21 Gennaio 2007

“Israele e la Shoah, La nazione e il culto della tragedia” di Idith Zartal

Renata Sarfati

L’autrice, studiosa di storia contemporanea e molto apprezzata in Israele, insegna all’Università ebraica di Gerusalemme. Questo libro intenso e appassionato è fondamentale per comprendere la società israeliana di oggi. Attraverso l’analisi del dibattito politico del paese negli ultimi quarant’anni, dimostra come le catastrofi della storia ebraica siano state trasformate in eroismo, vittoria e redenzione, creando in qualche modo un’ossessione per la morte e il martirio.
Con la morte negli anni 20 di Trumpeldor, primo eroe della comunità ebraica in Palestina, evento che servì da modello alla rivolta del ghetto di Varsavia nel 1943, ebbe inizio la costruzione dell’ideologia dell’ “ebreo nuovo”, che doveva morire per difendere la patria, in contrapposizione alle masse ebree della diaspora, pronte a morire come agnelli.Quando, negli anni Quaranta, la comunità di immigrati in Palestina dovette confrontarsi con la Shoah, fu esaltato il coraggio dei pochi che osarono ribellarsi ai nazisti perché lo stato aveva bisogno di eroi e non di vittime, escludendo i veri portatori di quella memoria, i sopravvissuti.
Col processo Eichman il paese si trovò per la prima volta a doversi confrontare con l’enormità di quanto accadde agli ebrei d’Europa. Questo processo sollevò un immenso dibattito critico, laico, avviato soprattutto da Hannah Arendt, sul comportamento delle persone, sia vittime sia persecutori, in situazioni estreme. Il dibattito, che si diffuse non solo in Israele ma in tutta Europa, è ampiamente trattato dell’autrice che considera questo libro dedicato in larga misura alla Arendt. Il paese elaborò questo trauma con la costruzione del ricordo e della dimenticanza della Shoah basata sull’organizzazione di una memoria didascalica fatta di rituali. Zertal esamina poi l’evolversi di questo discorso dal punto di vista della costruzione della potenza militare d’Israele e della giustificazione dell’occupazione israeliana di un territorio occupato da un altro popolo.
“Come in passato, gli avvenimenti dell’oggi sembrano mostrare che il processo di sacralizzazione della Shoah … ha trasformato un rifugio, un focolare, in una patria in un tempio e in un altare perpetuo”, conclude Zertal nella sua introduzione.

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