18 Febbraio 2014
il manifesto

Il tramonto dell’umano

di Alessandra Pigliaru

 

Filosofia. L’ultimo libro di Rosi Braidotti, «Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte», arriva in Italia tradotto da Derive e Approdi. Una riflessione profonda sul presente che muta, cancellando ogni rigurgito di umanesimo

«Una teo­ria della sog­get­ti­vità che sia al con­tempo mate­ria­li­sta e rela­zio­nale, natural-culturale e capace di autor­ga­niz­za­zione è cru­ciale al fine di ela­bo­rare stru­menti cri­tici adatti alla com­ples­sità e alle con­trad­di­zioni del nostro tempo». Dichia­ra­zione filo­so­fica e poli­tica che va presa seria­mente, se a farla è una pen­sa­trice tra le più ori­gi­nali e bril­lanti della con­tem­po­ra­neità: Rosi Brai­dotti. Non fosse altro che quell’esigenza intorno alla sog­get­ti­vità signi­fica riba­dire la cifra che da anni accom­pa­gna tutti i suoi scritti. Con le rifles­sioni intorno al noma­di­smo, Brai­dotti ci ha infatti sug­ge­rito più volte l’articolazione di un sog­getto capace di tenere testa al con­si­stente e mul­ti­forme sce­na­rio che ci cir­conda. Ha saputo così resti­tuire la scom­messa di un dive­nire con cui dover fare i conti, insieme a una serie di inter­con­nes­sioni da illu­mi­nare, spesso frante da forze che ecce­dono in nume­rose direzioni.

Nel suo nuovo volume, The Posthu­man (Polity Press, 2013), pro­se­gue il suo pro­getto di inter­ro­ga­zione sfron­dando alcuni malin­tesi attorno appunto alla con­di­zione postu­mana. Ci è dun­que pre­ziosa la recen­tis­sima tra­du­zione ita­liana a cura di Angela Bal­zano, per­ché Il postu­mano. La vita oltre l’individuo, oltre la spe­cie, oltre la morte (Derive Approdi, pp. 220, euro 17,00) risulta un con­tri­buto forte per con­fron­tarsi con il pre­sente. Ci si chia­rirà meglio cosa si intende per postu­mano e si capirà che non si tratta di qual­cosa mera­mente rele­gato alla lunga sequela di post, bensì a quell’oltre che rie­cheg­gia già nel sottotitolo.

Il postu­mano di cui intende occu­parsi Brai­dotti non può che essere cri­tico, lon­tano dal disfat­ti­smo rela­ti­vi­sta e nichi­li­sta ma anche dalla fede per­ni­ciosa verso l’individualismo. Nella costel­la­zione genea­lo­gica della filo­sofa, con­ti­nuano ad avere un posto pre­di­letto la poli­tica fem­mi­ni­sta della col­lo­ca­zione, il dibat­tito sull’Europa e dun­que sulla cit­ta­di­nanza fles­si­bile, le posi­zioni post­co­lo­niali e ovvia­mente i rife­ri­menti a Fou­cault, Iri­ga­ray e Deleuze. Ciò detto, nelle car­to­gra­fie pro­po­ste, l’assunto da cui si parte è una mate­ria dotata di intel­li­genza, tra­dotta in un moni­smo che sistemi la dif­fe­renza al di là dell’opposizione dialettica.

La rifles­sione è chia­rita dalle prime pagine: la con­di­zione postu­mana, carica spesso di posi­zioni dif­fi­cili da con­ci­liare, deve anzi­tutto tener conto del tra­monto dell’umanesimo clas­si­ca­mente inteso al fine di discu­tere di una sog­get­ti­vità edi­fi­cata sul mate­ria­li­smo vita­li­sta, di chiara ere­dità spi­no­zi­sta, anche cono­sciuto come imma­nenza radi­cale o, come verrà pre­ci­sato in seguito, rea­li­smo della mate­ria. Si capi­sce bene come il taglio del postu­mano indi­chi anche un altro con­gedo: quello dall’antropocentrismo.

Tutto ciò attiene in qual­che modo al tratto noma­dico? Certo che sì. Il sog­getto postu­mano di cui parla Brai­dotti non può che essere già nomade. E non uni­ta­rio, rela­zio­nale, deter­mi­nato nella e dalla mol­te­pli­cità, respon­sa­bile e radi­cato. A que­sta altezza, la filo­sofa si con­fronta con alcuni aspetti spe­ci­fici di un pre­sente che muta repen­ti­na­mente: dalla bio­ge­ne­tica alla necro­po­li­tica finan­zia­ria e a una certa tana­to­lo­gia dell’avanzamento capi­ta­li­stico, fino alla media­zione tec­no­lo­gica e infor­ma­tica a volte sfre­nate. Sono molte le ecce­denze che il postu­mano fa emer­gere e che vanno dap­prima sco­perte e poi inda­gate. Colme di oriz­zonti da esplo­rare, non rac­con­tano però solo dello sfa­scio che ci distin­gue ma della pos­si­bi­lità di situarci affer­ma­ti­va­mente attra­verso una teo­ria cri­tica e crea­tiva, al tempo stesso capace di smar­carsi da approcci par­ziali; da quello reat­tivo che con­cerne la filo­so­fia morale (Nus­sbaum) al più ana­li­tico che arriva dai science and tech­no­lo­gies stu­dies (Frank­lin, Lury e Sta­cey, ma anche Rose e Verbeek).

Brai­dotti sta invece dalla parte di una teo­ria che declini l’alfabeto della radi­ca­lità anti­u­ma­ni­sta, e che non pati­sca per la fine dell’Uomo come canone vitru­viano di per­fe­zione, o costrutto sociale uni­ver­sa­li­sta, vio­lento e nello spe­ci­fico euro­cen­trico. Per­ché è pro­prio in quel sol­lievo che alberga la spe­ranza di non abban­do­narsi alla deriva di qual­che cosa che sì, dovrebbe pro­prio atter­rirci: il disu­mano e le sue aber­ra­zioni. Gli esempi offerti dalla filo­sofa sono molti ma citiamo per esem­pio la repli­ca­zione e appro­pria­zione della morte, le tor­ture mani­po­la­to­rie e i can­ni­ba­li­smi inferti ai viventi – umani e non. Tanto per trac­ciare una prima mappa di orien­ta­zione. «Il sapere postu­mano – e i sog­getti che ne sono por­ta­tori» sot­to­li­nea «sono carat­te­riz­zati da una aspi­ra­zione di fondo verso i prin­cipi che ten­gono unita la comu­nità, e ten­tano per­tanto di evi­tare le trap­pole della nostal­gia con­ser­va­trice e dell’euforia neoliberale».

In que­sto senso, la con­di­zione postu­mana è intra­vi­sta come un’occasione per tro­vare nuovi schemi di sapere e risorse di auto­rap­pre­sen­ta­zione diversi da quelli cor­renti. Fino al ripen­sa­mento delle stesse scienze umane, pros­sime all’estinzione se non saranno capaci di seguire un pro­cesso sostan­ziale di tra­sfor­ma­zione che il pre­sente chiede con il salto in una più effi­cace mul­ti­ver­sità. Nel com­plesso pro­cesso di meta­mor­fosi, Brai­dotti invita così ad attrez­zarci di stru­menti ade­guati, dopo aver appreso che l’approssimarsi del sog­getto alla zoe non può che essere postan­tro­po­cen­trico. Dun­que incar­nare un corpo di donna cor­ri­sponde ancora ad avver­tirsi «gene­ra­trice del futuro»? In que­sto solco, lei stessa con­ferma: «Il dive­nire postu­mano si rivolge alla mia coscienza fem­mi­ni­sta, per­ché il mio sesso, sto­ri­ca­mente par­lando, non ha mai del tutto preso parte all’umanità, ecco per­ché la mia fedeltà a tale cate­go­ria resta nego­zia­bile e mai data per scontata».

Certo, la dispo­ni­bi­lità e la scelta di que­sto sce­na­rio andreb­bero inter­ro­gate ancora. O forse si potrebbe con­clu­dere che in fondo, essendo «il risul­tato dei nostri sforzi con­giunti e dell’immaginario col­let­tivo, è sem­pli­ce­mente il migliore dei mondi postu­mani possibili».

 

(il manifesto, 18.2.2014)

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