20 Gennaio 2017
#VD3

Come può il vecchio Principe Femminismo risvegliare la sempre Giovane Voglia di cambiare il mondo, la quale dorme della grossa (o finge),  nonostante l’orribile chiasso che si sente?

 

di Luisa Muraro

 

Contributo in versione scritta all’incontro di Via Dogana 3: Dal 13 novembre 2016 al 15 gennaio 2017 senza soluzione di continuità. Come può il vecchio Principe Femminismo risvegliare la sempre Giovane Voglia di cambiare il mondo, la quale dorme della grossa (o finge),  nonostante l’orribile chiasso che si sente?

 

Questa versione non rispecchia quella orale del quindici gennaio.

 

Di Lia Cigarini 13 novembre, ho tenuto presenti diversi punti. Nella parte finale lei dice: a suo tempo abbiamo espresso la nostra radicale rottura dall’ordine costituito (patriarcato) con questo motto: “noi donne siamo altrove e altrimenti”; ma io, Lia, molto presto ho eliminato l’altrove (la separazione) per mantenere l’altrimenti nella concezione della politica.

Mi colpisce, nel passaggio di Lia, una certa somiglianza con la storia dei cattolici che, spinti da don Sturzo, decidono di impegnarsi nella politica ufficiale dello Stato italiano.

Se ho capito bene, si tratta di trasferire nell’altrimenti anche la forza che c’era nell’altrove. È possibile? mi chiedo. Non ci abbiamo mai lavorato.

 

Leggere il presente, era e rimane il proposito delle ultime redazioni allargate di VD 3. Nel presente si può leggere, a livello globale, che i rapporti tra donne e uomini stanno cambiando. Mutamento epocale e globale che si alimenta da un desiderio implacabile di donne per stare meglio. Non è contro gli uomini, se questi trovassero la strada per significare la propria parzialità (non tanto dirla, ma significarla: farne un segno) e allearsi così con l’Altro che è donna (titolo da me rubato a Riccardo Fanciullacci) per arrivare a un senso libero della differenza sessuale.

Che posto ha il femminismo in questo mutamento? Nel contributo del 13 novembre Lia afferma che le donne sono in movimento da cinquant’anni, “le donne e non le femministe”. Sono d’accordo, naturalmente la conta degli anni è approssimativa, potrebbero essere cinquecento. Di quel movimento tellurico il femminismo è stato manifestazione, interpretazione e spinta in avanti. Adesso, cos’è? Comunque, non confondiamoli.

“Sempre più donne si dichiarano femministe”, dice Lia. Bene, ma attenzione. La assimilazione del femminismo nella cultura diffusa è un progresso che rispecchia anche un ridimensionamento. Una parte dell’altrimenti si è perduta nell’integrazione femminile a base di quote e dispositivi simili; l’altrove si è spesso cambiato in un comodo recinto, tipo women’s studies

 

Il Non credere di avere dei diritti rende felicemente il momento della scommessa femminista che non era vinta, ma era efficace. La posta in gioco era vivamente sentita, stavamo cambiando in meglio la condizione umana femminile.

 

Al centro del paesaggio che ci circonda, oggi, ho pensato di mettere quel gruppo di giovani persone, donne e uomini, che, volendo arricchire la cultura politica del tempo presente e indagando sui movimenti dell’Autonomia anni Settanta-Ottanta in Italia, incontrano Non credere di avere dei diritti (apparso in Italia nel 1987, sempre tenuto in catalogo dall’editore Rosenberg & Sellier, tradotto in tedesco, spagnolo e inglese). Le sorprende non poco il fatto che il libro non sia stato tradotto in francese (e decidono di farlo loro), e ancor più che non abbia a che fare con l’Autonomia, ma con il femminismo. Il racconto di Traudel riferisce anche un altro motivo di sorpresa. Ed è quando scoprono che le donne della Librairie des femmes di Parigi non corrispondono a quello che ne diceva il nostro libro, ma sono diventate femministe “normali” e riconoscibili, per cui, ad esempio, fanno campagna per una legge che abolisca la prostituzione.

Una giornalista mi ha chiesto: “perché le giovani generazioni respingono il femminismo?” Lo respingerei anch’io se fosse quello che ne dicono i media, le ho risposto.

Noi che facciamo capo alla Libreria, teniamo ferma la scommessa degli inizi, che era di mettere in luce e d’indicare al movimento delle donne qual è la posta in gioco e di salvaguardare la sua grandezza. A essere femministe, oggi, femministe vere, si incontrano delle contraddizioni, di quelle vere, che si fanno sentire dolorosamente quando ci tocca affrontarle a distanza ravvicinata. Ci sono per fortuna anche delle sorprese che danno conferme inattese, come questa della traduzione francese. Nel suo intervento del 13 novembre Lia ci ha assicurato che non sono poche.

 

A proposito di giovani persone, che cosa significa la mobilitazione intorno alla sigla lgbtq… che continua ad allungarsi come un serpente? C’è stata, da parte nostra, una certa dose d’incomprensione. La critica di essenzialismo rivolta al cosiddetto femminismo della differenza era sbagliata ma bisognava capirla.

Il femminismo della differenza (torno sulla questione) è stato interpretato come se la differenza fosse tra due entità già costituite, uomo e donna. No, la differenza è in: in me, in te, a causa della sessuazione, il vivente che si biforca ai fini della sua riproduzione. Il punto di partenza è questo non-uno. Poi, quando il vivente diventa parlante e pensante, comincia l’interpretazione del reale: comincia la storia. I generi sessuali sono interpretazioni che cambiano con la cultura e nella personale esperienza. Perciò il serpente si allunga e potrebbe allungarsi all’infinito. Se ci pensiamo meglio, in quella forma di etichette in fila c’è la ricerca di un senso libero della differenza sessuale…

M’interrogo perciò se sia il caso di continuare a usare la formula del femminismo della differenza. La condivido, ma la sua comprensione non è facile e chiude la porta ad altri linguaggi. Non intendo, ripeto, rinnegare il pensiero della differenza sessuale con il suo due di base. Ma si può rinunciare a una certa formula se mette in difficoltà chi cerca di pensarsi liberamente nella fedeltà alla propria esperienza. Che fu il movente della rivolta. Lia ha suggerito di chiamarlo piuttosto femminismo delle origini. Il luogo delle origini è vuoto, dicono. Sì, può essere, ma vuoto per fare posto ai grandi desideri.

(Via Dogana 3, 20 gennaio 2017 )

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