2 Dicembre 2012
il manifesto

Il vento del Canada e i semi maledetti

Come un contadino canadese, il cui campo è stato invaso da semi ogm portati dal vento, sta resistendo da anni alla causa intentatagli dalla Monsanto per «furto». Una lezione per tutti gli agricoltori, compresi quelli che usano erbicidi
Daniela Sanzone
E’ stata definita «Davide contro Golia». E’ la causa persa fino a oggi da Percy Schmeiser, agricoltore, contro Monsanto, multinazionale statunitense produttrice di semi geneticamente modificati ed erbicidi. In seguito alla richiesta dell’avvocato di Schmeiser, Terry Zakreski, la Corte suprema del Canada ha però deciso in questi giorni di riaprire il caso e di offrire a «Davide» un’altra possibilità. L’inusuale vicenda risale al 1998, quando una ventata apparentemente propizia trascinò i semi delle coltivazioni di «Ready canola» (un tipo di mais) della Monsanto, colosso ogm, nel terreno di Percy Schmeiser, agricoltore settanduenne della piccola comunità rurale di Bruno, in Saskatchewan, una delle vaste province canadesi. Più di 320 ettari appartenenti a Schmeiser sarebbero stati così «contaminati» da questa Ready canola, resistente all’erbicida Roundup, prodotto appunto dalla Monsanto.

 

Ma secondo l’azienda, con sede principale a St. Louis, nel Missouri, le cose sarebbero andate diversamente. La compagnia infatti, accortasi delle coltivazioni di canola nel terreno di Schmeiser, che non aveva legalmente acquistato i semi, né pagato i circa 30 dollari per ettaro per il privilegio della semina, lo ha denunciato per furto dei medesimi. Come molti agricoltori del Nordamerica, Schmeiser è finito sotto il lungo braccio legale della Monsanto, ma a differenza degli altri ha deciso di combattere. La Monsanto ha vinto la causa fino alla Corte d’appello: una causa costata al contadino già 19.000 dollari. L’azienda in sede di appello aveva richiesto anche un indennizzo di 25.000 dollari, non accolto però dalla Corte, che servisse da esempio per altri contadini nel caso avessero in mente di compiere lo stesso misfatto.

 

Una delle particolarità delle coltivazioni da semi geneticamente modificati sta nel fatto che dei prodotti che ne derivano non possono essere riutilizzati i semi, che devono essere riacquistati ogni volta dalla ditta produttrice. Sono circa 20.000 gli agricoltori in tutto il Canada che hanno piantato i semi nel 2000. Queste piantagioni coprono tra i 18 e i 20 milioni di ettari e rappresentano circa il 40% della produzione canadese di canola. Molti contadini che hanno usato gli erbicidi della Monsanto sono stati poi costretti a comprarne i semi, perché sono gli unici a sopravvivere al terribile «spruzzo», e hanno dovuto poi stipulare una serie di contratti con la Monsanto, che devono essere rinnovati ogni anno, e autorizzare la ditta a fare controlli periodici sui loro terreni.

 

Ma per quarant’anni Percy Schmeiser ha coltivato canola nella sua fattoria, a circa 80 km a est della capitale Saskatoon, seminando le piantagioni con i semi del raccolto precedente. «La domanda è – si chiede Schmeiser – dove finiscono i diritti della Monsanto e cominciano i miei? Ho sempre coltivato i miei prodotti, non ho mai voluto piantagioni geneticamente modificate. Non ho mai avuto niente a che fare con la Monsanto, non ho neppure mai parlato con loro. Ma tutto quello che era nel mio terreno è diventato di loro proprietà. Non sono un contadino «organico», ma uno convenzionale». Denunciandolo per furto dei semi, la Monsanto lo ha ferito nell’orgoglio e lui non si è tirato indietro, andando incontro a tutte le difficoltà e spese legali, certo della sua integrità.

 

«A volte mi domando come sia potuto succedere a me – afferma l’agricoltore – e cosa sto facendo alla mia famiglia, ma poi penso che se non fosse stato per il sostegno di mia moglie, dei miei figli e nipoti, non ce l’avrei mai fatta a credere nella mia stessa buona fede. Un contadino dovrebbe avere il diritto a usare i propri semi. Cosa penso della Monsanto? Adesso molta gente ha capito come una compagnia può essere potente, persino più di un governo o di un dittatore. Questa azienda è andata troppo lontano nel sottrarre la libertà agli agricoltori».

 

Schmeiser è ancora speranzoso e certo di proseguire sul cammino iniziato. L’agricoltore, che ora si trova in Europa, non ha ancora commentato la decisione della Corte. «È una grande notizia ed è un piacere asoltarla – ha dichiarato per lui il suo legale – sono sicuro che quando lo scoprirà, Percy avrà un sorriso grande come il Saskatchewan». Ma la riapertura della causa è solo un piccolo passo su quella che l’avvocato ha paragonato alla scalata dell’Everest. «È come se dopo tutta questa strada fossimo appena arrivati al campo base – afferma Terry Zakreski – e la parte più difficile della scalata è tutta davanti a noi. Ma almeno abbiamo fatto soffermare il giudice su alcuni punti importanti».

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