22 Ottobre 2009
la Repubblica

Le piccole donne di Lombroso

Natalia Aspesi

Con il massimo tempismo, Cesare Lombroso torna tra noi: la nuova casa editrice, “et al.”, ripubblica il suo celebre e funereo La donna delinquente, la prostituta e la donna normale, scritto assieme al giovane Guglielmo Ferrero (assatanato disprezzatore delle donne, che poi divenne suo genero sposando la figlia Gina), testo fondamentale e monumentale (640 pagine, euro 32) della misoginia positivista, uscito per la prima volta e con gran successo internazionale nel 1893 dall´editore torinese Roux. Sarebbe esagerato dire, data la quantità di bizzarrie, e offese e deliri che accumula occupandosi delle donne, che pare scritto oggi, ma insomma… Oggi, il tempo delle volgarità verso le donne non asservite, delle escort invitate in politica, delle minorenni in carriera orizzontale, dell´esposizione mediatica dei corpi femminili, del favore erotico dei potenti verso le donne destinate al loro servizio, della sudditanza adorante di molte al maschio-padrone, del consolidarsi di un muro maschile che non sa più indignarsi e reagire al dileggio, alle provocazioni, al disprezzo verso le donne: come se la maschera civile e democratica stesse cadendo e finalmente si potesse tornare a quel convulso e arcigno ordine patriarcale che tra fine Ottocento e primi del Novecento riuscì, con gran sollievo maschile a sancire scientificamente e quindi inappellabilmente, (allora) l´inferiorità delle donne.
Questa nuova e integrale edizione italiana è arricchita dalla dottissima prefazione della storica Mary Gibson e della criminologa Nicole Hahn Rafter tradotta dal testo pubblicato dalla Duke University Press. Rallegra subito qualche simpatica contumelia verso le donne che, non essendo apertamente criminali e nemmeno prostitute (in questo caso doppiamente criminali, tenendo conto anche che l´adultera è una specie di prostituta), vengono definite “normali”. Anche in questo caso però, la donna che si immagina sposa e madre esemplare «ha molti caratteri che l´avvicinano al selvaggio, al fanciullo, e quindi al criminale: irosità, vendetta, gelosia, vanità». La sua atavica perversità anche se inavvertibile, si accentua in certi periodi: «Durante le mestruazioni nulla è più frequente che la menzogna, unita con la cattiveria e l´astuzia, le sleali maldicenze, le delazioni calunniose, le trame perfide, l´invenzione di favole (citato da Icard)».
Quanto all´aspetto tendente alla degenerazione anche nella donna onesta, «sopra 560 donne in un pubblico passeggio, io ne rinvenni: 37 con nei e barba, 34 con mandibole voluminose, 9 con il tipo completo degenerativo». E così per un terzo dell´elefantiaco studio, più tutto il resto dedicato alle criminali e alle prostitute-nate o occasionali, con una mole immensa di citazioni, parametri, scoperte, riferimenti antropometrici, vaneggiamenti. Prima di tutto basta guardarle e misurarle, questa mascalzone, del resto come i maschi nella sua precedente opera L´uomo delinquente (1876): per esempio il pelo. «In 234 prostitute trovammo la distribuzione virile del pelo nel 15%, mentre nel normale era il 6% e nelle criminali il 5%. Viceversa la peluria che va al 6% nelle prostitute russe e nel 2% nelle omicide, manca nelle oneste e nelle ladre».
Cesare Lombroso, medico, psichiatra, antropologo, criminologo, cosmopolita e colto, nato a Verona da famiglia ebrea nel 1835, era cresciuto nel fervore del Risorgimento, da giovane si era arruolato volontario nella seconda guerra d´Indipendenza, in opposizione alla chiesa cattolica era un fervente sostenitore dell´evoluzionismo darwiniano, si era battuto per alleviare la spaventosa miseria del proletariato meridionale, aveva aderito al socialismo. Mentre stava scrivendo La donna delinquente, quasi tutte le sera, a Torino, Lombroso e la famiglia cenavano con la rivoluzionaria e femminista russa Anna Kuliscioff. Era quindi un progressista sincero, purché il progresso non si applicasse alle donne, arrivando anche a sostenere la tesi che, se la criminalità femminile è molto meno diffusa di quella maschile, dipende dal fatto che le donne sono più deboli e stupide degli uomini. La donna criminale ebbe un immediato successo anche all´estero. Proprio in quegli anni la violenza misogina si era fatta impressionante e praticamente tutte le forme della scienza, compresa la nuova sessuologia, parevano impegnate a stabilire l´inferiorità e la pericolosità delle donne, che avevano cominciato a reclamare diritti, istruzione, voto, parità giuridica, lavoro. I testi in questo senso sono montagne: e non sono pochi gli studiosi ad arrivare a conclusioni queste sì criminali, come Paul Adam che in un articolo pubblicato nel 1895 sulla Revue Blanche scrive che l´erotismo della donna è già evidente nel comportamento della bambina. Infatti le bambine tra gli 8 e i 13 anni «provano un perverso piacere mentre per pochi centesimi guardano uomini di mezza età che mostrano le loro nudità».
La paura da parte di Lombroso e dei tanti maschi col potere di far passare per scienza i loro incubi socio-sessuali, si stava spostando dalla prostituta nata, creatura aberrante e criminale, alle donne che smettevano di essere “normali” per sovvertire ogni ordine civile con le rivendicazioni femministe. Può sembrare strano che nei decenni successivi L´uomo delinquente dopo essere stato contestato e sbeffeggiato, scomparve quasi del tutto, mentre La donna delinquente continuò ad essere apprezzato e diffuso nelle università. Il fascismo se ne servì, con i suoi nuovi scienziati, per ribadire l´inferiorità della donna, il suo ruolo esclusivamente familiare e per escluderla dalla vita pubblica e dal lavoro fuori casa. Dagli anni ‘70 le studiose femministe della criminalità femminile, scelsero di ignorare Lombroso, se non per l´uso che ancora dominava nelle aule di giustizia, tra periti, avvocati e giudici. E oggi? Ci resta a conforto la fisiognomica: guardare in televisione certe facce, certi zigomi, certe calvizie, certi lobi dell´orecchio, certi deformazioni craniche, fa venire i brividi, ma può servire a metterci in guardia.

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