27 Marzo 2017

Ciao Patriarcato

di Umberto Varischio

Ciao maschio. Non stiamo parlando dell’omonimo film girato negli anni ’70 da Marco Ferreri ma del titolo dell’ultima puntata di “Presa diretta”, il programma televisivo di Rai Tre condotto da Riccardo Iacona.

Puntata che si è per gran parte occupata di un tema d’interesse particolare per noi uomini: quello che alcuni ricercatori chiamano la progressiva “femminilizzazione degli uomini”, cioè che “ i maschi non sono più maschi” dal punto di vista fisiologico.

Questa femminilizzazione si evidenzia attraverso un aumento della sterilità maschile (ormai il 50% – 60% dei casi d’infertilità è riconducibile a un problema degli uomini), causata da una forte diminuzione del numero e della vitalità degli spermatozoi e da un abbassamento del livello di testosterone nell’organismo.

Tutto ciò sarebbe imputabile ad alcune sostanze chimiche (chiamate ‘interferenti endocrini’) assunte dall’ambiente in generale e in particolare dall’alimentazione, dai cosmetici e dagli indumenti.

Il destino preconizzato da queste ricerche sembra il finale del film di Ferreri: una donna e sua figlia che, dopo che i maschi sono morti, giocano da sole su una spiaggia. Un destino che ci mette di fronte al fatto che noi uomini potremmo benissimo scomparire senza che questo significhi l’estinzione dell’umanità: potremmo, infatti, essere sostituiti da scorte di spermatozoi conservati e magari ‘clonati’.

L’interesse della puntata non si ferma a questo: alcuni ricercatori sostengono che non di “femminilizzazione degli uomini” si tratta ma di “fallimento biologico della maschilizzazione”. Uno di loro, Richard Sharpe, dichiara: “Noi siamo tutti programmati per essere di sesso femminile. Se non succedesse qualcosa durante lo sviluppo del feto saremmo tutte femmine. È il programma di base. Diventare maschio significa modificare questo programma. Il maschio diventa maschio grazie al cromosoma Y che permette che si sviluppino i testicoli invece che le ovaie. Sono i testicoli che producono il principale ormone maschile, il testosterone, che modifica il programma di base”.

L’affermazione non è una novità in campo scientifico ma fatica a farsi strada nell’informazione e nel senso comune; forse perché crea a noi uomini qualche problema di autostima? Dopo un primo colpo al nostro orgoglio maschile, rappresentato dalla ormai scarsa necessità della presenza di un uomo in carne ed ossa nel processo di fecondazione, ora siamo proprio a un cambiamento di paradigma comparabile solo alla rivoluzione copernicana. Il sesso maschile non è all’origine della vita e al primo posto della creazione. Non sono le donne a essere nate da una nostra costola, ma al contrario, siamo noi che rappresentiamo una variazione al programma di base, che è invece femminile.

La morale che traggo da questa interessante visione è che per noi uomini non si tratta solo di difenderci dalle sostanze che diminuiscono la virilità e negano la differenza sessuale indirizzandoci, come suggerito dalle autrici del programma televisivo (Lisa Iotti e Irene Sicurella), verso un destino unisex. Se vogliamo assumerci le nostre responsabilità e affrontare a fondo i danni che il patriarcato ha prodotto e continua a produrre (non ultimi quelli riguardanti l’ambiente che garantisce le condizioni per la vita), si tratta soprattutto di dedicare un maggiore impegno a congedarci definitivamente dallo stesso come sistema economico, sociale, culturale e simbolico.

(www.libreriadelledonne.it, 27 marzo 2017)

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