5 Dicembre 2018
Corriere della Sera

La rivolta delle calciatrici che denunciano gli abusi

di Andrea Nicastro

 

Molestie, abusi ripetuti. Vittime le giocatrici della nazionale afghana di calcio. Che hanno trovato il coraggio di ribellarsi e denunciare gli aguzzini. Subendo anche ritorsioni. Il presidente della federazione commenta: uno choc. E interviene anche la Fifa.

 

Se venisse tutto confermato, quel che è successo è quasi banale e, come cantava Guccini, non meriterebbe neanche due colonne sul giornale: degli uomini potenti hanno approfittato sessualmente di ragazze che dipendevano da loro per poter mangiare. Se poi si aggiunge che le donne sono afghane, abituate alla sottomissione, e gli uomini sono anche capi militari a cui è oggettivamente difficile dire di no, si rientra nell’ordinario quotidiano di un Paese senza giustizia. La vera notizia, però, non è l’ennesima violenza in Afghanistan, ma è il coraggio di un intero gruppo di ragazze di ribellarsi. Non uno qualsiasi, ma la nazionale di calcio donne dell’Afghanistan.

La loro rivolta è cominciata quasi un anno fa durante il ritiro in Giordania. Erano andate fin laggiù per allenarsi assieme: afghane che vivono in patria ed emigrate. Le «straniere», però, hanno visto e sono inorridite: il «responsabile del calcio femminile» e il «vice allenatore» allungavano le mani, minacciavano, comandavano e soprattutto si chiudevano nelle camere d’albergo con attaccanti, terzine e centrocampiste. Le giocatrici che vivono a Kabul hanno impiegato quasi sei mesi a confidare che non si trattava di un episodio, ma di un sistema. Ne è emerso un quadro spaventoso di abusi, ricatti, stupri che continuerebbe da anni. La nazionale di calcio afghana era un simbolo del progresso richiesto dai donatori internazionali. Finalmente il Paese che sotto i talebani bastonava le donne senza burqa e vietava loro le scuole, poteva mostrare al mondo di fuori le nuove afghane. Una bella foto sul campo di calcio e la modernità era servita. Non era vero, ovviamente, ma faceva comodo pensarlo.

Zitte zitte, però, quelle ragazze hanno cominciato ad allenarsi su una pista per elicotteri della Nato. Protette dagli sguardi bigotti hanno battuto una squadra di soldati, resistito ai sassi tirati allo stadio, agli insulti e alle coltellate contro i fratelli. Sono anche riuscite a vincere qualche partita passando dal 128° al 116° posto nella classifica Fifa. Non molto, ma abbastanza per dar loro un pizzico di autostima in più e con quello il coraggio.

La denuncia alla Federazione afghana è stato un autogol: 9 ragazze sono state espulse con l’accusa di essere lesbiche e le altre obbligate a giocare gratis e senza sponsor. La nazionale era di fatto azzerata, ma era solo il primo tempo. Sfidando lo stigma sociale e le ritorsioni le calciatrici hanno coinvolto The Guardian, la Bbc, la Fifa. Il caso è deflagrato. A Kabul il presidente Ashraf Ghani ha parlato di «profondo choc nazionale». La procura generale ha aperto un’indagine. Più che una bella foto, la nazionale donne potrebbe diventare motore di cambiamento. Bisogna solo vedere come andrà a finire e se, per una volta, una storia afghana avrà un finale diverso. Se vincerà la giustizia o come sempre la prepotenza.

 

(Corriere della Sera, 5 dicembre 2018)

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