12 Marzo 2011
L'Attacco

Noi e la scuola pubblica

Antonietta Lelario (Circolo La Merlettaia)Sabato 12 marzo alle ore 17,00 nella zona pedonale a Foggia c’è un sit-in in difesa della Costituzione e della Scuola pubblica
Si è chiesto a livello nazionale come a livello locale che si rispetti la modalità proposta dalle donne per la mobilitazione del 13 febbraio: niente simboli di partito, né bandiere. Invece cartelli o striscioni che dicano ciò che vogliamo.
Perché di questo abbiamo bisogno.
Abbiamo bisogno di una politica che smetta di essere derby fra tifosi e si nutra di desideri quanto più possibile condivisi; abbiamo bisogno di uomini e donne che tornino a prendere nelle mani le questioni; abbiamo bisogno di trovare soluzioni nuove.
Nella scuola pubblica, sono 50 anni che un movimento dal basso opera ogni giorno con dedizione e creatività, per amore di chi è socialmente più debole, per amore delle ragazze e del sapere femminile che la cultura tradizionale aveva lasciato nell’ombra e perché la relazione reale con chi vive il momento faticoso della crescita è più forte di tutto, anche delle pessime riforme e del sentimento di grigiore e di ovvietà che tutto offusca. O del chiasso dilagante.
Un esempio:
Milano è una delle città d’Italia con il più alto numero di rom. Nel corso degli ultimi anni i campi nomadi sono aumentati in maniera esponenziale. Dal settembre 2008 trentotto bambini, che abitavano nel campo rom di via Rubattino, hanno iniziato a frequentare le classi delle elementari. Nel momento in cui il campo di via Rubattino è stato sgomberato, disperdendo le famiglie e i ragazzi che frequentavano le scuole, di fronte ai banchi vuoti, le maestre Irene, Stefania, Ornella e le altre non hanno fatto finta di niente. Sono andate a prendere i bambini e li hanno riportati a scuola, hanno chiesto un incontro col Prefetto per sapere dove avrebbero dormito e mangiato i “loro” bimbi e le “loro” bimbe rom, hanno scritto lettere ai giornali. Non sono saltate fuori dalla scuola per “andare nel sociale”, sono rimaste maestre fino in fondo. Fino a toccare le cose essenziali. Perché di questo si tratta oggi e non solo in questi casi estremi. Non solo a Milano. Si tratta di salvare l’umano, salvare le differenze, salvare l’essenziale.
Da queste maestre viene un’indicazione politica: “il senso di impotenza è difetto di fantasia, ci sono sempre 2, 3, 4 cose che si possono fare; si può non rimanere affascinate dalla potenza dell’avversario e invece di stare a guardare la rovina della scuola pubblica, ricostruirla allargando i muri dell’aula; si può stare dove si è con grandezza e libertà” (Vita Cosentino in Via Dogana n.95).

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