7 Aprile 2018
Il Foglio

L’indicibile fortuna di nascere donna

di Annalena Benini

Che sollievo rileggere Luisa Muraro tutte le volte che prende una rabbia o anche solo una confusione

Degli uomini piace il loro andare a caccia di grandezza e inventarsi imprese e avventure, ma fa paura quello che poi troppo spesso si lasciano dietro, come rotoli di filo spinato, lattine, carcasse, odi, confini tracciati a caso… E non piace niente quando si rincorrono in un pulviscolo di titoli, cariche, carriere, promozioni; vedere fra loro delle donne è imbarazzante. Il privilegio di essere donna dà una grandezza d’altro tipo, che viene incontro fra le cose ordinarie della vita e arriva fino alle più straordinarie.

Questo libro è uscito parecchi anni fa, ma tutte le volte che mi prende una rabbia, o anche solo una confusione, io sento il sollievo di rileggerlo. Luisa Muraro è un filosofa, socia fondatrice della Libreria delle Donne di Milano, e le sue parole danno forma ai pensieri confusi, danno pace quando si sente venire vicina la guerra, per il potere, per la rivalsa, per l’affermazione di un’uguaglianza fra uomini e donne che però non deve mai cancellare la differenza fra uomini e donne. La differenza è importante, importantissima: noi siamo diverse dagli uomini, e non significa che gli uomini siano nemici. Non significa nemmeno che gli uomini non siano grandi, o non possano diventare grandi, ma nelle donne, scrive Luisa Muraro, «la grandezza c’era da prima, era sua da prima, non appariscente, come un’avventura segreta, come un abito di tutti i giorni ma disegnato da Valentino».

Partendo da questo presupposto, un privilegio di nascita, una potenza nascosta, è tutto più semplice, e si può usare creativamente, pacificamente, l’energia che deriva dalla differenza, e capire, come giovanissima ha capito Simone Weil, prima di arrivare a sentire la giustizia «è necessario avere sentito fino a che punto essa non esiste». Giustizia di comportamento, giustizia di trattamento, giustizia di un’esistenza giusta. «Quando c’entra la differenza sessuale (e in questo senso dico: fra donne e uomini come anche fra donna e donna), si gioca una partita che oltrepassa le misure della giustizia, con effetti di tensione e conflitti che finora sono stati malamente capiti e peggio ancora risolti». Essere donne è una fortuna per l’umanità, ma non è facile per noi, non è semplice, e si rischia di fare ingiustizia nel nome della giustizia, o di cedere al rancore, anche perché l’idea di un’eccellenza femminile non chiude la partita, non basta, anzi la riapre. Però ecco, c’è, «nelle donne per sé stesse, che siano madri o no, qualcosa che eccede il confronto con gli uomini, qualcosa di incomparabile. Un teologo, Pierangelo Sequeri, commentando la creazione di Eva nell’arte cristiana, lo ha espresso bene con parole sue: la donna e Dio hanno un segreto di cui Adamo (raffigurato dormiente) non verrà mai a capo».

Le donne dovrebbero dirselo più spesso, gli uomini dovrebbero riconoscerlo in un modo più esplicito, anche per liberarsi dal narcisismo. Ma è difficile, e succede quasi solo segretamente, però Luisa Muraro consiglia una mossa benefica, quando tutto diventa insopportabile e finto, la mossa dello schivare: «Si tratta di uscire di colpo, con un salto di essere, dalla traiettoria del sempre più potere che ti si para davanti o ti prende di mira da dietro, dove i predatori saranno prede. E darsi invece a vivere nel mondo reale con il semplice potere che è un poter essere e un far essere, e con le capacità ricevute insieme alla vita di godere, soffrire, desiderare e, in caso, amare». Non significa non desiderare tutto, non avere tutto. Significa stare sul crinale, vivere come il surfista, sulla cresta dell’onda, e del surfista avere l’umore felice.

(Il Foglio, 7 aprile 2018)

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