14 Febbraio 2020
Il Quotidiano del Sud

Louisa May Alcott, l’autrice di Piccole donne

di Franca Fortunato


Il bellissimo film Piccole donne della regista americana Greta Gerwig, che ha riscosso un clamoroso successo di pubblico, anche nella nostra città, e di critica, è stato girato a Concord, Massachusetts, nella casa-museo in cui la sua autrice, Louisa May Alcott lo scrisse più di 150 anni fa. La regista ha riunito in uno i due libri Piccole donne e Piccole donne crescono, così come vengono pubblicati in America sin dal 1880. L’autrice pubblicò il primo volume nel 1868 e il secondo nel 1869 a cui seguirono Piccoli uomini e I ragazzi di Jo, ultimo suo romanzo. In Italia i due libri, tradotti nel 1930 e 1940, sono sempre stati pubblicati separatamente.

Louisa – come scrive la sua biografa Martha Saxton in Louisa May Alcott. Una biografia di gruppo (Jo March ed. 2019) – aveva 35 anni quando, nella primavera del 1860, cominciò a scrivere Piccole donne. Era una donna alta, dalle spalle forti, con gli occhi scuri e i capelli neri. Lei era riluttante a scrivere il libro che l’avrebbe resa famosa e ricca. Fu spinta dal padre e dall’editore che le richiese un “libro per ragazze”. Non stimava questo tipo di letteratura, ma avrebbe scritto qualsiasi cosa – come aveva fatto fino ad allora, incoraggiata dalla madre, Abby, pubblicando poesie, racconti, favole sotto lo pseudonimo A.B. Barnad – pur di fare soldi per aiutare la madre, caricata di tutte le responsabilità familiari da un marito, Bronson, irresponsabile. «Non mi sono mai piaciute le ragazze né ne ho mai conosciute molte, a eccezione delle mie sorelle», rispose all’editore. Invece di cercare in un mondo immaginario, si mise giorno dopo giorno a ripercorrere e rielaborare, in forme e immagini ideali, l’infanzia e l’adolescenza sua e delle sorelle – Anna, Elizabeth, May – cresciute in assoluta povertà, accanto alla madre. Per anni coltivò il sogno di dare a sua madre sicurezza economica e serenità, «cosa più importante di ogni successo personale», e fu felice quando poté realizzarlo.

A trentacinque anni Louisa era una donna stanca e malata. Era uscita da una malattia che per poco non le era costata la vita; aveva visto sua sorella Elizabeth (Lizzie) morire, Anna stava per maritarsi e la sua breve esperienza della guerra civile, come infermiera in un ospedale, era stata drammatica e da allora non era stata più bene. Aderì alla causa dell’antischiavismo e fu una suffragista, come la madre. Louisa avrebbe voluto che Jo, come lei, non si sposasse, perché «una donna non è la metà di nessuno, ma un essere umano completo, che sa reggersi sulle proprie gambe» e perché «la libertà è un marito migliore dell’amore, per molte di noi», ma cedette alle richieste delle lettrici e del suo editore. La popolarità di Piccole donne la colse di sorpresa. Si era annoiata a scriverlo, cosa che, invece, non aveva provato scrivendo il suo primo romanzo Mutevoli umori, da cui restò delusa. Scoprì di detestare la notorietà e, prevedendo sue biografie, censurò tutte le sue lettere e i diari, distruggendo tutto ciò che le pareva inaccettabile. Louise era orgogliosa di sé, della sua autonomia e scrisse sempre, nonostante la cattiva salute, il dolore per la sorella Anna, rimasta vedova con due figli, per la morte della madre e dell’amata sorella May, promettente pittrice, morta dopo il parto affidandole la piccola Lulu. Pensando al suo senso del dovere «che mi tiene incatenata alla galea», scrisse: «Il mio desiderio più grande è sempre stato la libertà, ma non l’ho mai avuta». Morì da sola, senza nessun familiare accanto, il 6 marzo 1888, due giorni dopo del padre. La sorella Anna morirà nel 1893.


(Il Quotidiano del Sud, 14 febbraio 2020)

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