13 Settembre 2019
Corriere della Sera

A mano tesa

di Massimo Gramellini


Immaginate di stare guidando nella notte e di vedere un uomo sbracciarsi in mezzo alla strada. Siete costretti a rallentare per non investirlo e a quel punto lui vi grida che sua moglie sta molto male e ha bisogno di aiuto. Premete l’acceleratore per non correre rischi, sentendovi poi delle amebe per il resto della settimana, oppure scendete a vedere? Una signora di Ragusa è scesa a vedere. Era la sera del suo compleanno, le sarà sembrato brutto chiuderla rifiutandosi di compiere una buona azione. Invece è finita nelle grinfie non di un marito disperato ma di uno stupratore seriale, già condannato l’anno scorso per lo stesso reato e mai transitato dal carcere, perché da noi le sentenze qualche volta sembrano meri stati d’animo e le leggi scritte per avvantaggiare chi ha un avvocato più abile del suo giudice.

Misureremo il tasso di novità del Conte alla Rovescia anche sulla sua capacità di non confondere più il garantismo con l’impunità. Ma questa storia ci interroga su un’altra questione molto intima: sembra confezionata apposta per dare ragione a chi vive col freno a mano tirato e bolla ogni slancio di umanità con un «se l’è andata a cercare». Il mascalzone di Ragusa specula sui nostri istinti migliori. Il guaio è che, se li tacitassimo, rischieremmo di diventare uguali a lui. Quando allunghiamo una mano verso il prossimo, è possibile che ce la stringa o che la morda. Non possiamo saperlo prima. Possiamo soltanto decidere se tenerla in tasca oppure no.


(Corriere della Sera, 10 settembre 2019)

Print Friendly, PDF & Email