8 Settembre 2006
CORRIERE DELLA SERA

Ai manager dico: andate controcorrente

Il superconsulente Tom Peters: «E per le aziende la missione è promuovere sogni, puntare sulle donne»
Enzo Riboni

«Le aziende si assomigliano tutte sempre di più, vivono un surplus di omologazione. Devono capire che ormai la parola d’ ordine è secca e definitiva: ‘ Differenziarsi, reimmaginare tutto oppure morire». Tom Peters, assieme a Michael Porter e allo scomparso Peter Drucker uno dei massimi guru mondiali del management, autore di bestseller che hanno venduto 6 milioni di copie in tutto il mondo, lancia la sua sfida a chi pensa di gestire le aziende «nella sopravvivenza» e non osa fare «ciò che non è mai stato fatto prima». Dunque non basta migliorarsi, bisogna «andare controcorrente, nella direzione opposta»? «Servono nuovi modelli di business, nuove idee su come fare carriera in assenza di sicurezza lavorativa, nuovi approcci all’ educazione in un’ epoca in cui il valore è basato sul capitale intellettuale e sulla creatività. Da sempre chi arriva ai vertici è chi va controcorrente, chi credeva nell’ automobile quando ancora si andava a cavallo o chi ha puntato sul personal computer mentre ancora si utilizzava il mainframe. Oggi il punto è: le grandi aziende possono andare controcorrente o dobbiamo aspettare l’ arrivo di nuovi competitori? Ibm è ancora in piedi e non se la passa male, dopo che ha saputo cambiare di 180 gradi: dietro al suo marchio non c’ è più una macchina, ma una società di consulenza. E anche Microsoft e Google devono continuamente cercare nuove strade per restare in piedi. Come disse una volta il fondatore di Visa, Dee Hock, il problema non è mai di come farsi venire in testa nuovi e innovativi pensieri, ma come sbarazzarsi di quelli vecchi». Secondo lei è il momento del «dreamketing», il marketing dei sogni. Cosa vuol dire vendere sogni? «Il 95% delle scelte della mente umana è spinto dall’ inconscio. Per questo bisogna cercare di proporre un’ esperienza unica e inimitabile di acquisto ad ogni compratore. Il dreamketing è l’ arte di raccontare storie, di intrattenere, di promuovere il sogno e non il prodotto, di creare brusio, farne una droga e un culto. Perché i “prodotti da sogno” danno ritorni agli azionisti molto superiori a quelli dei prodotti “comuni”. Occorre quindi regalare grandi esperienze oltre a offrire un prodotto o un servizio. Pensiamo a Starbuck’ s che non è solo una catena di bar, ma è un “terzo luogo” in cui andare all’ infuori di casa e ufficio. O ad Harley Davidson, dove nessuno al suo interno ritiene di vendere moto, bensì il sogno di un 45enne che può sfilare in pelle nera per la sua cittadina e spaventare le persone. Ma penso anche a eBay, ad Apple, a Bmw (ma ora anche Fiat sta tornando a vendere sogni), a Ferragamo e Armani nella moda, al design italiano». Lei insegna che, senza le donne tra i propri clienti di riferimento, le aziende non possono prosperare. Perché sono così importanti? «Le donne tendono a comprare virtualmente di tutto, eppure la maggior parte degli addetti al marketing si concentra ancora sugli uomini e così il 90% delle donne dichiara che i pubblicitari non le capiscono. Le donne sono responsabili dell’ 83% degli acquisti di tipo consumer e, tra l’ altro, danno l’ avvio all’ 80% dei progetti di ristrutturazione delle case. Per esempio, negli Usa, Lowès lo ha capito e ha sottratto quote di mercato a Home Depot, rendendo l’ esperienza di acquisto più adatta alle donne, con luci più vivaci e corridoi più larghi. E proprio perché sono decisori d’ acquisto in diversi ambiti, sono stupide quelle aziende che non hanno donne ai vertici dell’ organizzazione. Le donne ricorrono all’ improvvisazione in modo molto più sciolto degli uomini, sono più determinate e si affidano parecchio all’ intuito. Sono naturalmente portate per la responsabilizzazione più che per il potere gerarchico e comprendono e sviluppano relazioni con molta più facilità. Non a caso la mia società di consulenza, la Tompeters company, ha come ceo una donna, Juli Ann Reynolds». Il vero leader, lo ha scritto lei, «fa le persone», promuove i talenti. Cosa significa essere leader? «In questi tempi folli e caotici ci affidiamo ancora a un modello di leadership tipo “comando e controllo”, che non si accorda più al modo in cui i leader dinamici operano attualmente. Cerchiamo leader che abbiano tutte le risposte, ma in un’ epoca in cui il valore viene dalla creatività e dall’ iniziativa dobbiamo scegliere un modello di leadership libera, aperta ed eternamente innovativa. Un’ azienda forte deve affidarsi a un team di vertice bipolare, composto da un innovatore senza limiti che insegua le menti aperte e da un potente maniaco del controllo». Esiste uno stile di gestione italiano? «Sì e no. Uno stile italiano si può definire solo per rapporto allo stile tedesco o, poniamo, cinese, perché esistono differenze culturali. Si possono quindi utilizzare schemi motivazionali diversi a seconda del contesto culturale, ma l’ obiettivo è sempre lo stesso: fare in modo che le persone amino ciò che fanno. Perché gli affari riguardano passione, creatività, energia, entusiasmo, capacità di sorprendere e sbalordire». il personaggio Considerato il «padre dell’ azienda post moderna», Tom Peters ha raggiunto la notorietà internazionale nel 1982 con la pubblicazione del suo primo bestseller: «In search of excellence». Sono poi seguiti numerosi altri successi editoriali, da «Thriving on chaos» a «The circle of innovation», fino all’ ultimo: «Re-Imagine! Business excellence in a distruptive age». Oggi è presidente della Tom Peters Company, società di consulenza. Peters sarà in Italia il 26 e 27 ottobre per partecipare al «World Business Forum Milano 2006». Per le sue idee rivoluzionarie sulle organizzazioni, «Business Week’ s» l’ ha indicato come «il miglior amico e il peggior incubo per le aziende».

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