9 Dicembre 2013

Maestre allo sbaraglio


Incontro del  6 dicembre 2013 ore 18 – Libreria delle donne – Circolo della rosa – Milano

Maestre allo sbaraglio


Maestre allo sbaraglio
. Un titolo e un libro(edizioni Astragalo, 2013) per raccontare la scuola elementare-primaria e insieme la società italiana dal 1940 a oggi. Autrici ottanta maestre che per la prima volta prendono la parola pubblicamente, consapevoli dell’importanza del loro lavoro presente dovunque, dalle frazioni di montagna alle affollate periferie delle città: come riescono a salvare le relazioni umane minacciate dai problemi del mondo contemporaneo? Ne parliamo con alcune autrici. Clara Jourdan introduce l’incontro.

Buonasera. Siamo qui per parlare di scuola insieme ad alcune autrici del libro Maestre allo sbaraglio (edizioni Astragalo, Novara 2013). L’hanno scritto 81 tra maestre e maestri (per la precisione 76 maestre e 5 maestri). Qui sono presenti in 19: benvenute alla Libreria delle donne! Siamo molto contente di questo incontro perché è da parecchi anni che in questo luogo c’è interesse per il lavoro delle maestre, non solo a parole, lo dimostra il film ideato e prodotto in Libreria uscito nel 2008, L’amore che non scordo. Storie di comuni maestre, regia di Manuela Vigorita e Daniela Ughetta (è qui stasera una delle autrici del film, Vita Cosentino, mentre M. Cristina Mecenero che ci teneva molto a venire è ammalata). Perciò, di nuovo: benvenute! Presento le nostre ospiti: Giovanna D’Antonio, Giovanna Jourdan, Giovanna Landini, Gisella Iamoni, Gabriella Migliorini, Rita Prella, Francesca Cavaiani, Chiara Protasini, Franca Belletti, Cristina Davite, Laura Lupo, Barbara Guidi, Margherita Quaglia, Carla Ferrari, Gabriella Sbaraini, Marika Ghellero, Giuse Ianchello, Patrizia Piantanida. E Anna Bossi, che oltre a insegnare scrive, pubblica e prende premi… ha scritto diversi libri per bambine e bambini, alcuni sono di là in libreria e si possono comperare, li abbiamo già tenuti negli anni scorsi e sono stati apprezzati, in particolare per i regali di Natale; sono scritti in più lingue, uno persino in cinese. E stasera è presente anche l’editrice, Alessandra Perotti delle Edizioni Astragalo di Novara.

Maestre allo sbaraglio è composto da più di cento racconti brevi o brevissimi sulla scuola elementare-primaria scritti da maestre e maestri di varie età, alcune/i in pensione, la maggior parte in servizio e con una lunga esperienza scolastica ma c’è anche qualcuna da poco entrata nell’insegnamento, come si può vedere dall’elenco in fondo al libro dove accanto ai nomi è indicato l’anno di inizio, un arco che va dal 1939 al 2010. Per quasi tutte è la prima volta che prendono la parola pubblicamente: ci diranno che cosa le ha spinte a farlo, cosa si è attivato, quali relazioni…

Vi presento un po’ questo libro e la mia lettura. Intanto, lo trovo un libro importante oltre che per quello che dice, perché è una presa di parola singolare e collettiva insieme di donne che lavorano. È anche ben costruito. I testi sono autonomi ma raggruppati in capitoli ciascuno con un titolo, e la sequenza crea un percorso sulla scuola che si rivela molto interessante e avvincente per chi legge. Perciò suggerisco di leggere pagina dopo pagina invece di saltare qua e là, per poter cogliere appieno la ricchezza del libro. Una ricchezza che è molto più della somma dei singoli contributi, proprio come in un coro. I testi sono molto vari e diversi tra loro sia per stile sia per contenuti: ci sono ricordi del tempo che fu, analisi anche amare della situazione scolastica, racconti di episodi divertenti e non manca l’autocritica come nel “Funerale degli astucci” (di Gabriella Lessana, pp. 64-66) sugli effetti di un intento pedagogico idealistico, non a partire da sé. Tanti sguardi insomma su molteplici aspetti della scuola elementare. Ma nella varietà di toni e pensiero, i testi sembrano uniti da fili che corrono e scorrono e che spesso si innalzano in punte notevoli nei contributi più riusciti.

Accennerò a qualcuno di questi fili che ho sentito, prima di dare la parola alle autrici.

Un primo filo di Maestre allo sbaraglio è la passione per l’insegnamento e l’amore per la scuola: maestra è un mestiere scelto e desiderato, per qualcuna addirittura dall’infanzia, mai capitato per caso, almeno da quello che emerge dal libro. Mi ha colpito perché avendo insegnato anch’io per molti anni, so che negli altri ordini di scuola non è così: chi insegna alle medie o alle superiori spesso quando studiava non aveva affatto per la mente di insegnare, anche se poi magari farà un lavoro egregio. Questa mi sembra una differenza significativa, che penso si colleghi alla tenuta della scuola elementare e alla tenacia delle singole maestre nelle vicissitudini e con i problemi e gli ostacoli che questo mestiere si è trovato e si trova davanti, non ultimo quello della burocrazia che tenta sempre più di sommergerlo. Anche nelle condizioni più avverse, si percepisce esserci libertà, creatività, piacere nel fare questo lavoro: c’è l’energia del desiderio femminile. Per questo mi permetto di dissentire dall’interpretazione sulla preponderanza di donne data da Anna Bossi nell’intervista a Carlotta De Leo del Corriere della sera, oggi sul blog del Corriere (con il bel titolo «Maestre allo sbaraglio» per una scuola migliore): non sono d’accordo che gli uomini si siano defilati perché «è diventato un mestiere di ripiego», direi che invece è diventato un mestiere troppo difficile per gli uomini, troppo impegnativo sia per il rapporto con bambine e bambini di oggi sia per la modalità di accesso con il concorso, come dice nel libro il maestro in pensione Guido Airoldi (a p. 196); è vero però che è scarsamente valutato, soprattutto in termini di remunerazione, ma oggi con la crisi quasi tutti i lavori sono scarsamente remunerati. Comunque su questa questione potremo parlare dopo.

Un altro filo di Maestre allo sbaraglio è che si nota quanto la scuola elementare, presente dovunque, sia proprio dentro il mondo, punto d’incontro e di scambio dei problemi della realtà in cui viviamo. A partire dalla relazione necessaria con le bambine e i bambini, che viene considerata la base per motivare questo lavoro, si sviluppano varie relazioni, tra colleghe, con madri e padri, con bidelle e custodi, e spesso la scuola diventa centro dinamico di relazioni per tutto un paese o un quartiere, e punto di riferimento su questioni spinose e perfino impossibili, come abbiamo visto anche qui a Milano quando in occasione di uno sgombero di un campo rom sono state le maestre di alunne e alunni rom a intervenire. Questo filo rosso di essere le maestre al cuore del mondo, attraversa in questi racconti il muoversi della storia dal 1939 a oggi, con la seconda guerra mondiale, l’occupazione e la resistenza, i cambiamenti della società italiana del dopoguerra, le migrazioni interne (anche delle maestre stesse) e l’immigrazione più recente dal resto del mondo, e poi le politiche sulla scuola ecc. Anche la collocazione geografica delle autrici del libro è interessante, rappresentativa di molte realtà italiane: insegnano tutte nella provincia di Novara, che in passato era la provincia più lunga d’Italia, dal Monte Rosa e le montagne dell’Ossola lungo il confine svizzero al lago Maggiore, alla pianura padana con le sue fabbriche e il “mare a quadretti”, come venivano chiamate le risaie da chi arrivava dal mare vero (adesso la parte settentrionale è Provincia del Verbano-Cusio-Ossola): fino a non molti anni fa queste maestre cominciavano la loro carriera nelle pluriclassi di sperdute frazioni di montagna non ancora abbandonate per passare poi a paesi di pianura e periferie di città sempre più affollate di bambine e bambini e adulti provenienti prima dal sud d’Italia e ora da altre terre d’Europa, Asia, Africa e Americhe.

Nelle varie situazioni e vicende storiche – è l’ultimo filo che voglio indicare di questo libro – l’azione delle maestre sembra essere stata e restare tutt’oggi oltre a quella di insegnare a leggere scrivere e far di conto, quella di salvare le relazioni umane in un mondo che tende sempre più a distruggerle con la burocrazia e a minacciarle con la violenza dell’economia e della fine del patriarcato. Uso la parola “salvare” perché ho letto un libro della storica Anna Bravo intitolato La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato (Laterza, 2013), che mostra l’importanza storica dell’agire di tante persone anonime sia durante le guerre sia nell’evitare le guerre; e cioè che «il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato». In questo fare storia, c’è l’opera conosciuta di Nelson Mandela, per esempio, ma c’è anche l’agire sconosciuto di tanta gente comune. Tra cui certamente moltissime maestre: donne che salvano vite e relazioni. Un esempio è nel bel racconto di Nadia Larcinese (pp. 244-253) della relazione tra una maestra e una bambina che ha cambiato la vita di entrambe: la bambina alla fine della scuola viene riportata in Marocco con tutta la famiglia dal padre che dopo averle sistemate dalla nonna se ne va portandosi via i passaporti. Che cosa ha fatto la bambina? Ha telefonato alla maestra.

(Clara Jourdan, Libreria delle donne, 6 dicembre 2013)

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