15 Maggio 2019
La Sicilia

Femministe e la Storia vivente

di Pinella Leocata


Un nuovo modo di fare storia “a partire da sé”, secondo la pratica femminista del pensiero e della pedagogia della differenza. Una metodologia altra, non in contrasto né in competizione, rispetto a quella della storia tradizionale basata sui documenti. Un approccio innovativo, e per certi versi spiazzante, elaborato dalla “Comunità di storia vivente” – che opera da un decennio nell’ambito della Libreria delle donne di Milano – e ora presentato in maniera sistematica nel libro collettaneo La spirale del tempo. Storia vivente dentro di noi (Moretti e Vitali editore). Un testo che nei giorni scorsi è stato discusso a Castello Ursino dalle donne de La Città felice, del Gruppo della differenza di Catanzaro e della Merlettaia di Foggia, associazioni che fanno parte della rete delle “Città vicine”.

Punto di partenza è il pensiero della filosofa spagnola Maria Zambrano secondo cui noi esseri umani siamo ciò che sentiamo, mentre tutto il resto lo possediamo. E quello che sentiamo è la nostra parte più profonda, le “viscere”, come le chiama, che sono parte intima di sé, ma allo stesso tempo il portato di esperienze e vissuti secolari e millenari. Un approccio che – secondo le teoriche della storia vivente – «svela i due livelli su cui scorre la storia: uno che registra il visibile, che segue un ordine di fatti in successione, razionale, finalizzato al progresso; e l’altro sotterraneo, oscuro, “le viscere della storia”, che regge il primo senza apparire, pure rappresentandone l’indispensabile supporto». La storia vivente intende aprire un varco tra questi due livelli. Quella che viene narrata, dunque, è la propria storia profonda, è analisi dell’enigma per cui ognuno di noi è diventato quello che è, ed è anche storia condivisa e collettiva in quanto frutto delle dinamiche del patriarcato. «Il soggetto narrante ha una doppia funzione perché è anche documento vivente.» Non si tratta di una sorta di analisi o di autoanalisi dal momento i “nodi” emergono da un approfondito confronto con altre donne, dalla relazione reciproca che fa capire se questi temi del profondo “risuonano” o meno anche nelle altre, se sono parte della storia delle donne. Anna Potito, Adele Longo e Franca Fortunato, nel corso dei loro interventi hanno spiegato che il metodo di questa ricerca – sperimentato per la prima volta da Marirì Martinengo – procede a spirale facendo emergere i nodi profondi e analizzandoli a lungo insieme prima di scriverne. Anche il testo viene più e più volte approfondito e discusso prima di trovare una forma definita e condivisa. «Così la nostra vita diventa documento.»

La spirale del tempo presenta dieci storie che parlano di “nodi” profondi, sempre legati alla figura della madre e al rapporto con lei, e tre testi teorici che illustrano questo nuovo modo di fare storia. «È come rovesciare l’arazzo della storia, con la sua trama chiara e definita, e vederne anche i nodi sul retro, il rimosso della storia», spiegano le relatrici. E aggiungono: «Dal lavoro comune si capisce se si toccano nuclei fondamentali la cui comprensione è presupposto indispensabile per ogni trasformazione personale e collettiva che può avvenire solo attraverso lo scioglimento dei nodi irrisolti delle nostre vite. Quando le parole sono vive toccano le cause profonde, mentre le parole disincarnate creano ideologia. Perché la vita è fatta di sentimenti, oltre che di fatti e di conquiste». Per questo Anna Di Salvo, Mirella Clausi e Nunzia Scandurra de La Città Felice sono convinte che se nelle donne e negli uomini non avverrà questo processo – questa “con-versione” che è anche riconoscimento e gratitudine verso le madri – la storia continuerà a ripetersi con le sue guerre, le sue violenze, i suoi orrori e le sue sofferenze.


(La Sicilia, 15 maggio 2019)

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