1 Aprile 2016
il manifesto

Perché è stata dismessa Laura Sabbadini: risposta

di Adriana Pollice

Statistica. Le criticità del nuovo assetto delineato da Alleva. In allarme la comunità scientifica

Il nuovismo renziano è approdato anche all’Istat e l’esito finale mette in allarme parte della comunità scientifica. Nel 2014 il consiglio dei ministri, su proposta del dicastero della semplificazione e pubblica amministrazione, retto da Marianna Madia, ha designato Giorgio Alleva presidente dell’Istituto nazionale di statistica. Da lì ha preso l’avvio la riorganizzazione dell’ente. La sociologa Chiara Saraceno ha ricordato dalle colonne di Repubblica: «L’informazione statistica, soprattutto in campo sociale e demografico, che l’Istat mette attualmente a disposizione è un patrimonio che non ha riscontro in nessun altro istituto nazionale di statistica in Europa».
Saraceno non è l’unica a essere preoccupata. Donato Speroni, giornalista ed ex dirigente Istat, ha elencato sul suo blog tutte le criticità del nuovo assetto delineato da Alleva: «La logica dell’intera riforma consiste nella valorizzazione e nella integrazione dei dati di fonte amministrativa». In sintesi, si privilegia l’aggregazione di dati certificati rispetto al lavoro sul campo, un metodo che consente la riduzione dei costi ma finisce per sottostimare tutti i fenomeni sociali che sfuggono alle rilevazioni ufficiali, facendo così perdere all’Italia una delle sue attività di ricerca di eccellenza, riconosciute anche all’estero.
È ancora Speroni a chiarire: «La riforma si ripropone di alimentare in continuo i dati che si possono ricavare dalle amministrazioni e dalle imprese. È la strada del futuro, per un’ampia messe di dati (compresi quelli ricavabili dai “Big Data”). Ma la pubblica amministrazione italiana è molto più indietro nella informatizzazione (e soprattutto nella compatibilità tra i diversi sistemi informatici) rispetto ai paesi nordici a cui questo modello si ispira». Soprattutto, c’è allarme per le indagini campionarie: col tempo, potrebbero essere soppresse le ricerche sul campo in collegamento con centri di ricerca, associazioni ed enti indipendenti, quelle che fotografano le novità che si sviluppano nella società, in grado di correggere le stime ufficiali rivelando il sommerso ad esempio in fatto di povertà o violenza sulle donne (si stima che il 93% non denunci).
Spiega Saraceno: «Se l’Istat dagli anni ’90, per intelligente scelta dei suoi presidenti e l’enorme lavoro svolto da una delle sue dirigenti più qualificate, Linda Laura Sabbadini, e dagli altri dirigenti del settore sociale non avesse messo in piedi il sistema di Indagini Multiscopo e arricchito in ottica sociale anche le indagini sulle forze di lavoro e sui consumi, poco sapremmo su molti cambiamenti che hanno riguardato la società italiana, dalla famiglia ai rapporti tra le generazioni e ai rapporti uomo-donna; poco o nulla sapremmo sulla povertà assoluta, i senza dimora, la violenza in famiglia e fuori, il bullismo, le reti di aiuto informale, sui migranti ed altro ancora».
La riorganizzazione potrebbe persino investire il rapporto sul Bes – Benessere equo e sostenibile: 130 indicatori che si basano su dati soggettivi, fondamentale per ottenere una lettura più articolata che vada oltre l’indice Pil. Ridurre le indagini campionarie o le domande nelle indagini multiscopo significa, di fatto, cancellare il Bes. La riorganizzazione naturalmente ha modificato anche la struttura dell’Istat: l’istituto è stato diviso in due dipartimenti (raccolta dati e produzione statistica) e sette direzioni con nuove nomine nei rispettivi vertici. Ne è derivato lo smantellamento dei dipartimenti tematici (statistiche economiche, sociali e ambientali, censimenti): «Le competenze su queste indagini – scrive Speroni – potrebbero rischiare di essere disperse». Sabadini (inserita nell’elenco delle cento eccellenze italiane, insignita commendatore dal presidente della Repubblica Ciampi) e Cristina Freguglia, direttori rispettivamente dell’ambito sociale ambientale e sociale, non fanno più parte del vertice dell’istituto. La presenza femminile nei vertici così si è dimezzata.

(il manifesto, 1 aprile 2016)

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