14 Aprile 2020
Uomini in cammino

La fine del dominio maschile di Marcel Gauchet

Recensione di Doranna Lupi


Marcel Gauchet, importante filosofo francese, nel suo libro La fine del dominio maschile riesce a mettere a fuoco, con chiarezza e lucidità, alcuni nodi cruciali di una realtà che sta cambiando velocemente, di un passaggio di civiltà a cui tutte e tutti stiamo assistendo più o meno consapevolmente. Come già anticipava nel 1996 il Sottosopra Rosso della Libreria delle donne di Milano, il patriarcato è finito ed è una cosa talmente grande che, per essere vista, domanda l’impegno di una presa di coscienza. Più di vent’anni dopo Gauchet, osservando questo processo in atto, sostiene che ciò a cui stiamo assistendo è talmente enorme da suscitare incredulità, ma l’apparente indifferenza che provoca nasconde un sollievo generale, perché il dominio maschile rappresentava una costrizione per tutti: donne e uomini. Si trattava di un assetto sociale plurimillenario profondamente radicato e ora, con il suo crollo, abbiamo la straordinaria opportunità di esplorare, penetrare e comprendere le ragioni di fondo che lo hanno determinato.

Dove, nella notte dei tempi, è prevalso il dominio maschile gli uomini si sono dotati di dispositivi le cui chiavi di volta erano il potere dello spirito e il potere della forza, ossia la religione e la guerra. Alle donne, quindi, il dono della vita, la cui appropriazione sociale da parte maschile era all’origine della subordinazione femminile; agli uomini la vittoria sulla morte attraverso la guida religiosa e politica della società, dettando leggi, ispirando codici e guidando le condotte. Un sistema di ruoli in cui era l’anatomia a segnare i destini e a regolare la convivenza. La cellula base era la famiglia, depositaria delle virtù di autorità e obbedienza, che consentivano di mantenere o ricostruire un ordine sociale fondato sulla tradizione.

La modernità occidentale ha rielaborato le figure tradizionali del maschile soprattutto a partire dal XVIII secolo attraverso la dimensione del “pubblico”. Si diffonde così lo spirito della cosa pubblica e dell’interesse generale dei cittadini, liberi individui di diritto. Tutto l’insieme dei rapporti sociali viene rimodellato su di una tacita dissociazione tra ciò che riguarda tutti e ciò che riguarda soltanto se stessi, tra il pubblico e il privato, separando la sfera sociale politica ed economica dalla sfera domestica. L’autorità del padre, che comandava un gruppo, una stirpe, un clan, si restringe così al nucleo familiare. In questa prima fase, pur assumendo teoricamente l’uguaglianza degli esseri umani e attribuendo alle donne una individualità giuridica, nella pratica è stato negato loro l’accesso all’universo sociale pubblico, monopolizzato dagli uomini, confinandole nel privato domestico.

Negli anni Settanta del Novecento una svolta globale ha dissolto ciò che ancora era rimasto del vecchio ordine. Un vero e proprio terremoto antropologico, che ha cambiato completamente le condizioni della riproduzione biologica e della riproduzione culturale, imponendo, molto velocemente, un cambiamento di norme e valori. L’ordine delle priorità si è rovesciato: la famiglia è stata affidata alla libera disponibilità dei suoi membri, perdendo la sua portata collettiva. Nel nuovo ordine esistono solo più individui di diritto che dispongono liberamente della propria sessualità e della facoltà di riprodursi. Diventare genitori non è più un atto che coinvolge l’intera società, bensì una scelta che riguarda solo i genitori, comportando anche problemi di natalità, poiché il figlio del desiderio è più raro di quello del caso. Uno degli indizi più chiari di questa rottura è stato proprio il rapido liquefarsi della figura del padre La deistituzionalizzazione della famiglia ha svuotato di senso la figura paterna. Non è più necessario che il padre sia un capo e che il capo sia un padre. L’autorità si è depatriarcalizzata e il dominio maschile ha perso il suo più solido punto di appoggio.

Secondo l’autore, però, il colpo di grazia non è arrivato dall’importantissima e necessaria lotta per l’uguaglianza delle donne, bensì dalla presa in carico, da parte del politico, del lavoro simbolico istituente della società stessa. Nell’ordine precedente la religione e la politica ponevano la differenza dei sessi nel cuore dell’essere-in-società e della sua perpetuazione. Ora, nel nuovo simbolico, esistono solo individui di diritto, imparzialmente e oggettivamente uguali e neutri. La società degli individui vive tuttavia una profonda dissociazione tra ciò che i suoi membri devono condividere in quanto uguali, con identici diritti, e ciò che riguarda solo loro, in virtù della loro libertà di singoli, del loro sentire soggettivo secondo l’emozione, l’empatia per la specificità di ognuno, la promozione dell’individualità privata. La differenza non è più tra i sessi, ma negli individui stessi. Non si sceglie il proprio sesso, ma si ha la libertà di scegliere in che rapporto stare con questa dimensione del proprio essere. Per questo, sostiene Gauchet, non ha senso pretendere un superamento statutario della parzialità sessuata tanto quanto non ne ha cristallizzarsi in essa. Con ogni evidenza, comunque, l’emancipazione femminile è stata il cuore dell’avvento di una società degli individui, la sua massima espressione, e la detronizzazione pacifica del maschio ha portato anche a un’emancipazione maschile, poiché il dominio e i privilegi avevano un prezzo molto alto. I vincoli della virilità e gli obblighi che accompagnavano il monopolio dell’esistenza pubblica erano pesanti.

Tanto che la gran parte degli interessati ha accolto la fine del proprio regno senza troppo dispiacere: mai dei dominanti si sono accomodati con tanta facilità all’abbandono delle loro prerogative. La verità è che questa fine ha rappresentato la liberazione da un fardello anche per loro, e infatti rarissime sono le nostalgie per l’antico regime. Questa rivoluzione ha di bello che anche i presunti perdenti ci hanno guadagnato (p. 49).

Senza dubbio la fine del dominio maschile ha sconvolto le relazioni tra i sessi e siamo ancora lontani dal raggiungimento di un nuovo equilibrio. Ora che procreare e creare una famiglia non rispondono più a imperativi sociali e a precisi codici di comportamento, gli appartenenti ai due sessi possono manifestare attitudini e prospettive esistenziali potenzialmente divergenti. Infatti è sempre più evidente una discordanza dei desideri tra uomini e donne. Nell’universo maschile l’autore mette in evidenza la disaffezione scolastica riscontrata nei giovani uomini e una controcultura dell’immaturità, conseguenze naturali della perdita nella società di responsabilità paterna. Un altro dei segni distintivi è la pornografia, che evidenzia un rapporto con la sessualità per nulla interessato alle reali aspettative femminili, nel segno della dissociazione e del rifiuto di qualsiasi legame con la procreazione. Nella maggior parte dei casi, infatti, le donne non si riconoscono in questa strumentalizzazione erotica. Uno dei principali motivi di separazione delle coppie resta però la discordanza dei desideri rispetto alla procreazione. Mentre un numero significativo di uomini vivono la paternità con un senso di rifiuto o di rassegnazione, la gran parte delle donne aspira a conciliare maternità desiderata e vita professionale. Inoltre, a fronte del rifiuto maschile, molte donne decidono di fare famiglia a prescindere dal padre.

Oggi, con ogni evidenza, esiste e coesiste di tutto, e le situazioni descritte da Gauchet sono accompagnate da controtendenze molto significative. Accanto al rifiuto di una funzione paterna senza più un contenuto preciso emerge, infatti, lo sforzo di reinventare la paternità elaborando nuovi significati, dotandola di un’identità adatta alle circostanze. All’opposto della discordanza e dell’incomprensione tra i sessi è all’opera la ricerca di una rinnovata alleanza tra uomini e donne: Il disamore reiterato si accompagna a eroiche esplorazioni amorose che spingono gli esseri ad affrontare insieme una verità su se stessi che le convenzioni avevano sempre imposto di tenere nascosta (p. 58).

In questa diversità di linee di condotta però giocano molti fattori: il diverso livello di educazione, gli strumenti e l’inventiva che abbiamo a disposizione per giocarci come individui, per affrontare la complessità delle scelte e la vastità delle loro conseguenze. Purtroppo la libertà che abbiamo guadagnato si accompagna ad una disuguaglianza nascosta ma vertiginosa di mezzi e questo è un fattore che pesa e peserà molto per quanto riguarda gli esiti di questa trasformazione.

Per concludere, il filosofo francese entra nel merito delle ripercussioni simboliche provocate dalla rivoluzione tranquilla dell’uguaglianza,che ha sconvolto la figura dell’autorità paterna. Il principio di uguaglianza comporta un resto irriducibile: se le donne possono fare tutto quello che fanno gli uomini, non è la stessa cosa per gli uomini, che non possono procreare. Le donne hanno acquisito con l’uguaglianza lo status di individue di diritto e attrici sociali, in più mantengono la differenza costitutiva del potere di partorire. Il ruolo materno diventa così la figura della responsabilità per eccellenza, di esemplarità e quindi di autorità che guida senza imporsi. Non un dominio femminile né un regime matriarcale, bensì, una volta garantita l’uguaglianza tra i sessi, la nuova autorità materna ispira il modo in cui l’uguaglianza verrà applicata, lo stile dell’azione pubblica, la trama di relazioni che si stabiliranno. Alla freddezza astratta e all’impersonalità istituzionale predisposte dalla società degli individui di diritto, i valori materni aggiungono l’attenzione alla singolarità, l’empatia e la fermezza benevola per accompagnare gli individui verso il loro bene. Definiscono così il modello della buona autorità aperto a tutti, poiché anche gli uomini possono farvi riferimento, contrariamente al modello di autorità paterna che restava esclusiva maschile. Tutta la catena educativa, inoltre, è interessata a questa metamorfosi del modello di autorità, toccando l’insieme dei rapporti sociali. Ma, mette in guardia Gauchet, la promozione del modello materno di autorità non ha ancora riempito il vuoto creato dal superamento del vecchio ordine. Siamo a cavallo di un cambio di civiltà e il lavoro di simbolizzazione è in pieno svolgimento, viviamo un vuoto e un’assenza che ci inquietano.

A questo punto io credo sia fondamentale lavorare il più possibile per ridurre la disuguaglianza nascosta e vertiginosa e consentire a ogni uomo e a ogni donna di avere i mezzi necessari per affrontare, nel qui e ora della propria esistenza, il passaggio epocale e collettivo nel quale siamo lanciati. Se possibile contribuendo, in prima persona, con una propria competenza simbolica.


Marcel Gauchet, La fine del dominio maschile, ed. VP Vita e Pensiero, Milano 2019.


(Uomini in cammino, n. 1, 2020)

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