9 Aprile 2019
Corriere della Sera

Io presidente del Paese di plastica, il secondo più grande del mondo

di Paolo Virtuani


La provocazione di Maria Cristina Finucci. «Oggi i rifiuti hanno invaso i mari»


«Come la devo chiamare, Presidente o Eccellenza?». Quando si intervista un capo di Stato c’è sempre un po’ di apprensione. Maria Cristina Finucci, presidente del Garbage Patch State (la Nazione dei rifiuti ndr), sorride sulle sottigliezze diplomatiche del protocollo. «Il mio Stato è il secondo più grande del mondo come superficie dopo la Russia, ma sulla carta non esiste. È uno Stato in apparenza immaginario, ma reale perché negli oceani si sono formate cinque grandi estensioni di plastica galleggiante che messe insieme coprono 16 milioni di chilometri quadrati. Questa è la mia nazione».

Maria Cristina Finucci è un’artista che ha creato il Garbage Patch State-Wasteland, un Paese di plastica che non esiste, ma è ben presente nei mari con tanto di bandiera, passaporti e festa nazionale (11 aprile), e di cui si è autoproclamata capo dello Stato. Un’idea per sensibilizzare su un problema che negli ultimi tempi è deflagrato a livello planetario: la plastica sta soffocando i mari.

«Non dirigo un’associazione ambientalista, sono un’antenna che capta un problema. Poi mi trasformo in lievito e uso i mezzi propri dell’arte moderna in tutte le sue sfaccettature, dalle installazioni al web, per dare una scossa, per generare consapevolezza – spiega -. Intendo l’arte come strumento al servizio della società. In questo caso mi faccio carico delle istanze della povera plastica abbandonata».

L’arte diventa provocazione, quindi, come nell’installazione chiamata Climatesaurus, un serpentone rosso e arrabbiato che nel 2015 è comparso in varie parti d’Europa per riemergere a Parigi durante Cop21, la conferenza dove venne firmato l’accordo globale sul clima.

Il Garbage Patch State è una nazione fittizia ma è stata accolta all’Unesco nel 2013, l’anno dopo al quartier generale delle Nazioni Unite a New York e nel 2018 ha firmato l’agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile. Lo scorso 15 febbraio il presidente Sergio Mattarella ha conferito a Maria Cristina Finucci l’ordine al merito della Repubblica per l’impegno artistico e ambientale. Un impegno che si manifesta anche come testimonial di One Ocean, la fondazione impegnata nella salvaguardia dei mari con azioni quotidiane alla portata di tutti e che ha promosso la Charta Smeralda: un codice etico per la tutela del mare sottoscritta, tra gli altri, dallo Yacht Club Costa Smeralda, dallo Yacht Club Italiano e dalla Federazione italiana vela.

«L’impegno deve nascere dal basso, dai gesti di tutti i giorni di ognuno di noi, anche dalla rinuncia al bicchiere di plastica monouso che poi va inevitabilmente a finire la sua corsa in mare. Se c’è la spinta delle persone, poi anche l’industria comprende la tendenza e si adegua realizzando prodotti con meno plastica», dice Finucci. «Io non ho nulla contro la plastica in sé, ma mi oppongo all’uso scriteriato che ne facciamo. Provo compassione per gli oggetti di plastica, sono come i moderni lebbrosi: reietti usati e abbandonati».

Ieri sera nel cortile d’onore della sede dell’Università degli Studi di Milano è stata accesa Help, l’installazione della presidente-artista nell’ambito del Fuorisalone della Design Week. «Sono grandi gabbie di metallo riempite da milioni di tappi di plastica che compongono la parola Help», spiega Finucci. «Una volta illuminate, sembrano una colata di plastica che esce dalla Terra, come un grido disperato in cerca di aiuto».

Si stima che nel Mediterraneo ci siano 250 miliardi di frammenti di plastica e 134 specie animali ne sono vittime perché la ingeriscono. L’ultimo caso è la femmina di capodoglio che il 28 marzo si è spiaggiata in Sardegna: nel suo stomaco sono stati trovati 22 chili di plastica. «Mi ha dato la spinta anche l’enciclica Laudato si’ di Francesco. Ora dobbiamo agire. Le nuove generazioni si stanno muovendo: guardate cosa ha smosso la giovane Greta», conclude Finucci. «Io mi vergogno della mia nazione, penso di essere l’unico capo di Stato a volere che il suo Paese sparisca».


(Corriere della Sera, 9 aprile 2019)

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