18 Dicembre 2019

Un augurio di buon lavoro alla nuova Presidente della Corte Costituzionale Marta Cartabia

di Chiara Calori


La prima volta che ho sentito parlare di Marta Cartabia è stato all’università, quando al corso di diritto ecclesiastico ci è capitato di leggere una sentenza da lei redatta. Ricordo il commento del professore, fu la prima volta che ci fece notare i ragionamenti ‘suggestivi’, ossia quelli convincenti, ben argomentati giuridicamente, ma che nella loro fluidità trascurano di fare chiarezza su alcuni punti essenziali. Di fatto lui da quei ragionamenti ci stava mettendo in guardia.

Poi l’ho incontrata di nuovo più avanti, proponendo a un’amica di guardare il documentario Viaggio in Italia: la Corte costituzionale nelle carceri, che riprendeva la visita alle carceri italiane di alcuni giudici costituzionali, tra cui Marta Cartabia. In una scena lei si trovava in una stanza circolare, sul pulpito, e con emozione e sentimento parlava ai detenuti della Costituzione e delle sue norme, con l’auspicio che fossero lettera viva e non solo precetti giuridici.

Ho letto, abbiamo letto, in questi giorni la notizia della sua nomina a Presidente della Corte Costituzionale italiana, ma quel che ho captato dai giornali era solo un curriculum frammentato, dei pezzi di vita privata e professionale che cercavano forse di suggerire un ritratto della nuova presidente, ma che sembravano invece di più indicazioni ai lettori: dalla sua cultura cattolica alla maternità, dalla fulgida carriera alla Consulta – è tra i giudici costituzionali più giovani ed è la terza donna a ricoprire tale carica – fino ai suoi gusti musicali mentre si allena. Poi le sue parole: «Ho rotto un cristallo, spero di fare da apripista. Spero di poter dire in futuro, come ha fatto la neopremier finlandese, che anche da noi età e sesso non contano. Perché in Italia ancora un po’ contano».

Ma perché non dovrebbero contare? Se il pensiero della giudice va alle possibili discriminazioni basate su quei fattori, le do ragione. Ma se invece quelle differenze, quella sessuale in particolare, venissero valorizzate come ricchezza? In quel caso, cancellarne la presenza sarebbe un impoverimento. E tanti sono i modi per cancellare la differenza sessuale, anche considerarla una differenza tra le tante, anche considerarla un punto di vista da comporre con altri in cerca di un risultato imparziale e neutro. Un risultato da scongiurare, per questo auguro alla nuova Presidente di non sparire dentro il ruolo istituzionale che ricoprirà nei prossimi nove mesi e di approfittare dell’occasione di una donna – lei – alla presidenza della Corte costituzionale.


(www.libreriadelledonne.it, 18 dicembre 2019)

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