27 Maggio 2015

Dal fuori salone al fuori expo

di Vita Cosentino


Ho letto la lettera di Lucia Bertell a Luisa Muraro sui fatti del primo maggio a Milano. Nelle sue parole mi ha colpito soprattutto la posizione FuoriExpo presa da lei assieme al suo gruppo veronese per distinguersi dal NoExpo «perché non voleva essere un semplice no ma significare l’essere portatrici e portatori di pratiche che necessitano di stare fuori». Ne abbiamo parlato anche al primo incontro di Via Dogana 3, che si è tenuto domenica 17 maggio al Circolo della Rosa. Io personalmente do molto valore a questo spostamento: in quel fuori per me passa sia il distacco da modalità solo contro, tipiche di una certa sinistra, sia l’apertura di uno spazio reale e simbolico tutto da giocare. Su questo voglio interloquire con lei perché ho sentito nella lettera un senso di frustrazione – rabbia e impotenza scrive a un certo punto – che, se non impedisce di continuare nelle loro pratiche e riflessioni quotidiane, frena quel desiderio di politica più in grande che anima le sue parole.

Lucia afferma: «Sento questo impegno FuoriExpo come qualcosa che ne va di me. Era moltissimo tempo che non mi capitava così, come era molto tempo che non vivevo un’esperienza politica così condivisa». E si chiede: «Come ri-agire dopo lo scacco subito?»

Certo – penso io – non ripetendo la brutta esperienza della manifestazione del primo maggio, con il corollario di servizi d’ordine e quant’altro per evitare il Blocco nero. Ma allora come? Nella politica che condividiamo come donne, all’agire politico in prima persona si accompagna la parola. Non l’uno senza l’altra. E secondo me proprio dando parola – e in grande – alla loro posizione FuoriExpo si può trovare la risposta.

All’incontro VD3 qualcuna ha ricordato la vicenda del Salone del mobile, che per Milano è un appuntamento annuale importante, e del FuoriSalone che è cominciato dieci anni fa: giovani designer di tutto il mondo hanno incominciato a chiedere spazi in città in concomitanza con il salone. Anch’io mi ero incuriosita e ricordo che i primi anni, quando ancora stavo bene, andavo in via Tortona a vedere queste nuove realizzazioni sperimentali. Quest’anno ben nove zone della città hanno ospitato in spazi di ogni dimensione il FuoriSalone. Per i milanesi è diventata la migliore attrattiva. Le strade sono zeppe di giovani e anche gli stranieri l’apprezzano molto. Per farla breve in quei giorni in città si parla solo del FuoriSalone e di quell’altro nessuno quasi si ricorda.

Certo si sarà capito dove voglio andare a parare. L’Expo sembra indirizzata a essere la Disneyland del cibo. Il FuoriExpo, che il gruppo di Lucia Bertell ha coniato, può essere una formula vincente, il nome di uno spostamento dal commerciale effimero eterodiretto (multinazionali) ai temi più coinvolgenti e sentiti del vero benessere, ma senza calpestare gli interessi commerciali autonomi. Parlo in concreto: penso a una pacifica invasione culturale della città, in cui finalmente si possa discutere dei temi che ci stanno più a cuore, si possano scambiare le nuove pratiche presenti in Italia, si possano intrecciare relazioni da mantenere nel tempo. Già ora ogni giorno si sente di iniziative in città al riguardo…

Sul finire della lettera Lucia scrive di sentirsi «in qualche modo ancora a Milano» e io vorrei dirle: «sei la benvenuta!».


(www.libreriadelledonne.it, 27 maggio 2015)

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