6 Gennaio 2018

Ogni anno duemila mamme in Piemonte sono costrette a lasciare il lavoro

di Claudia Luise

Rientrare al lavoro o rimanere a casa con il proprio bambino? Per le mamme, e in alcuni casi per i papà, che hanno appena avuto un figlio è una scelta complicata, ma sempre più spesso si arriva alla decisione di lasciare l’impiego e rimanere con il neonato in attesa di tempi migliori per dedicarsi alla propria carriera. È quanto emerge dai dati forniti dall’Ispettorato nazionale del lavoro relativi al Piemonte e a Torino. La legge prevede che tutti i genitori con figli minori di tre anni debbano compilare un questionario che certifica la scelta di lasciare volontariamente il lavoro e le dimissioni vanno convalidate negli uffici dell’ispettorato.

I DATI

I dati più aggiornati sono quelli relativi al 2016, mentre per il 2017 ci vorrà ancora tempo prima di conteggiare le domande pervenute. In Piemonte, in un anno, i casi di dimissioni legate alla nascita di un bimbo sono stati 2590. Tra questi, a Torino ne sono stati registrati più della metà, ben 1454. Un dato pesante, che riguarda soprattutto le donne. Ma il numero di uomini è in aumento e non va sottovalutato: nell’intera regione sono stati 596 papà a presentare richiesta (a fronte di 1994 mamme). La legge tutela in particolar modo i genitori che decidono di dimettersi entro il primo anno di vita del bambino garantendo loro l’assegno di disoccupazione e l’indennità di mancato preavviso. Per tutti è necessario confermare che si tratta davvero di dimissioni volontarie e non forzate.

LE CAUSE

Tra le cause più frequenti indicate dalle mamme c’è «l’incompatibilità tra occupazione lavorativa e assistenza al neonato per assenza di parenti di supporto» (468 persone hanno indicato questa motivazione). Sono 250, invece, le mamme che si sono licenziate perché i pargoli non hanno trovato posto al nido e 108 quelle che sono rimaste a casa per «l’elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato». Tra gli altri motivi, 185 lo hanno fatto perché l’organizzazione e le condizioni di lavoro erano particolarmente gravose o difficilmente conciliabili con le esigenze della prole. Nella maggior parte dei casi si tratta di donne tra i 26 e i 35 anni (1252 casi) e quasi tutte (1061) sono italiane. Pochissime le cittadine Ue, 125, e ancor meno le extracomunitarie, appena 66 in tutto il Piemonte. Anche analizzando il tipo di mansioni che si lasciano emerge chiaramente il problema dei costi che vanno a incidere troppo sullo stipendio. Oltre 1130 sono le impiegate, 743 le operaie, 92 hanno la qualifica di apprendista, 21 sono quadri e appena 8 sono dirigenti. Proprio sui dati sulle figure professionali più retribuite incide maggiormente la percentuale di coloro che si licenziano perché hanno avuto nuove opportunità lavorative e che comunque rientrano nelle statistiche perché devono ottenere la convalida dall’ispettorato. Invece è tristemente semplice fare i conti se si ha uno stipendio che a stento raggiunge i 1000 euro al mese: così diventa complicato spenderne in media 500 tra nido e baby sitter per stare via da casa più di 7 ore al giorno. 

(La Stampa, 6/1/2018)

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