1 Dicembre 1998
Via Dogana n. 40/41

Intervento di Sergio Bologna su: “Libertà nel lavoro”

Un intervento di Sergio Bologna

L’affermazione, contenuta nel numero di “Via Dogana” dedicato al lavoro, che le donne possono trovare spazi di libertà nel lavoro indipendente, sembra rendere molto inquieta una parte della sinistra con cui continuate a dialogare.
In effetti che il lavoro sia soltanto una costrizione è un vecchio tema della sinistra, un tema che ha avuto momenti di grandezza.
Non a caso la sinistra è diventata un soggetto politico e sindacale a partire dalla lotta contro il lavoro-costrizione. E ha creato strumenti di liberazione e solidarietà. Questi strumenti oggi sembrano aver perduto la loro funzione originaria, ridotti ad apparati che hanno come obiettivo primario quello di riprodurre se medesimi. Dunque il problema di trovare libertà dentro la costrizione è diventato un problema dell’individuo. La solidarietà di genere e di gruppo ha sostituito la solidarietà di classe, comunista o socialista. La società è organizzata oggi per corporazioni e persino gli strumenti di tutela del singolo lavoratore sono messi in pericolo, se dipendente, sono da creare se indipendente.
La sinistra riconosce questo e sostiene che per far fronte alla dilagante competizione ce vede i deboli sempre più deboli ed i forti sempre più forti, occorre affrettarsi a scrivere le nuove regole, a stilare la carta dei nuovi diritti.
Ma chi le scrive le regole se non la corporazione deputata a legiferare? La nostra, ce lo ripetono a ogni due passi, è una “democrazia delegata” che affida a una ristretta classe di professionisti della politica il potere di legiferare e di stabilire i livelli dei bisogni e dei diritti di tutti.
Far rispettare le regole, applicare i diritti, spetta però al gioco delle parti, cioè ai rapporti di forza sociali. Anche per il lavoro dipendente. Dunque il problema di garantirsi gli spazi di libertà reale e di rispetto dei propri diritti il singolo se lo deve risolvere con proprie azioni collettive e individuali.
Le grandi carte dei diritti che sono state scritte nei tempi passati e recenti, dalla Rivoluzione Francese allo Statuto dei Lavoratori, sono state scritte dopo una dura lotta sociale in cui i soggetti hanno espresso direttamente i propri bisogni e disegnato i confini delle proprie libertà.
Non è certo la situazione di oggi.
Se questa “indifferenza alle regole” preoccupa qualcuno, come l’amico Garibaldo, timoroso di una deriva neo-feudale, vorrei rispondergli che il neo-feudalesimo esiste già e che le organizzazioni della sinistra hanno contribuito non poco a consolidarlo.
Se mi risponde che l’affermazione della solitudine dell’individuo dinanzi alle corporazioni esprime una mentalità neo-feudale, vorrei ricordargli la breve e infelice esperienza della Libera Università di Milano (Lumhi), un’associazione i cui membri si erano prefissi lo scopo di arricchire la vita democratica di una città devastata dalla corruzione, dalla mediocrità, dal leghismo, di una città ripiegata su se stessa. Lumhi era l’esempio classico di quella che i tedeschi chiamano una Bürgerinitiative, un’iniziativa di cittadini, di lavoratori indipendenti, che si rimboccano le maniche per creare innovazione culturale e passione civile. Come hanno reagito le corporazioni, sindacato, amministrazioni, associazioni della sinistra di tutte le varianti, cattoliche o neo-comuniste? Con una sorridente tattica di emarginazione, sottraendoci ogni possibilità di sopravvivere, costringendoci a chiudere e tornare a casa, più soli e deboli di prima. Ma la libertà è come l’aria che si respira, va riguadagnata per istinto di sopravvivenza – questa sì è la “felice” costrizione – : l’esperienza di Lumhi ci insegna una vota di più che questa libertà le corporazioni e le consorterie della sinistra sono ben liete di togliercela, se possono.
Perciò, care compagne di “Via Dogana”, ritengo che con questa sinistra nessun dialogo è più da fare. Accettiamo l’idea che da tempo è nato l’ “homo novus”, con una mentalità radicalmente diversa da quella della sinistra, con una diversa e più avanzata percezione della democrazia, del lavoro, della solidarietà, dell’impegno civile. E non crediamo a chi dice che i valori sono gli stessi e che si sono semplicemente “appannati”, non seguiamo chi invoca “il rinnovamento della sinistra”. La sinistra ha cessato di essere un motore della democrazia ben prima del tramonto della società fordista. Oggi è stata chiamata al governo in tutta Europa per fare da ammortizzatore alla crisi economica incombente. Potrebbe dimostrare le sue doti di governo ma è pervasa da un vetero-keynesismo che lascerà dietro di sé soltanto un ben più numeroso e rigido apparato statale. Lavoro salariato nell’amministrazione pubblica, questo è l’orizzonte culturale della sinistra.

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