16 Luglio 2012
e-mujeres.net

Conciliazione: per chi e a quale prezzo?

di Lourdes Pastor Martínez

Oggi, che non è il 25 novembre (Giorno contro la violenza verso le donne) e nemmeno l’8 marzo (Giorno internazionale delle donne), oggi, un giorno qualsiasi del mese di luglio, ai servizi informativi della televisione pubblica è parso bene dedicarsi un pochino alle donne.
Hanno trasmesso una notizia il cui tema centrale era la “conciliazione”. Curiosamente e con mio grande disappunto tutte le persone apparse nel reportage erano donne, tutte, assolutamente tutte a eccezione di due maschi, dirigenti di grandi imprese che spiegavano i meravigliosi benefici della cosiddetta conciliazione per la produttività delle imprese, che alla fin fine è l’unica cosa che interessa. In questa amabile notizia si dava come alternativa alle assenze delle persone (donne) dal posto di lavoro il telelavoro, come un modo comodo ed efficace per far sì che le donne, che erano le protagoniste della notizia, rendano compatibili l’allevamento delle loro creature senza smettere un solo minuto di produrre e oltretutto ottenendo un “salario emozionale”, come si è espressa una delle intervistate, che assicurava che con il part-time le sue entrate sono diminuite ma ha avuto in compenso un “salario emozionale”. Non so se questo “salario emozionale” è valido per coprire le bollette dell’affitto o della luce. Perché se così fosse senza dubbio tutti dovrebbero chiedere immediatamente il part-time.
D’altra parte, mi domando come realizzerebbero il telelavoro le donne (e parlo sempre di donne perché è di loro che si è parlato nella notizia) che lavorano raccogliendo olive, spazzando le strade o in una fabbrica di conserve. Forse sono io che sono troppo ingenua e quando penso che il sistema deve trovare misure per conciliare la vita lavorativa e personale, penso a misure applicate a maschi e donne di tutte le classi sociali e di tutti i lavori possibili. Tuttavia il sistema sta pensando che può conciliare solo un piccolo settore di donne, il più agiato, il cui lavoro si può svolgere attraverso un computer e la cui riduzione di giornata non le lascia senza un tetto.
Se vogliamo misure di conciliazione, e le vogliamo, oltre alla corresponsabilità, oso suggerire che gli orari delle scuole siano compatibili con gli orari di lavoro, che le vacanze di bambine e bambini siano equivalenti a quelle dei loro padri e/o madri, che se bisogna assentarsi dal lavoro perché nostra figlia o figlio si ammala non sia motivo di licenziamento, che i maschi comincino a prendere anche loro congedi da investire in cure… e così via, tanto per cominciare.
Noi donne conciliamo già tutto, e il telelavoro è una magnifica opzione in alcuni casi, anche se lavorare in casa mentre le tue figlie/figli ti reclamano non migliora per niente la tua qualità di vita, sicuramente migliora, questo, sì, la produttività delle imprese. Mi viene in mente che possono tornare a trasmettere un’altra notizia sulla conciliazione, ma questa volta focalizzata sugli uomini, che senza ombra di dubbio sono quelli che hanno peggio da conciliare.
(Traduzione dallo spagnolo di Clara Jourdan)

Print Friendly, PDF & Email