26 Febbraio 2017
Il Quotidiano del Sud

Cara Lorenzin, suo dovere fare applicare la 194

Se non basta questa ovvia affermazione, le spiego come e perché

di Franca Fortunato

Cara Ministra Lorenzin, dopo l’assunzione con concorso pubblico di due ginecologi «da destinare al settore Day Hospital e Day Surgey per l’applicazione della legge 194/1978» all’ospedale San Camillo di Roma, per iniziativa del presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, ho letto che anche lei si è unita alle proteste dei vescovi e dell’Ordine dei medici romani che hanno gridato alla “discriminazione” dei medici obiettori e al tradimento della legge 194. Ma, mi scusi, la ministra della Salute qual è lei, non dovrebbe essere d’accordo con la finalità di quelle assunzioni, visto che suo compito primario è fare applicare la 194 negli ospedali pubblici? Lei ha o no l’obbligo di controllare, verificare, intervenire, al San Camillo di Roma come al Pugliese di Catanzaro, per rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena applicazione della 194? È suo dovere o no garantire e fare garantire a tutte le donne che decidono di interrompere una gravidanza non voluta, quanto previsto dagli articoli 4, 5, 7, 8, 9 della 194? Articoli che le voglio ricordare, nel caso – come penso – li avesse dimenticati. Art. 4: «Per l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna (…) si rivolge a un consultorio pubblico o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia». Qual è oggi lo stato dei consultori nel nostro Paese? Che cosa fa per rafforzarli? Art. 5: «…Al termine dell’incontro il medico di fiducia di fronte alla richiesta della donna di interrompere la gravidanza sulla base delle circostanze di cui all’art. 4, le rilascia copia di un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la invita a soprassedere per sette giorni. Trascorsi i sette giorni, la donna può presentarsi, per ottenere l’interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole (…) presso una delle sedi autorizzate». Art. 8: «L’interruzione della gravidanza è praticata da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale (…) può essere praticata anche presso case di cura autorizzate dalla regione, fornite di requisiti igienico-sanitari e di adeguati servizi ostetrico-ginecologici (…). Gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione». Dove sono i poliambulatori pubblici collegati agli ospedali? In tutti gli ospedali pubblici è garantita l’applicazione della legge? No, e lei lo sa bene. Art. 9: «Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte (…) agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza (…). Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare (…) l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti. La regione ne controlla e garantisce l’attuazione». Il presidente Zingaretti, in quanto rappresentante della regione Lazio, ha fatto o no quanto previsto da quest’ultimo articolo: controllare e garantire l’attuazione della 194? E non è un modo di garantire l’applicazione della legge l’aver previsto nel bando di assunzione il licenziamento, nei primi sei mesi, dei medici assunti se si rivelassero obiettori? È garantita o no la libertà di un medico obiettore a non presentarsi a un concorso simile? Sgombriamo il campo dai diritti, l’un contro l’altro armato. Nella decisione di una donna che non vuole portare avanti una gravidanza indesiderata, non c’è nessun diritto all’aborto, ma una necessità e una scelta. Come non c’è nessun diritto all’obiezione di coscienza ma la libertà di una scelta, senza però – come prevede la stessa legge – mettere a rischio l’applicazione della legge stessa. Cosa questa che, invece, da anni avviene negli ospedali pubblici. E lei lo sa bene. Perché l’assunzione di medici non obiettori dovrebbe essere un “tradimento” della 194? Non è, invece, un “tradire” la legge quando in un ospedale gli obiettori di coscienza arrivano all’80% e a volte al 100%? Non è forse un “tradire” la legge quando, a causa delle lunghe liste di attesa, in questo paese si è tornati a parlare di aborto clandestino – a volte procurato da medici obiettori nel pubblico – e di viaggi all’estero per chi se lo può permettere? E lei che cosa fa, che cosa ha fatto, per evitare tutto questo? Niente. Oggi contesta l’operato di un presidente di regione che è intervenuto per rendere possibile l’applicazione della legge, mentre avrebbe dovuto e dovrebbe essere lei a sollecitare tutti i presidenti di regione a fare altrettanto, garantendo loro le risorse economiche necessarie. La 194 è stata voluta dalle donne – anche se c’era chi chiedeva la sola depenalizzazione dell’aborto – per eliminare il reato di aborto, togliere le donne dalla clandestinità e salvaguardare la loro salute quando decidono di interrompere una gravidanza non voluta. Difendere e applicare la 194 non è solo un suo compito ma prima di tutto un suo dovere. Se non se la sente, si dimetta.

(Il Quotidiano del Sud, 26 febbraio 2017)

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