20 Settembre 2019
Corriere della Sera

Liberazione sessuale, Scaraffia: «Abbiamo sbagliato quasi tutto»

intervista di Daniela Monti


Cara Lucetta Scaraffia,

c’ero anch’io, e io dico: abbiamo fatto quasi tutto benissimo!

Anch’io avevo sperimentato quel grande senso di liberazione del post ’68, ma “l’ubriacatura collettiva della rivoluzione sessuale” non è affatto durata 50 anni, anzi, il mio disincanto e quello di tantissime donne è arrivato subito perché, come scrivi tu “nei rapporti sessuali gli uomini hanno continuato a dettare le condizioni”. E noi ci siamo sottratte, riunite separatamente, innescando quella presa di coscienza che sta alla base del movimento delle donne, in tutto il mondo, non solo quello occidentale. Ci siamo riunite per mettere in parola la nostra esperienza sul punto cruciale della sessualità, sul desiderio, su tutto ciò che sembrava avere né senso né esistenza. Come hanno fatto le donne del collettivo di Boston che tu citi con il loro importantissimo libro Noi e il nostro corpo che non a caso è stato tradotto e accolto in molti paesi, l’Italia tra i primi. Infatti, non solo lontano dal Vaticano come a Boston la rivoluzione sessuale fu radicalmente messa in questione: tu dici che in Italia una posizione “critica ma non schiacciata sulle posizioni della Chiesa non era neppure concepibile”, eppure sì! In Italia, praticamente sotto casa tua, c’era Carla Lonzi che scrive della sua presa di coscienza dal ’70 al ’72: “Quando né rivoluzione, né filosofia, né arte, né religione godevano più della nostra incondizionata fiducia , abbiamo affrontato il punto centrale della nostra inferiorizzazione, quello sessuale” (Sputiamo su Hegel, Premessa).
Ed è proprio quello che è successo negli anni dopo il ’68: le donne hanno tolto il credito al patriarcato, e le prime a dire che il patriarcato è finito sono state le italiane!
Ma in tutto il mondo ormai il senso comune riconosce che la relazione tra donne e uomini è profondamente cambiata, e questo grazie al pensiero e all’elaborazione delle donne: se le giovani di oggi sanno mettere in parola i propri desideri e vedere l’inadeguatezza maschile è perché sono figlie del femminismo più che della rivoluzione sessuale.

Traudel Sattler (della redazione del sito della Libreria delle donne)


Lucetta Scaraffia, 71 anni, storica, femminista e cattolica, è convinta che sia arrivato il momento di fare un bilancio del cammino trionfale della rivoluzione sessuale. Storia della liberazione sessuale. Il corpo delle donne fra eros e pudore è dunque il libro, edito da Marsilio, che ha scritto appuntando minuziosamente costi e benefici. E alla fine i conti non tornano, il cammino trionfale appare piuttosto un tradimento, la sua antropologia un’illusione fallimentare, l’utopia del “più piacere per tutti” una mezza menzogna, che non ha condotto, come promesso, verso la felicità. E dove ci ha portati, allora?

«Il mito di tutti i profeti della rivoluzione sessuale», risponde Scaraffia, «era che, una volta abbattuta la morale repressiva e ipocrita che imprigionava i corpi, il nuovo modello di sessualità disinibita e libera avrebbe spazzato via la pornografia e la prostituzione. Ma se oggi i Millennials fanno meno sesso delle generazioni precedenti, la colpa è in gran parte della pornografia data per morta troppo presto. Viviamo in una grande bugia. Pornografia e prostituzione stanno minando il mito della rivoluzione sessuale. È stata un’ubriacatura collettiva durata cinquant’anni, di cui è responsabile la mia generazione, che ha ideologizzato tutto. I veri conti della liberazione li faranno i giovani, il prezzo lo stanno già pagando le ragazze che a trentott’anni cercano qualcuno con cui fare un figlio».

Certe ubriacature, a volte, fanno bene. Perché tanta durezza?
«Ho visto la mia generazione e quella di mia figlia, delle sue amiche, delle mie studentesse all’Università. Per poche la liberazione sessuale ha coinciso con la possibilità di vivere una storia d’amore fino in fondo, ma per moltissime ha significato sottomettersi al desiderio – quello sì liberato – di qualche coetaneo, pur di sentirsi parte del gruppo. Il fantasma della prepotenza maschile non se n’è mai andato».

Una rivoluzione a due velocità?
«La sessualità maschile è diversa da quella femminile: la liberazione della prima non ha portato in automatico uguali vantaggi alla seconda. Perché prima o poi arriva il desiderio di un figlio. Non che i ragazzi non ce l’abbiano, ma il tempo gioca a loro favore e intanto vivono in un bengodi sessuale dove in cambio delle prestazioni viene chiesto loro pochissimo. Ho conosciuto storie strazianti di mortificazione del desiderio femminile di maternità. Non so cosa conta di più nella vita di una donna: sesso libero o avere un figlio? Non voglio dare una risposta, ma vorrei che questa domanda cominciassimo a farla». protesta femminista negli Usa, negli anni Settanta (foto Getty images)

Ciascuna non può che rispondere per sé.
«Ovviamente, ma per cinquant’anni nessuno ha messo in dubbio che la liberazione sessuale avrebbe portato tutti dritti alla felicità. Sciolto definitivamente il legame fra sesso e procreazione, quest’ultima è finita in un angolo, per il modello unico di liberazione era solo un’opzione di seconda categoria. Ma le cose non sono così semplici. Il sesso slegato dalla procreazione ha perduto mistero, complessità, profondità, perché mettere al mondo dei figli ha a che fare con un’esigenza fondamentale dell’animo umano: trovare una propria collocazione nel tempo. Questo sesso depotenziato interessa sempre meno».

Cosa, invece, ha funzionato?

«Dal punto di vista della reputazione femminile, la liberazione sessuale ha avuto un valore incalcolabile: le donne non sono più state giudicate in base alla loro condotta sessuale, che le inchiodava e rendeva per loro impossibile muoversi nel mondo. Tutte le donne che hanno iniziato le nuove professioni, all’inizio del Novecento, venivano accusate di essere delle mezze prostitute. Quel ricatto sessuale è stato un peso orribile da portare. Oggi sappiamo che la nostra identità e reputazione si basano sulle nostre capacità, e basta. Io questa libertà l’ho respirata a pieni polmoni».

Qual è stato il ruolo delle donne nella liberazione sessuale?
«All’inizio è stato nullo: i profeti e i teorici della rivoluzione sono stati tutti maschi, con la sola eccezione dell’antropologa americana Margareth Mead, che ha fatto una carriera sfolgorante grazie a una ricerca sul sesso libero delle ragazze nelle isole di Samoa, che si è poi rivelata sbagliata. Quindi è stato un percorso che ha risentito di una visione maschile del mondo, a cui le donne si sono adeguate perché erano affamate di libertà, fameliche direi, e sapevano che avrebbero avuto molto da guadagnare. Ma nei rapporti sessuali gli uomini hanno continuato a dettare le condizioni».

Eppure, dal punto di vista teorico, la sessualità femminile è più indagata di quella maschile.
«Gli uomini non parlano della propria sessualità, non l’analizzano mai. L’unico che l’ha fatto è stato Agostino, che fa coincidere il peccato originale con la prima erezione di Adamo. Prima del peccato originale, dice Agostino, l’erezione era controllabile; dopo, sfugge al controllo, così per la prima volta Adamo deve nasconderla. È un discorso molto interessante, ma è difficile parlarne con gli uomini: è un tabù troppo forte».

Nel libro scrive che in Italia le voci critiche sono state pochissime, mentre all’estero si sono sentite chiare e forti.
«In Italia c’è il problema della Chiesa, che ovviamente ha condannato tutto della rivoluzione sessuale: chi criticava il movimento di liberazione, dunque, veniva immediatamente percepito come un clericale, era una guerra continua, una lotta fra due schieramenti. Una terza via – critica ma non schiacciata sulle posizioni delle Chiesa – non era neppure concepibile. Ora è diverso, perché ormai è evidente a tutti che la morale cattolica è stata un fallimento: persino ai corsi prematrimoniali fatti nelle parrocchie si presentano coppie che convivono o hanno già figli. In Paesi meno appesantiti da questo conflitto, criticare la liberazione sessuale è stato più semplice: penso al collettivo delle donne di Boston, che in Noi e il nostro corpo hanno raccontato i loro vissuti, avanzando proposte alternative».

Lo diceva anche Terzani: le rivoluzioni costano carissimo e per lo più finiscono in spaventose delusioni. È tempo di una nuova rivoluzione sessuale?
«È straordinario constatare la misura in cui le donne, che vedono le relazioni sessuali da un altro punto di vista, possono cambiare le cose. In Francia sta crescendo un movimento di giovani donne verdi, attente alla sostenibilità, che cercano metodi naturali per controllare la fertilità senza inquinare il mondo con gli ormoni della pillola e senza rovinarsi la salute. Qui forse c’è qualcosa di nuovo che vale la pena osservare con attenzione: il desiderio di costruire con gli uomini un rapporto che si regga su basi diverse da quelle di assoluta deresponsabilizzazione della sessualità separata dalla procreazione, che pesa solo ed unicamente sulle donne. Perché i metodi naturali implicano un rapporto di coppia: non puoi andare in discoteca e portarti a casa il primo che trovi».

Sesso e desiderio: liberato il primo, che ne è stato del secondo?
«I corpo non è un jukebox. Separare il sesso dalla procreazione non ha aiutato il desiderio, che si nutre d’immaginazione, di proibizione. E di pudore, che è un modo per addomesticare il desiderio, fare sì che non sia brutale. Avere rapporti sessuali dentro questa ricchezza simbolica e culturale è diverso dall’averli trattando il corpo come un jukebox. Adesso che tutto è permesso, di desiderio ne è rimasto ben poco».

Come rimetterlo in moto?
«Già avere il coraggio di ammettere che la rivoluzione sessuale non è stata solo un guadagno enorme, ma anche una perdita, ci aiuta a riflettere. Gli antichi dicevano che il pudore, che oggi sembra completamente perduto, è ciò che differenzia gli umani dagli animali ed è un pensiero che mi affascina molto: cosa facciamo quando cancelliamo il pudore dai nostri rapporti? Forse cancelliamo una parte di umanità, quella che ci ha permesso di civilizzare gli istinti».

Faccio un po’ di spoiler, rivelando il punto di arrivo della sua analisi: alla fine, lei sospende il giudizio.
«Gli effetti negativi e positivi della liberazione sessuale mi paiono di eguale entità. Però il merito è delle donne se la voce delle vittime delle violenze viene finalmente ascoltata, se la dignità dei deboli viene restituita attraverso il riconoscimento della necessità del loro consenso, che pone fine a ogni giustificazione della sopraffazione di un corpo sull’altro. È un grande risultato, mi piace chiamarlo “affermazione della morale materna”».


(Corriere della Sera-Sette, 20 settembre 2019)

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