24 Marzo 2007
Alias

Americana

Viola Papetti

Le numerose signore della fiction in lingua inglese, mostri d’invenzione e di stile, vantano in genere biografie di scarna semplicità. Scrivono in tinello con Jane Austen, e in genere hanno evitato l’università e solo casualmente letto i Grandi Classici: In gioventù hanno fatto le commesse, le modelle, le giornaliste, le reporter di guerra: In tarda età, quasi tutte vivono a lungo con il terzo o quarto marito, corteggiate dalle case editricie da una schiera di affettuosi eredi, hanno accumulato una panoplia di premi e magari scrivono il loro capolavoro.
Al momento la più sorprendente è Paula Fox, che esce da Fazi, dopo già tre romanzi tradotti, con l’autobiografia Il vestito della festa (“Le strade” prefazione di Melania G: Mazzucco, traduzione di Gioia Guerzoni, pp. 247, Euro 13,00). Borrowed Finery, titolo originale ben diverso dea quello italiano, significa “Bei vestiti in prestito” o “Lusso in prestito”. Paula è nata a New York nel 1923, unica figlia della fascinosa Elsie De Sola, attrice , e Paul Fox, attore e sceneggiatore. La madre aveva imposto l’adozione immediata della piccola, in una specie di follia narcisistica che l’accompagnò per tutta la vita. Il padre, bello e inerme di fronte alla moglie, compare a tratti nei ricordi della figlia, una figura fuggevole ma anche affettuosa, non temuta come invece erano le ostili e rare comparse di Elsie. C’era materia a sufficienza per un’autobiografia romanzata o un romanzo autobiografico. Ma verità e memoria non si trovano come
minerali puri negli anfratti della psiche. La Paula di oggi si curva materna sulla bambina abbandonata di allora, in continua trasferta da un rifugio provvisorio all’altro, con la smunta borsa che vaga con lei, il terrore profondo che cementa la sua esistenza, la rassegnazione agli altri e ai luoghi diversi freddamente subiti, da New York a Cuba, al convitto di Montreal, a San Francisco. L’imponenza dell’infanzia dilaga e copre il presente della signora Fox: Quel presente della bambina era “un momento senza fine” di contro al suo presente attuale “che non ha futuro”. Gli affetti e il vuoto di affetti ingannano la narratrice, giocano sulle sue proiezioni; il controllo degli e venti è difficile e ci vuole la fermezza di una lunga esperienza. “Qualche ora richiede un tremendo sforzo di comprensione, le persone sono mutate
dalle circostanze, non dal tempo. Un periodo più lungo mi fa impazzire. È potere! Procede per trenta anni, come in questo caso!
Le prime novanta pagine sono il cuore di questa autobiografia che, come spesso le autobiografie femminili, nasce dalla nostalgia e dalla disperazione di un grande amore scomparso. La Paula bambina e la Paula ottuagenaria raccontano, contaminandosi a vicenda, il primo amore: lo zio Elwood. Quei momenti unici di allora tornano nella scrittura di oggi: la mano di lei nella mano di lui, l’anellino che le regala “sùbito” appena trovato, le dolci abitudini comuni, la premura coniugale che la bambina adotta nei confronti dell’uomo solitario nella casa che è abitata quasi esclusivamente da loro due. “Mi sentivo come la protagonista di una fiaba”. E come in una fiaba la strega compare nella duplice forma della nonna e della madre: L’idillio è spezzato. “Il distacco fu l’amputazione”.
Se la nonna impersona la squallida necessità familiare, priva di eros, l’esotica madre è incombente minaccia, una luna nera, la maledizione dell’odio madre-figlia, misterioso e violento. “D’un tratto mia madre mi lanciò addosso il bicchiere e quello che conteneva. Acqua e pezzi di ghiaccio mi scivolarono sul vestito”: Era la bellezza che quella bambina le rubava? L’amore del padre? L’unicità indispensabile all’implacabile Narciso che la possedeva? La figlia adulta non se lo chiede, ma annota l’effetto che quel rifiuto totale della madre aveva avuto su di lei, ” ..tra le altre conseguenze mia madre non mi sembrava né maschio né femmina, solo una presenza neutra da ingraziarsi, sempre invano”. Un dio, la cui presenza negativa si propaga per contagio. La foto di Paula in copertina, a tre anni, una bambolina sorridente passivamente in posa sul quel prato, fa pensare a una segreta volontà di emulazione, come quando davanti allo specchio provò a truccarsi come la madre. L’emulazione era forse il danno che Elsie temeva di più e che occorreva frenare tagliando con ferocia il cordone ombelicale, rinnegando la continuità del materno, anzi l’essenza del materno stesso.
Dopo una giovinezza di incontri brevi e speziati alla Altman, la giovane Paula partorisce in solitudine una bambinae la dà immediatamente in adozione. Si pente quasi subito, ma è troppo tardi. Dopo la morte di Elsie, quella bambina diventa Linda Carroll, psicoterapista con accesso agli archivi, scrive a Paula e finalmente si incontrano: “Andammo in un hotel dove trascorremmo quattro giorni insieme, sempre in albergo come amanti”. E così, con una storia d’amore appena incominciata si chiude l’autobiografia di Paula.
Da un’intervista sappiamo che anche Linda, risposata più volte, ha avuto una figlia data in affidamento, la ben nota Courtney Love. La ragazzaccia Courtney, ha avuto una bambina, Frances. Non sappiamo se il contagio della maternità negatab continua. “È disturbata, è fantasiosa. Ha qualcosa di mia madre”- chiude nonna Paula.

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