16 Gennaio 2013

Ritratto di Bibi Tomasi

Bibi nasce a Bologna nel 1925. Il suo nome anagrafico è Lillyam. La madre è una maestra, il padre è un professore di filosofia ateo e libertario. Bibi è figlia unica, ma in casa vivono due cani: da qui ha origine l’amore per gli animali.

Bibi frequenta il liceo classico e ha una passione platonica per il professore di filosofia. Molti anni più tardi, in appunti inediti, lo ricorderà: Giulio era un uomo molto affascinante che seduceva tutte le allieve più in erba. Le più giovani le più belle lo seguivano come cani fedeli nelle sue peregrinazioni di bar in bar, forse cominciavano a bere anche loro. Lui era incorreggibile. A volte arrivava così ubriaco in classe che non solo non poteva far lezione, ma tornava a casa sorretto da un po’ di belle ragazze perché non riusciva a stare in piedi. Lo accompagnavano fino a casa, lo spingevano per la rampa delle scale, lo appoggiavano lì e suonavano il campanello dandosi alla fuga. Lui cadeva nelle braccia di chi veniva ad aprire la porta, una delle sorelle anziane, e allora precipitavano insieme per terra, o la moglie.

Nell’autunno del 1944, mentre il Nord Italia è sotto le bombe, i genitori insistono perché la figlia segua un amico renitente alla leva di Salò nella sua casa in Sicilia, dove la guerra è finita.

Si ritrova nella campagna di Agrigento, ospite di una famiglia chiusa e opprimente. Qui incontra l’amore: l’altra è Maria, giovane sorella dell’amico.

Quando vengono scoperte dagli uomini del clan, Maria tenta il suicidio, Bibi è rinchiusa nel manicomio di Agrigento. Nell’aprile del ’45 il padre riesce a raggiungerla e liberarla. Questa guerra nella guerra è la trama del romanzo Il paese di calce.

 

Nel 1946 Bibi sceglie il giornalismo, entra nella redazione bolognese del “Progresso d’Italia”, collabora a “Sabato sera”, giornale socialista di opposizione, “Giornale d’Italia”, ”Avvenire d’Italia”.

Nel 1949 vince il premio di poesia dell’”Indicatore partigiano” periodico dell’Anpi che raccoglie poesie e storie della Resistenza.

Nel 1958, dopo la morte dei genitori, si trasferisce a Roma e lavora per un’agenzia di campagne pubblicitarie e cortometraggi cine-televisivi.

Nel 1961 si trasferisce a Milano e lavora in un’agenzia di stampa che si occupa di sviluppo turistico. Scrive la commedia L’industriale di Dio e la sceneggiatura per film Pelle nera, entrambe inedite. Completa la stesura del romanzo, in una versione intitolata Ira a Sud. Lo stile è realistico, con una ricerca delle ragioni psicologiche e una ricchezza di particolari che sarà la trama sottesa alle successive elaborazioni del Paese di calce.

Negli anni Settanta ripenserà al suo mestiere di scrivere degli anni tra il ’42 e il ‘62, esplorandone i momenti con occhi nuovi.

Ho parlato di amore perché scrivere è spesso un innamoramento. Non mi sono forse io, giovanissima, innamorata di questo mestiere? E non l’ho forse fatto esclusivamente per amore? Sì. Forse avevo confuso lo scrivere stesso per amore e senza rendermene conto mi ero servita di strumenti usuali per riuscirci. La competitività che avevo nei confronti di mio padre, e che lui stesso mi aveva insegnata, è stato il primo presupposto per la conquista di questo mestiere. Ho cominciato con orgoglio e senso della competizione, in un mondo regolato da mio padre e dagli uomini, su coordinate assolutamente maschili. Cioè create dagli uomini. Ma mi sono disillusa presto, ho presto capito che il mio mestiere sarebbe esistito sempre nella lotta e sull’esistenza di altri, ho presto capito che il mio mestiere non sarebbe stato in effetti lo scrivere, ma il competere, l’arrivare prima. E ci sono sovente riuscita, con un senso di nullità personale che il femminismo mi ha aiutata a smascherare, a riconoscere. (Appunti inediti)

Nel 1964 collabora ai settimanali “Amica” e “ABC”, nel 1968 comincia la collaborazione con la rivista femminile di Mondadori “Confidenze” su cui terrà per 25 anni varie rubriche di costume e cultura. Con lo pseudonimo Paola Acri pubblica una serie di “Quaderni della salute”(Rialta edizioni) su argomenti medico-sociali: Patologia del sesso, L’inversione sessuale e altri.

 

Nel 1970, Bibi incontra il femminismo e diventa subito una figura di riferimento con un forte carisma. In un primo tempo è nel Movimento di liberazione della donna (MLD) nato dal partito radicale, ma lo lascia di colpo, durante una riunione, perché convinta che per lei che ama le donne l’aborto non sia il problema centrale. Partecipa al Collettivo di via Cherubini dove si incontrano gruppi come il DEMAU, Rivolta femminile, Il cerchio spezzato. Qui conosce Lia Cigarini, Luisa Muraro e altre con cui d’ora in poi condivide percorsi politici e scelte di vita.

Nel 1974 scrive con Liliana Caruso I padri della fallocultura (SugarCO), un saggio sulla misoginia di alcuni scrittori italiani contemporanei come Pavese, Moravia e Bevilacqua.

Durante l’estate è in vacanza con molte femministe a Carloforte, in Sardegna. Scatta decine di foto, corpi nudi sugli scogli e perfetti ritratti, una storia per immagini del movimento delle donne con i suoi intrecci, amori, convegni, viaggi. È sua la foto di copertina di Noi e il nostro corpo di The Boston Women’s Heakth Book Collective, nell’edizione Feltrinelli del ’74.

 

Nel 1975 è tra le fondatrici della Libreria delle donne di Milano in Via Dogana. Fa il turno del giovedì pomeriggio, richiama le donne più diverse, a cui consiglia e impone i libri amati, come Il taccuino d’oro di Doris Lessing.

Nel primo dopoguerra aveva collaborato con il PCI di Bologna alla vendita di libri, recandosi con un furgoncino davanti alle fabbriche. Era così entusiasmante che fu accusata di far spendere troppo agli operai. Diceva: ai libri non si resiste.

Nel 1980 esce La sproporzione (La Tartaruga), una raccolta di racconti umoristici di cui sono protagoniste le femministe: lo stile è jazz su carta, la sua musica preferita.

Tra il 1981 e il 1990 scrive i romanzi a puntate Il segreto della grande maglia sulla rivista “Grattacielo”e Aria livida su “Fluttuaria”. Dà nome al periodico umoristico della Libreria “Aspirina. Rivista per donne di sesso femminile” di cui è direttora responsabile/irresponsabile, come di “Via Dogana. Rivista di pratica politica”. Nella raccolta Mi hanno detto no (Leonardo Paperback 1991) dove scrittrici e scrittori raccontano come furono bocciati dai loro editori, scrive: Mi piace lanciarmi con il paracadute e , siccome ho un orecchio interno, posso benissimo fare a meno dei punti, delle virgole e dei punti e virgola che mi sono venuti terribilmente a noia.

Nei primi anni Novanta riprende in mano Il paese di calce e lo riscrive nello stile ultimo, eliminando punteggiatura, maiuscole, centro del discorso. Il paese di calce esce con Pratiche editrice nel 1999.

Nel novembre dello stesso anno è ricoverata a più riprese, sempre accompagnata dal mondo variegato delle sue relazioni. La mattina del 24 aprile 2000 muore per arresto cardiaco. Nella casa di Via Paisiello che abitava per dare un tetto a due gatti neri, le amiche raccolgono fogli sparsi, documenti, fotografie.

Nel 2001 esce la raccolta di poesie La patita dei gatti blu (Quaderni di Via Dogana 2001) con un’introduzione di Giulia Niccolai. Nello stesso anno la Libreria delle donne, anche grazie all’eredità in denaro di Bibi, si è trasferita insieme al Circolo della rosa nella sede attuale.

In libreria è consultabile l’archivio Bibi Tomasi, che raccoglie tutto il materiale scritto e fotografico, edito e inedito.

 

Libri

I padri della fallocultura (SugarCo 1974)

La sproporzione (La Tartaruga 1980)

Il paese di calce (Pratiche editrice 1999)

La patita dei gatti blu (Quaderni di Via Dogana 2001)

 

 

 

 

 

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