27 Marzo 2016
Corriere di Verona

Margherita musa inquieta da Mussolini alla nuova arte

di Cesare De Michelis

Rachele Ferrario Ricostruisce la figura della Sarfatti, autrice di «Dux» Veneziana, la sua vita fu un’avventura nel segno dell’ideologia antiborghese, tra femminismo e utopia. Dopo le legge razziali fu costretta a lasciare l’Italia

Della stagione primonove centesca Margherita Sarfatti fu inquieta protagonista, attraversandone senza esitazioni, anzi con appassionata spregiudicatezza, le più contraddittorie tensioni, sempre in prima linea, spesso guidando agitati drappelli di seguaci o sodali che confondevano e mescolavano le idee e i valori che erano in circolo senza sapere davvero dove volevano andare. Margherita era nata a Venezia in una fanfiglia ebrea benestante – i Grassini – 1’8 aprile 1880, cosicché aveva giusto vent’anni allo scoccare del secolo nuovo, che aveva atteso preparandosi in casa sotto la guida di disordinati maestri, i quali erano vivaci testimoni del proprio tempo piuttosto che attrezzati educatori: i1 suo ‘800, dunque, finiva incrociando Fogazzaro, Marconi o D’Annunzio e Molmenti, Fradeletto, e il suo Cesare Sarfatti, che con Elia Musatti animava i circoli socialisti veneziani e la sposò ancora ragazza nel ‘98.

La giovane donna non voleva certo vivere all’ombra del marito allevando bambini, che pur ebbe presto: in viaggio di nozze andò alla ricerca della Parigi rivoluzionaria e d’avanguardia, appassionandosi ai pittori nuovi, come Cézanne o Toulouse Lautrec, e facendo suoi i costumi di una belle epoque ancora splendente. Al ritorno aveva deciso di diventare scrittrice e critica d’arte, come subito cominciò a fare sin dalla IV Biennale del 1901 con una serie di ben dieci articoli sul socialista Secolo nuovo. L’anno successivo Cesare e Margherita si trasferirono a Milano inseguendo una vita più intensa e febbrile, una modernita in corsa, a1 passo col resto d’Europa, con le prime avvisaglie di un’arte e una cultura insofferenti della tradizione: frequentarono Turati e Anna Kuhscioff e i circoli socialisti e lei della V Biennale scrivera sull’Avanti della Domenica.

Margherita, che intanto ha altri due figli, acquista maturita e sicurezza, mentre Cesare diventa protagonista nella scena politica cittadina e nei più celebri processi letterari che vedono sul banco degli imputati Notari o Marinetti: la partecipazione alla mondanité milanese moltiplica conoscenze e incontri e il salotto Sarfatti diventa tra i più frequentati, mentre la padrona di casa, bella e avvenente con 1e sue chiome bionde e ramate, viene ammirata e corteggiata.

Inizia cosi una serie dj conquiste e di avventure nel segno di un’indipendenza e di una 1ibertà sostenute da un’ideologia femminista e antiborghese: la storia di Margherita è anche quella dei suoi amori che diventano 1e tappe di un percorso intellettuale e politico nel quale lei pretende un ruolo importante a1 fianco di uomini celebri, come Boccioni e soprattutto Mussolini, cui restera legata per oltre un decennio, diventandone la più famosa biografa con Dux (1926), bestseller in tutto i1 mondo.

In quegli stessi anni mori in guerra, diciassettenne, i1 primo figlio Roberto, aprendo una ferita mai rimarginata, e qualche anno dopo anche Cesare, mentre lei diventava la pill autorevole interprete della nuova arte italiana, in sintonia con la stagione dei realisrni che riguarderé tutta Europa: nel ‘24 presentò alla Biennale “Sei pittori del Novecento”, che due anni dopo diventeranno i1 Novecento Italiano alla Permanente di Milano: «rivoluzionari della moderna restaurazione», come 1i definirà lei stessa, i pittori di Novecento segneranno una sorta di innovativo «ritorno all’ordine».

Qui si fermò l’ascesa di Margherita, che nel 1930 concludeva la sua Storia della pittura moderna con l’auspicio di «un’arte, che sembri di tutti, e sia nell’essenza per i migliori»: ripudiata dal Mussolini saldamente a1 potere e poi perseguitata in quanta ebrea, la Sarfatti vivrà sempre più lontana dall’Italia, negli Stati Uniti, o in Uruguay e in Argentina, tornando definitivamente in Italia solo dopo la guerra, dove visse ai margini come l’amante del Duce, 1e cui idee poco interessavano e ancor meno i suoi meriti: i tentativi di restituirglieli, che da oltre un ventennio si sono moltiplicati, non sono ancora bastati a ridarle i1 ruolo che 1e spetta nella storia dell’arte tra 1e due guerre; ora una nuova biografia, arricchita da un’inedita documentazione, di Rachele Ferrario (Mondadori, 25 euro) ci riprova e c’é da augurarsi che sia la volta buona per decidersi a fare i conti con la sua personalità.

(Corriere di Verona, 27 marzo 2016)

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