5 Settembre 2019

Svolta etica del capitalismo?

di Massimo Lizzi


Un grande dubbio ha accolto il nuovo manifesto etico del capitalismo americano: è una svolta reale o solo retorica?

I dirigenti delle più grandi società multinazionali americane, riunite nel business roundtable, hanno firmato un manifesto, che dichiara di voler parificare gli interessi dei lavoratori, dei consumatori, dei fornitori, dei clienti, e la tutela dell’ambiente agli interessi degli azionisti. In sostanza: il bene della società come condizione per ottenere profitti a lungo termine.

In teoria, lo scopo aziendale così ridefinito rovescia il neoliberismo di Milton Friedman, egemone ormai dagli anni ‘80, secondo il quale unica responsabilità sociale dell’azienda è realizzare profitti per gli azionisti; parte della loro ricchezza poi sgocciolerà verso il basso della scala sociale. Una teoria oggi ritenuta responsabile delle gravi diseguaglianze che sono all’origine della crisi economica globale e dell’insorgere dei populismi. Così, molti commentatori vedono nella svolta etica delle multinazionali il tentativo di riconciliare il capitalismo con la società. Io, nel mio piccolo, da lavoratore dipendente e militante della sinistra italiana, ho sperato di vedere il ritorno della borghesia illuminata, capace di assumere un ruolo progressivo.

Ma poi, mi sono meglio istruito con la reazione di Paul Stiglitz (premio Nobel per l’economia 2001), secondo il quale la prima responsabilità sociale di un’azienda è pagare le tasse e tra le grandi imprese firmatarie del manifesto etico molte sono residenti nei paradisi fiscali. A suo giudizio, se un’azienda volesse assumere finalità sociali si troverebbe a subire la concorrenza sleale delle aziende che perseguono solo il profitto, quindi finirebbe per adattarsi al gioco della concorrenza. Perciò, le buone intenzioni dichiarate sono insufficienti; occorre che siano tradotte in obblighi di legge, come è successo con i principi neoliberisti: sono diventati un ordinamento giuridico. Ma nel manifesto dei grandi capitalisti americani non si fa menzione del ruolo dello stato.

In effetti, sul piano dei principi, il nuovo manifesto degli amministratori delegati somiglia molto al disegno di legge sul capitalismo responsabile, presentato un anno fa dalla senatrice democratica Elizabeth Warren. La sua proposta di legge mira a invertire la tendenza degli ultimi trent’anni. All’inizio degli anni ’80, le più grandi società americane dedicavano agli azionisti meno della metà dei loro profitti per reinvestire tutto il resto. Ma nell’ultimo decennio, le grandi aziende americane hanno dedicato il 93% degli utili agli azionisti, reindirizzando a questo fine trilioni di dollari che avrebbero potuto essere destinati ai lavoratori o agli investimenti a lungo termine. Il risultato è che il boom dei profitti aziendali e l’aumento della produttività dei lavoratori non hanno portato a un aumento dei salari.


Nello specifico, la proposta di legge di Elizabeth Warren: 

  • impone alle aziende miliardarie, mediante la concessione di una licenza pubblica revocabile in caso di comportamento illegale, l’obbligo di considerare tutte le parti interessate, inclusi dipendenti, clienti, azionisti e le comunità in cui la società opera; 
  • autorizza i lavoratori delle società americane a eleggere almeno il 40% dei membri del consiglio d’amministrazione; 
  • vincola i finanziamenti politici delle aziende all’approvazione del 75% dei suoi amministratori e azionisti.
  • proibisce a direttori e funzionari di società statunitensi di vendere azioni societarie entro cinque anni dal loro ricevimento o entro tre anni dal riacquisto.

Questa proposta di legge potrà essere approvata in tutto o in parte se i democratici vinceranno le prossime elezioni. Elizabeth Warren è candidata alle primarie del Partito democratico per le presidenziali USA del 2020 ed è in ascesa nei sondaggi. Potrebbe essere la futura presidente o avere un ruolo molto importante nella coalizione dell’eventuale e probabile presidente democratico. Quindi, sorge una domanda: la business roundtable vuole aderire alla proposta di legge democratica o mostrare l’intenzione di riformarsi da sola, per scongiurarla?


(www.libreriadelledonne.it, 5 settembre 2019)

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