Cristina Borderias, Lia Cigarini, Adriana Nannicini, Christian Marazzi, Sergio Bologna
Supplemento a Via Dogana

AA VV

Tre donne e due uomini parlano del lavoro che cambia

Libreria delle donne - Secondo testo della Collana Lavoro dei Quaderni di via Dogana - aprile 2006

€ 9,00

Sono relazioni presentate il 29 aprile 2005 ad un Seminario internazionale organizzato da MACBA ( museo di arte contemporanea)a Barcellona. Il seminario aveva come titolo “la f@brica i la societat” e Cristina Borderias, docente di storia del lavoro all’università di Barcellona ha progettato e coordinato la tavola rotonda ” femminilizzazione del lavoro e postfordismo: suggerimenti per un dibattito” a cui hanno partecipato le relatrici e i relatori di cui sopra.
Le relazioni escono contemporaneamente in Spagna e in Italia, pubblicate dalla rivista Duoda di Barcellona e dai Quaderni di Via Dogana a Milano.
Iniziativa non prevista ma cercata perché “parlano alcune voci tra loro diverse, donne e uomini che aprono un dialogo sul tema del lavoro, mettendo al centro la questione della femminilizzazione. Perché in Italia nel corso del 2005-06 è apparsa una vivacità e quantità di iniziative da parte di donne e femministe su questi temi. E ancora per facilitare connessioni, collegamenti ed approfondimenti anche tra le diverse situazioni.

Nell’introdurre la tavola rotonda, Borderias ha posto alcune domande, chiedendo di “rendere esplicito il significato che nelle opere acquista il concetto di “femminilizzazione del lavoro” e in particolare quali rapporti si danno tra questa e il postfordismo” per Borderias infatti l rapporto tra i concetti merita degli approfondimenti di riflessione e di dibattito. La F. è stata usata a volte a dar conto della precarizzazione e della flessibilizzazione progressiva. In altri casi la recente precarizzazione è stata stata spiegata come risultato della F. tema al centro delle strategie sindacali e politiche.

Marazzi è intervenuto su “democrazia economica e differenza” sviluppando una riflessione a partire dalle recensioni di alcune analisi delle derive del capitalismo finanziario , sottolineando come vari studiosi ribadiscano le fragilità e l’instabilità della democrazia economica, e la domanda che si pone : “ragionare sulle categoria politica dell’inclusione, o se invece non sia preferibile partire dalle forme di soggettività che questo stesso capitalismo ha determinato (…) e i comportamenti soggettivi delle donne (…) permettono di sviluppare un concetto di democrazia basato sulla differenza piuttosto che sull’inclusione”.

Bologna affronta il tema delle “nuove forme di lavoro e classi medie nella società postfordista” a partire dalla considerazione che : “la crisi della cosiddetta new economy ha messo in difficoltà vari strati di ceto medio” nel suo testo elenca alcune delle ragioni di queste difficoltà. Tra queste presenta: il progressivo smantellamento dell’impiego pubblico in seguito alla ridotta funzione dello stato; l’esigenza di capire meglio cosa si indichi quando si utilizza la dizione “lavoro atipico” domanda se sia legittimo parlare di microimpresa nel caso di un’azienda con due-tre dipendenti o non sia forse meglio parlare di lavoro autonomo generalizzato. Mette in discussione la logica “del posto fisso” anche nell’osservare la mentalità e gli stili di vita del ceto medio, in Europa. Affronta il tema del passaggio tra fordismo e postfordismo e le difficoltà che lo caratterizzano. E sottolinea come le forme del lavoro postfordista siano molto più complesse e articolate di quanto espresso nei termini come “lavoro atipico” e “lavoro precario”. Sottolinea i cambiamenti di mentalità e pone domande sulle prospettive, in particolare mettendo in luce il contributo che offre l’esperienza che alcuni gruppi di donne stanno portando avanti nel formare un’opinione comune, una cultura in grado di riconoscere i problemi. A parere di Bologna infatti la donna è il grande protagonista del lavoro postfordista.

Cigarini fa riferimento a “quello che dicono le lavoratrici” rovesciando un’ottica che mette all’origine il capitale per partire invece dall’esperienza di quelle che riflettono sul lavoro, e risponde alle questioni poste da Borderias “la maggior presenza femminile nel lavoro è dovuta non solo alle modificazioni dei circuiti produttivi, ma anche al desiderio femminile di indipendenza e maggior libertà” e “un passaggio, una strada molto stretta si è aperta. Le donne portano tutto al mercato, relazioni, maternità sentimenti e affetti (…) rende visibile ciò che eccede il profitto e quindi rende possibile l’inizio di un cambiamento dell’organizzazione del lavoro”. Sottolinea la questione della difficoltà delle donne a contrattare. Difficoltà che parla della minaccia che questa costituisce per le relazioni e del preservarle da parte delle donne. Sul rapporto tra conflittualità e differenza femminile sviluppa la conclusione dell’intervento.

Nannicini interviene su “racconti e condizioni” valorizzando la dimensione della narratività che ha contraddistinto alcuni gruppi di donne nel corso degli ultimi anni, narrazioni in cui trovano corso istanze conoscitive e desideri trasformativi. Sottolinea l’orginalità e l’innovatività di questa pratica -narrare il lavorare- tra cui l’abbandono di prospettive dissimetriche tra soggetti che caratterizza le ricerche accademiche. E il crearsi invece di uno “spazio narrante”.
Interviene sul tema della “divaricazione tra contenuto e condizioni” del lavoro. Dando spazio al presentarsi di una divaricazione che molte riconoscono tra il piacere, la passione, la competenza per il contenuto del proprio lavoro e la durezza, l’instabilità delle condizioni in cui invece si lavora. Divaricazione che dà luogo a esiti imprevisti e indesiderati, spesso dolorosi. A proposito del lavoro di cura sposta lo sguardo dalla cura delle persone alla cura delle organizzazioni d’impresa. Questa area di cura appare come peculiare delle organizzazioni postfordiste, ci si domanda come assumano questo aspetto le donne. Conclude domandando se, in queste difficili condizioni, il lavoro perda centralità nella vita delle donne.

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