18 Gennaio 2019

Ciò che accade sul web è realtà

di Sara Gandini

Laura Boldrini su Fanpage.it (Intervista a Laura Boldrini: “Condanna Camiciottoli è uno spartiacque per i diritti in rete”) ha commentato la recente sentenza del tribunale di Savona in cui il sindaco è stato condannato per la violenza espressa in rete nei suoi confronti. “È uno spartiacque, perché stabilisce che la rete non è più una zona franca. Quello che avviene sul web è paragonabile a quello che avviene nel mondo reale, non c’è distinzione” afferma la Boldrini.
In sostanza ribadisce che quello che accade in rete, sui social, è realtà. D’altronde il femminismo ci ha insegnato che attraverso le parole passa il simbolico e le donne sui social ci stanno perché amano stare in relazione soprattutto attraverso la parola.

Sappiamo che stare in rete non è la stessa cosa che stare in relazione in presenza, perché qui lo scambio ha una magia diversa: permette ai conflitti di trasformarsi meno facilmente in guerra, e alla politica di non diventare automaticamente schieramento. Per questo uomini e donne di potere, che hanno la necessità di attaccare e denigrare le figure di autorità, manipolano le parole altrui e si fanno forza dell’aggressività tipica di chi ha davanti un video e non l’interlocutore.

Mi colpiscono particolarmente le parole di Boldrini perché la sua esperienza è anche mia. Sono presente nel web da una ventina d’anni e anche a me è capitato che le mie parole siano state manipolate nello scambio con una donna, estratte dal contesto del mio articolo, a un fine puramente denigratorio e aggressivo, che usciva dai confini di un sano conflitto politico. In un commento sulla sua bacheca un uomo è arrivato, indisturbato, ad augurarmi di subire violenza.

Ringrazio quindi la Boldrini quando afferma: “Se augurare lo stupro a un’avversaria venisse considerato normale saremmo già oltre il punto di non ritorno. Io ho lavorato per tanti anni nei contesti di guerra. Ho visto l’utilizzo dello stupro come mezzo per sopraffare un’avversaria politica. L’ho visto in Ruanda e nei Balcani, ma lì c’era la guerra. Pensare che in Italia questo potesse essere considerato ‘libertà d’espressione’ in un’aula di tribunale sarebbe stato come uscire da un assetto democratico”.

Non credo nelle vie giudiziarie per risolvere i conflitti, ma se “la parola giusta ha in sé il potere della realtà” (VD3) è importante cominciare a dire la verità su quello che accade in rete, anche quando accade con donne che si dichiarano femministe. Anche perché la rete è un luogo in cui i conflitti possono degenerare ma allo stesso modo è un luogo che può potenziare la rabbia e l’agire delle donne, come è successo con il #metoo. Le donne stanno mostrando di saper stare in questi luoghi in modo efficace e le pratiche politiche violente vanno raccontate anche quando ci riguardano da vicino. Mi rendo conto solo ora che una sorta di senso di pudore (tipico delle vittime di violenza), di desiderio di protezione nei confronti della libreria delle donne (ero amministratrice e creatrice del gruppo della libreria delle donne su facebook), e del femminismo in generale, mi avevano trattenuto dal nominare in pubblico questa vicenda. Ma come ho imparato dalle femministe, prima delle prese di posizioni ciò che conta sono le pratiche politiche. E ringrazio Boldrini per avermi dato forza.

(www.libreriadelledonne.it, 18 gennaio 2019)

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