31 Ottobre 2019

L’incontro di Iniziativa femminista a Milano

di Luisa Muraro


Sabato 26 ottobre, a Milano, nei locali di ELF teatro-scuola d’attore, dalle parti di Porta Romana, ci siamo incontrate su invito di Iniziativa femminista per ragionare insieme di politica delle donne nel presente-futuro. Il titolo dell’incontro era, cito a memoria, dall’utopia letteraria alla concretezza dell’agire politico. Qualcuna, ricevendo l’invito così concepito, aveva protestato per quel titolo, come se il femminismo finora fosse stato utopico e letterario. Ma non era questo il significato del titolo! Chi lo ha coniato, aveva in mente testi come Terra di lei, che è effettivamente un testo letterario utopico. Il significato era dunque questo: come possiamo passare, da quelle idee utopiche che condividiamo a un effettivo governo di lei che realizzi quelle idee.

All’incontro del 26 ottobre, la prima che ha parlato ha chiarito subito il vero significato del titolo, e io ne sono stata ben contenta, salvo dire dentro di me: attenzione ai titoli! (ho taciuto per non fare la noiosa). Aggiungo che all’incontro sarei andata comunque, per questo motivo: sono convinta, come altre, che bisogna accorciare le distanze tra la politica delle donne e quello che sta capitando nel mondo di donne e uomini, un mondo in pieno cambiamento, femministe comprese. E m’interessa ascoltare quelle che queste distanze non le accettano, l’accordo o il disaccordo verrà dopo.

Non c’era molta presenza, però me ne intendo abbastanza di ricerca per sapere che il numero non è essenziale. Tant’è che l’incontro per me è andato bene. Mi è piaciuto anche il posto, che non conoscevo, un posto centrale ma defilato, di cui entrando si sentiva la frequentazione affettuosa e civile (di più non so).

Tra le altre cose, forse la più significativa, era la presenza di due spagnole, Ana e Chelo (pronuncia Celo), socie di Iniziativa femminista internazionale (FI), una rete di “partiti femministi” presente in alcuni paesi europei, e impegnata a sostenere donne dichiaratamente femministe nelle elezioni politiche e amministrative. Finora con poco successo, va detto.

Chelo ha esposto la storia e il programma di FI in Spagna il cui nucleo è formato da cinque donne. Lo ha fatto che meglio non si poteva.

La mia idea e pratica di politica delle donne è diversa dalla sua in alcuni punti non secondari. Come ha detto Françoise Collin (http://www.libreriadelledonne.it/puntodivista/contributi/che-cose-il-femminismo/), il movimento femminista è poco o niente propenso a fare partito, e questo per ottime ragioni secondo me. Ma da una donna come l’amica spagnola che ha parlato al teatro ELF, vi assicuro che c’è molto da imparare in fatto di pensare, ragionare e, non ultimo, parlare di politica. È stata affascinante, non esagero.

Del suo discorso, senza fare qualche scolorito riassunto, riporto tre idee.

Ha detto, per cominciare: se una non sente la necessità interna di fare questo che vi sto proponendo, “meglio che metta su un albergo”, per dire: che lasci perdere e s’impegni in altro. Questa condizione l’avevo già ascoltata da Lia Cigarini a proposito della scelta politica di stare dalla parte delle donne, che è adeguata se viene sentita come internamente necessitante. Lia lo diceva criticando la doppia militanza e tutte quelle posizioni all’insegna del “et et”, questo e quello, che perdono il taglio femminista.

La seconda idea è collegata alla prima. Chelo ha detto: “che il vostro impegno politico non sia anecdótico ma storico”. Noi avremmo usato un’altra parola, ma s’intuisce quello che voleva dire; quanto a spiegarlo, un libro basterebbe appena. Bisogna pensarci e ripensarci. Attenzione che il suo non è un invito alla fissazione, è un invito a situarsi in prima persona nella realtà sapendo quello che si desidera e facendo dei conti realistici alla grande.

E questo ci porta alla terza idea, non meno importante delle altre, con la quale però io non sono d’accordo e spiegherò perché. Secondo Chelo nell’agire politico, una volta presa la decisione (per lei, di fare un partito femminista), si agisce per esserci, non per vincere, il risultato non conta, conta partecipare. Il “non per vincere” non mi trova d’accordo. È una questione sulla quale, parecchi anni fa, ho discusso con Chiara Zamboni di Diotima. Chiara si è espressa diversamente ma anche lei diceva “non per vincere”. Il nostro immaginario, di origine maschile, pensa il vincere come l’arrivare primo. Anche i partiti corrispondono a questo immaginario. Io non la penso così, anzi, ho sempre preferito “arrivare seconda” per dire: arrivare al traguardo più riposata. Ma: arrivarci!

C’è del realismo nell’idea di Chelo: lei sa che i partiti femministi sono tra gli ultimissimi nella gara elettorale. Lo sa lei, lo sappiamo tutte. A me il realismo piace, e proprio per questo ho bisogno di pensare che il risultato, per quanto piccolo, mi porta nella direzione giusta. Ne ho bisogno anche per un altro motivo, più soggettivo: il risultato, per quanto piccolo ma meglio se è grande! mi restituisce in pieno le energie spese nell’impresa. Qui mi fermo. So che dovrei mettermi a discutere con Chelo sul fatto che per me e innumerevoli altre femministe il “fare partito” non è qualcosa che si trovi nella direzione giusta. Che è quella della libertà femminile, la mia e quella delle altre donne, libertà che, ripetiamolo ancora una volta, non ha mai escluso gli uomini. Mi fermo qui perché ho l’assoluta certezza che, su quest’ultimo punto, mi trovo d’accordo con le amiche d’Iniziativa femminista, Chelo compresa. A volte, anzi spesso, è meglio non schierarsi contro per ascoltarsi meglio.


(www.libreriadelledonne.it, 31 ottobre 2019)

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