12 Agosto 2015
l'Unità

Anche le femministe sanno cucinare

“Fuochi. La cucina di Estia” raccoglie scritti e ricette: tramandare la sapienza delle madri

di Stefania Scateni

 

Che cosa ci fanno nella cucina del Circolo della rosa di Milano sei donne diverse, che non sono cuoche di professione? Cucinano, ovviamente, ma per chi? Per altre donne e uomini che amano quello che significa: una politica delle relazioni e della soggettività femminile libera. In questo contesto, c’è più gusto a cucinare e, cucinando, a parlare di sé e del mondo. Come mettersi intorno al focolare che scalda e cuoce, in un cerchio che si allarga. Il libro di cui parliamo in questa pagina nasce in nome di Estia, dea greca del focolare e del nutrimento, una dea zingara, felice dell’accoglienza che ogni città le riserva piuttosto che della statica presa di posto alla mensa degli dei dell’Olimpo.

Leggendo Fuochi, che raccoglie scritti e ricette di Ida Farè, Stefania Giannotti, Annamaria Rigoni, Clelia Pallotta, Rossella Bertolazzi e Ottavia Colabella, e curato da Liliana Rampello ci vien da pensare che alla dea, come scrive Stefania Giannotti, «piaccia la politica delle donne e il femminismo della differenza. Dopo aver viaggiato e viaggiato si è poi fermata a Milano, in Via Calvi 29 al Circolo della rosa». È infatti «Estia» il nome della piccola comunità delle cuoche varie che firmano questo libro di non molte pagine ma di grande sapienza non solo culinaria. «Chi leggerà queste pagine, miniera preziosa di ricette, memoirs, sapienza politica in rapporto alla propria esperienza, sapere nel

senso più ampio, ci dice la curatrice – c’è anche un delizioso glossario dei termini usati e indicazioni di lettura delle novità sul tema più interessanti – se non ha già gustato le cene al Circolo della Rosa del collettivo Estia è invitato a farlo al più presto: oltre a rallegrare la mente e lo stomaco potrà prendere parte in prima persona a «un’unica impresa politica e un’impresa politica unica».

Da qualche anno assistamo al boom del cibo e della cucina, decisamente invadenti su tutte le piattaforme televisive; al culmine della mania mangereccia, anche l’editoria ha sfornato libri che hanno scalato le classifiche dei libri più letti in Italia, non solo nella categoria «varia», ma anche in assoluto. E continuiamo ancora oggi a veder spuntare sulle vetrine e gli scaffali delle librerie titoli su titoli. Spesso la reazione è vagamente di disgusto, come se anche su carta il cibo provocasse una indigestione… Ma non è il caso di questo delizioso libro che parla sì di cibo, ma è anche una storia del cibo, delle tradizioni e di sentimenti, cultura, incontri, insomma della Vita con la maiuscola.

Una delle protagoniste, Ida Farè, ci racconta del loro desiderio di dar voce a un «sapere/potere chiuso nel segreto della cucina, fatica oscura e quotidiana che è stata da sempre il sale della Terra e che da che mondo è mondo garantisce la vita dei corpi». La relazione è il filo d’oro che unisce le cuoche in un vincolo tanto importante e riuscito quanto più è leggero, ed è la medesima relazione che lega, con chi è in cucina e con il luogo che li ospita, le donne e gli uomini che vanno a gustare. Un cibo che non nasce solo dai testi dei grandi autori che hanno fatto la storia della cucina, quali ad esempio Pellegrino Artusi e Ippolito Cavalcanti, con attenzione poi ai grandi innovatori stellati fino ai giorni nostri, ma da

un sapere esperienziale e relazionale, che inizia con una bambina che, magari in piedi su una panchetta, guarda sua madre o la nonna o un’altra donna, impegnata ai fornelli.

Cucina di relazione e di memoria, quindi, se per memoria intendiamo anche il tramandare il buon cibo alle nuove generazioni che rischiano di non trovarlo più sulle tavole e nei luoghi di ristorazione di un mondo sempre più globalizzato. Cucina come attività manuale e di pensiero che diventa arte, passione, fissazione.

«Fare autorevole e servizievole insieme senza riprodurre il rapporto servo-padrone, conclude Clelia Pallotta. A questo punto, però, non vogliamo lasciarvi a bocca asciutta!

Per voi, la ricetta della pastella per fritture: un uovo, 100 grammi di farina, un cucchiaio di olio,un cucchiaio di acquavite, un po’ di sale, acqua q.b. Spegnete la farina con l’acqua e gli altri ingredienti lasciando da parte l’albume dell’uovo, ma non fatene una pasta troppo molle. Lavoratela bene con un cucchiaio di legno e lasciatela riposare per diverse ore. Al momento dell’uso incorporate la chiara d’uovo montata a neve. Anche se i cuochi del giorno d’oggi dicono che non è necessario, la chiara montata a neve va sempre accorpata con delicatezza usando il cucchiaio di legno che girate

dall’alto in basso e non va mescolata in orizzontale come fosse una polenta.

 

(l’Unità, 12 agosto 2015)

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