25 Luglio 2015

QUANDO LA CITTÀ È VIVIBILE

di Franca Fortunato

Intervento alla festa del 20 giugno a Catania in piazza Federico di Svezia

 

Vengo da una città, Catanzaro, dove la mia passione politica, che è passione delle relazioni, prima di tutto relazioni tra donne, la spendo facendo la giornalista in uno dei quotidiani più letto della regione: Il Quotidiano del Sud. Scrivo anche per una rivista on line, “Casablanca”, la cui direttora è Graziella Proto che vive in questa città. Scrivere, per me, è un agire politico.

Creo relazioni con le donne che dirigono il giornale, con le donne e gli uomini che mi leggono, mi rispondono e interloquiscono con me. Con Anna, Mirella e altre donne di Città Felice condivido un percorso politico di anni, per cui non è la prima volta che vengo a Catania ma è la prima volta a questa festa in piazza.

Nella mia attività di giornalista, guardo la mia città e la mia regione dalla politica della differenza e delle relazioni, per cui sto molto attenta a quanto accade per coglierne  i segni di buone pratiche nei luoghi dell’amministrare e nei gesti di cittadini e cittadine che contribuiscono a rendere la mia città e la mia regione un luogo vivibile. La vivibilità o meno, per me, passa dalla qualità delle relazioni, dal desiderio che spinge all’azione, all’agire ovunque ci troviamo.

La mia regione e città sono piene di buone pratiche che le rendono belle, accoglienti, vivibili. Pratiche portate avanti più   da donne che da uomini.

Buone pratiche amministrative, come quelle delle sindache. Annamaria Cardamone di Decollatura, Elisabetta Tripodi, da poco divenuta ex-sindaca di Rosarno, in quanto è stata costretta a dimettersi per mancanza della maggioranza. Di Maria Carmela Lanzetta, ex-sindaca di Monasterace. Buone pratiche che vuol dire innanzitutto amministrare fuori dal malaffare e da ogni rapporto con la ’ndrangheta. Buona amministrazione che vuol dire amministrare a partire da sé, dal proprio desiderio, e non dall’appartenenza al partito.

Buone pratiche di convivenza con i migranti, come in tanti comuni (Rosarno, Acquaformosa, Riace, Decollatura, Badolato, Davoli), dove in molti casi la presenza dei  migranti ha rivitalizzato borghi destinati all’abbandono e allo spopolamento, riportando in vita antiche attività artigianali che condividono con i residenti.

Buone pratiche di prima accoglienza.

In questi mesi la Calabria, come la Sicilia, è terra di approdo di tante cittadine e cittadini stranieri che scappano dalla povertà e dalle guerre, che sono poi la stessa cosa (è guerra anche depredare delle loro risorse popoli dell’Africa, impoverirli e costringerli  a fuggire. Pertanto respingo la distinzione assurda che si sta imponendo tra rifugiati, da accogliere, e migranti economici da respingere). Quando arrivano nei nostri porti (Reggio Calabria, Vibo Valentia, Crotone) sono molte le donne e gli uomini, più donne che uomini, che li accolgono con grande umanità.

Sono rimasta colpita dalla forza simbolica del gesto di alcune suore, riportato dal giornale su cui scrivo. Qualche giorno fa, nel porto di Reggio Calabria sono arrivati  544 migranti, di cui 61 minori non accompagnati e 148 donne. Le suore del coordinamento diocesano sono andate ad accoglierli. Una volta sbarcati, le suore hanno organizzato canti e balli con i più giovani.

Sono i piccoli-grandi gesti che danno dignità a una terra. Quelle suore lo hanno fatto. Non c’è bisogno di gesti eclatanti per rendere vivibile un luogo. Piccoli gesti come il saper fare l’elemosina con dignità e senza offendere la dignità dell’altra/o. È quanto più spesso ci troviamo a fare nelle nostre città.

A Catanzaro il sindaco mesi fa ha emesso un’ ordinanza contro l’“accattonaggio” perché alcune cittadine e alcuni cittadini si sono lamentati, in nome del “decoro” della “vivibilità”.  I tanti poveri davanti alle chiese, agli esercizi commerciali, nelle strade, renderebbero, secondo costoro, non decorosa e non vivibile la città. Ho scritto pubblicamente al sindaco chiedendogli di ritirare quella brutta ordinanza. Sono convinta che le cittadine e i cittadini di Catanzaro non sono contro chi chiede l’elemosina ma molti di loro hanno paura della povertà, del senso d’impotenza che provano davanti  a tanti poveri. Vorrebbero non ci fossero, non vederli. Anziché aiutare queste persone a imparare a stare davanti alla povertà, che colpisce anche tanti cittadini e cittadine catanzaresi, c’è chi preferisce alimentare le paure, ingigantirle, mettere i poveri gli uni contro gli altri e così pure gli abitanti delle degradate periferie della città contro gli immigrati.

È quanto è stato fatto ultimamente alla sola notizia che la prefettura aveva affidato alla cooperativa Mappamondo di Lamezia Terme il servizio di accoglienza e assistenza di circa cento cittadini stranieri migranti, richiedenti protezione internazionale. Maschi pseudorazzisti – come ho scritto sul giornale – non hanno esitato ad agitare fantasmi e seminare allarme e paure tra la popolazione di due quartieri in cui si diceva sarebbe sorto il centro di accoglienza. Sono zone di periferia in cui c’è degrado, frustrazione, rabbia nelle cittadine e cittadini perché si sentono non ascoltati nei loro bisogni dall’amministrazione comunale. Ho invitato il sindaco ad andare incontro alla cittadinanza, a rassicurarla, a discutere insieme le modalità dell’accoglienza, placarne le paure e dare ascolto ai  bisogni e alle richieste delle/dei residenti.

Altra questione che riguarda i migranti è quella degli ospiti del Centro di Sant’Anna di Isola di Capo Rizzuto in provincia di Crotone (è un Cara gestito dalle Misericordie, cooperative che fanno capo a un prete di Isola di Capo Rizzuto e che sono state oggetto di una trasmissione televisiva di Servizio Pubblico per aver vinto il bando di gara con prezzi molto inferiori a quelli degli altri Cara. Il che  si riversa sulla scarsità di cibo e di servizi che vengono erogati. E per il loro rapporto con politici e ’ndrangheta locale). Ebbene, molti di loro, giovani africani per  lo più, ogni giorno raggiungono in pullman Catanzaro e Crotone. Qui, alcuni di loro, cercano di guadagnarsi qualche soldo aiutando gli automobilisti a parcheggiare, altri chiedendo l’elemosina davanti a esercizi commerciali. Li chiamano “parcheggiatori abusivi” e “accattoni”. Io li ho visti, li incontro ogni giorno. Mi avvicino a loro, chiedo da dove vengono e perché chiedono soldi. Al Centro i 2 euro e 50 centesimi giornalieri che dovrebbero avere dalle Misericordie non li ricevono mai. È quello che mi dicono questi giovani uomini che in città sono solo di passaggio, in attesa del riconoscimento di rifugiati e di andare altrove. Contro di loro nella mia città c’è stato chi ha fatto la guerra, invocando l’intervento delle forze dell’ordine e del sindaco chiedendo di cacciarli. Ho visto però tante donne più che uomini non lamentarsi, avvicinarsi loro con rispetto, parlargli e allungare qualche soldo. Loro ringraziano con un sorriso e gentilezza. Quando capita, ed è capitato, che con qualcuno di loro si arriva, tra maschi, alle offese e si sfiora la rissa, allora apriti cielo!

Sono i nostri piccoli-grandi gesti quotidiani che rendono vivibile o meno la città e civile la convivenza.

La Calabria in questi anni è molto cambiata, grazie anche alle donne. Mi riferisco alle testimoni e alle collaboratrici di giustizia che hanno dato inizio a un’altra storia fatta di libertà femminile, inconciliabile con la ’ndrangheta e la sua organizzazione patriarcale della famiglia criminale mafiosa. Sono loro – Lea Garofalo e sua figlia Denise, Maria Concetta Cacciolla, Giuseppina Pesce, Tina Buccafusco e le tante altre, tra cui metto anche Annamaria Scarfò, la ragazza di Taurianova (paesino della provincia di Reggio Calabria) che ha denunciato, portato in tribunale, e fatti condannare i suoi violentatori, tra cui alcuni mafiosi. Sono loro che con le loro scelte, a partire da sé, hanno cambiato la Calabria e aperto una strada “inedita” nella lotta alla ’ndrangheta, aprendo spazi di vivibilità per sé e per le altre.

Nella mia regione e a Catanzaro c’è molto altro. Voglio ricordare solo altri due fatti che vanno verso la vivibilità della città.

È stata scongiurata la realizzazione di una discarica di rifiuti, “La Battaglina”, che sarebbe dovuta diventare la più grande pattumiera d’Europa. Cittadine e cittadine si sono mobilitati, hanno creato un presidio permanente, luogo di relazioni, di incontro e di scambi. Hanno trascinato nella loro lotta anche le amministrazioni e sono riusciti prima a fermare, e poi a fare annullare i lavori che erano stati appaltati e avviati.

A Catanzaro, grazie a un gruppo di giovani che sono riuscitia coinvolgere la cittadinanza – le donne sono state in prima linea – si è riusciti a salvare una villa, “Villa Pangea”, unico polmone verde dentro la città, oltre che luogo di valore architettonico e storico, dalla distruzione per costruire un maxi-parcheggio. Oggi la Villa è stata recuperata, riqualificata e restituita alle cittadine e ai cittadini.

Insomma, se in Calabria prevalesse il negativo, che c’è ed è tanto e di cui, in genere si occupano i giornali e i commentatori maschi e gli “intellettuali” calabresi, sarebbe impossibile viverci.

Il mio compito di donna e giornalista, appassionata della politica delle relazioni, con un’esperienza alle spalle di riflessioni, di  pensiero in relazione in luoghi della politica delle donne come le Città Vicine, dove la relazione con Anna Di Salvo e Mirella Clausi si è aperta a tante altre relazioni significative con donne e qualche uomo di altre città, prima fra tutte quella con Katia Ricci e Anna Potito della “Merlettaia” di Foggia, è di vedere, raccontare, scrivere, sostenere, accompagnare, creare e avere cura di buone pratiche di convivenza, che passano sempre attraverso relazioni di qualità tra donne, tra uomini e tra donne e uomini. È il piacere che tutto questo mi procura che dà senso al mio impegno di giornalista e rende vivibile la mia vita in città e in Calabria.

(libreriadelledonne.it 25/07/2015)

 

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