29 Ottobre 2017
La Sicilia

L’altra Europa possibile. «Tra Madrid e Barcellona scontro di potere»

di Pinella Leocata

Può esistere un’altra Europa? Un’Europa più vicina alle vite, ai bisogni e ai desideri delle persone? Sì, secondo la rete delle «Città Vicine» creata nel 2000, su proposta de «La Città felice» di Catania. Un gruppo di ricerca che si basa sul pensiero della differenza sessuale e sull’idea che questo forma e informa le azioni e le pratiche politiche. Se ne è discusso, venerdì scorso, nella città etnea, in un incontro sul saggio L’Europa delle Città Vicine curato da Loredana Aldegheri, Mirella Clausi e Anna Di Salvo. Secondo Elisa Varela, storica dell’università di Girona-Catalogna, bisogna innanzitutto distinguere tra l’Europa dei governi e l’Europa delle persone. «L’Europa dei governi è in guerra con i migranti. Una verità non detta, sotterranea. In Spagna, per esempio, il governo di destra non ha voluto accogliere neppure i migranti per i quali aveva preso impegni precisi, eppure a Barcellona e in altre città ci sono tante scritte di cittadini che dicono “vogliamo accogliere”. L’Europa non può restare in guerra con i migranti. È stata terra di passaggio per tutte le civiltà. Siamo il risultato di movimenti di popoli dalla preistoria ad oggi. E noi spagnoli, al tempo della guerra civile, siamo stati accolti ovunque. Come possiamo negare agli altri l’accoglienza di cui noi abbiamo usufruito?». Un’accoglienza, sostiene, tanto più necessaria in una Europa che invecchia come popolazione e come civiltà e in cui è sempre più necessario «fare un’Europa delle persone e non della finanza e dei G7 che certo non pensano ai cittadini e ai loro bisogni». A suo avvio anche lo scontro tra Catalogna e Spagna «si può vedere come uno scontro di potere dietro il quale c’è una cosa ancora più pericolosa: la corruzione. La corruzione che coinvolge tutta l’Europa, non solo quella meridionale. Nei Paesi di cultura protestante c’è la corruzione finanziaria, ancora più pericolosa perché i suoi protagonisti non hanno volto». Della vicenda catalana, Elisa Varela sostiene che Madrid ha avuto la capacità di giuridicizzare uno scontro politico e che i governanti della Catalogna «non hanno rispettato le leggi della democrazia occidentale, hanno agito da populisti giocando con i sentimenti della gente, con il desiderio di politica. Uno scontro tra poteri, tra governanti che dovrebbero lasciare la politica per andare dove devono andare, in prigione». «Il 25 ottobre scorso – aggiunge la filosofa Maria Concetta Sala della Biblioteca delle donne dell’Udi di Palermo – il Parlamento europeo ha varato il sistema del controllo elettronico delle frontiere per registrare tutti i viaggiatori non comunitari, ma nessun giornale italiano ne ha parlato». Un ulteriore tassello di quanto sta avvenendo in Europa e non solo. «Stanno trasformando il mondo in un unico immenso campo profughi con alcune fortezze di cittadini con i diritti, gli Stati murati, ma non si può fermare chi ha bisogno. Un bambino che nasce, cresce, studia in Italia è italiano. E, invece, si continua a negare cittadinanza a queste persone, a negare la loro appartenenza, mentre la coesistenza esiste già. Oggi la patria è dove trovi pace e rifugio, è dove ti puoi fermare, è quella che rende una convivenza civile. Abbiamo bisogno di una nuova idea di cittadinanza e, invece, siamo arrivati a ridurre in schiavitù gli africani, i rumeni…». Maria Concetta Sala è convinta che cambiare rotta è possibile a partire dall’impatto con i corpi. «Come hanno fatto gli abitanti di Lampedusa e di Lesbo di fronte ai corpi martoriati dei migranti, ai corpi ripescati senza vita, corpi che parlano della comune fragilità». Ed è possibile, a suo avviso, anche cambiare le regole dell’economia, oggi sacralizzata, a cui è stato consentito di colmare il vuoto lasciato dalla politica. Ma per fermare i potentati economici è necessario sforzarsi «di trovare i concetti per interiorizzare le esperienze che viviamo senza registrarle, senza capirle. Noi vediamo la continua sopraffazione dell’umano, ma è come se non lo vedessimo. Questo momento è già stato vissuto dall’Europa tra gli anni Venti e gli anni Trenta del Novecento. Come diceva Musil nel 1922, nel libro L’Europa inerme: “prima eravamo borghesi, ora siamo diventati assassini, omicidi, ladri, ma non possediamo i concetti per interiorizzare il vissuto”. Concetti che noi possiamo trovare a partire dall’esperienza che viene dal mondo delle donne storicamente oppresse e che portano con sé un corredo di gesti di cura. Noi abbiamo molto da insegnare. Se non potremo prenderci cura del mondo come di un ambiente domestico, il mondo resterà dei potenti e dei corrotti». 

(La Sicilia, 29 ottobre 2017)

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