21 Aprile 2015
il manifesto

Da dove vengono?

di Tommaso Di Francesco


Fug­gono da guerra e mise­ria i tanti pro­fu­ghi dispe­rati in balìa del mare. Vorrà dire qual­cosa o no il fatto che l’Occidente colto, raf­fi­nato ed eco­no­mico, quello delle Borse e delle Ban­che, sia in gran parte respon­sa­bile di quelle guerre e di quella mise­ria? Oppure vogliamo met­tere la testa sotto la sabbia?

Guar­date la geo­gra­fia dei luo­ghi da dove arri­vano in fuga: Nige­ria, Mali, Niger, Siria, Soma­lia, Libia, Pale­stina (decli­nata solo dai campi pro­fu­ghi), Iraq…ecc. ecc. Non c’è una sola realtà che non veda la costante povertà della quale siamo cor­re­spon­sa­bili – come per il Delta del Niger, una regione della Nige­ria grande come l’Italia, ridotta ad una fogna di sco­rie e bitumi «gra­zie» ai nostri pozzi petro­li­feri e a quelli delle altre mul­ti­na­zio­nali del petro­lio; senza dimen­ti­care che que­sti Paesi afri­cani e medio­rien­tali dove le popo­la­zioni sono ridotte in mise­ria, in realtà sono ric­chis­simi di mate­rie prime per le quali non c’è blocco navale, anzi.

Ma que­sto è poco. Ognuno di quei paesi è in preda alle scel­le­rate avan­zate dell’Isis, ma gra­zie al ter­reno fer­tile di mace­rie pro­vo­cato dalle nostre imprese bel­li­che. È stata la Nato a tra­sfor­mare la Libia in un cumulo di rovine senza isti­tu­zioni, dove ora si fron­teg­giano in armi almeno tre governi, in un ter­ri­to­rio diven­tato san­tua­rio dello jiha­di­smo per tutto il Medio Oriente. O vogliamo par­lare delle magni­fi­che sorti e pro­gres­sive della Soma­lia? O l’uso occidental-strumentale dei jiha­di­sti in chiave anti-Assad per poi sco­prire che hanno preso piede in due terzi dell’Iraq, lì dove l’occupazione Usa — come rico­no­sce lo stesso Obama – ha per­messo l’avvento dello Stato islamico.

Fug­gono da que­ste guerre e da que­sta mise­ria. Noi siamo co-responsabili. E invece l’Unione euro­pea dichiara che «non può fare nulla» o peg­gio annun­cia il raf­for­za­mento delle ope­ra­zioni di poli­zia a mare rap­pre­sen­tate da Fron­tex e Tri­ton. Men­tre si annun­ciano ope­ra­zioni mili­tari «mirate» e come, in una bar­zel­letta, il mini­stro degli interni Alfano annun­cia che stiamo (l’Onu? la Ue?) per «bom­bar­dare i bar­coni» — prima coi droni che, ahimé pro­du­cono solo affon­da­menti col­la­te­rali — poi, forse, peg­gio: per stron­care gli sca­fi­sti, con mis­sioni mili­tari e raid aerei di poli­zia inter­na­zio­nale. Ma par­lare degli sca­fi­sti, che certo pro­fit­tano della grande dispe­ra­zione dei pro­fu­ghi, vuole sem­pli­ce­mente dire non fare nulla subito per acco­gliere i pro­fu­ghi, per­ché è chiaro che nulla potrà fer­marli viste le immu­tate con­di­zioni dalle quali fug­gono. E anzi la nuova guerra che si annun­cia li spin­gerà a nuove fughe.

Men­tre si stra­parla di blocco navale mili­tare. Dimen­ti­cando il mas­sa­cro del 1997 della Kater I Rades — 108 alba­nesi affo­gati, donne, bambi e vec­chi — spe­ro­nata da una nave mili­tare ita­liana nel 1997. E si cian­cia su tanti campi di con­cen­tra­mento in Africa per deci­dere lì «chi è dav­vero clan­de­stino e chi ha biso­gno d’aiuto». Ma la conta dei morti dei cimi­teri marini — a tanto si è ridotto il «Bre­via­rio Medi­ter­ra­neo, scam­bio di civiltà» del grande Pre­drag Mat­ve­je­vic — dice che solo l’attivazione di un soc­corso imme­diato, con cor­ri­doi uma­ni­tari e con l’istituzione di una mis­sione di sal­va­tag­gio euro­pea, un Mare Nostrum d’Europa, può essere la solu­zione. Quanto costa? Mille volte meno di quello che ci costano le spese mili­tari, per le quali l’Italia spende 70 milioni di euro al giorno. Al giorno.

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(Il manifesto 21.4.2015)

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