condividere uno spazio comune, spazio in cui ci sono per me relazioni che rimangono importanti.

Mi colpisce che ora nominino la violenza tra noi anche gli uomini del “Gruppi uomini contro la tratta e contro la prostituzione”, nella loro lettera aperta del 25 maggio in cui annunciano l’uscita da Maschile Plurale. Parlano di violenza, sopraffazione e manipolazione e hanno il coraggio di dire pubblicamente cosa fa problema nelle relazioni tra maschi.  È un’altra occasione che si presenta per lavorare sulle proprie contraddizioni e farne atti politico significativi per sé e per gli altri, se si sa ascoltare cosa dicono questi uomini senza assumere posture difensive.

Mi sono reso conto che non riusciamo a riconoscere la violenza e a confliggere con essa quando accade sotto i nostri occhi, che è più facile derubricarla a conflitto privato. Anch’io ho avuto difficoltà a parlarne. Si è spaventati quando capita e a volte l’unica strada è allontanarsi dalla scena della violenza. Ma ho imparato dalle donne che quando la violenza accade è la comunità che dovrebbe farsene carico. So che dire di una violenza subita produce
angoscia negli altri, paralizza, ma non c’è altra strada del nominare le cose a partire dal proprio vissuto. Io non posso più stare in una situazione in cui non sento più libertà perché non è stato possibile stare ai conflitti e chiamare con il suo nome la violenza quando è accaduta. Oggi MP è per me sovrastato dalla prepotenza e dalla violenza. E la violenza richiede un taglio perché altro possa accadere.

Voglio ora dare valore al positivo che abbiamo
guadagnato. La trasformazione a mio parere accade oggi nelle relazioni politiche tra uomini e donne, dove può circolare autorità tra i sessi e si può affrontare insieme il legame tra violenza e sessualità. Questo per me è il vero antidoto alla violenza, la nostra violenza. Io voglio buttare il cuore oltre all’ostacolo, che per me ora è MP. Non voglio smettere di fare politica, ma desidero farla diversamente, con una qualità differente di relazione, con gli uomini e con le donne, partendo da quello che già c’è: una rete di esperienze vere, anche tra noi. È arrivato il momento di cambiare.
(www.libreriadelledonne.it 28/05/2015)
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