28 Febbraio 2018
Leggendaria

Un’occasione da cogliere: l’invenzione della vecchiaia

di Marirì Martinengo

 

È uscito, nella Collana Quaderni di Via Dogana, della Libreria delle donne di Milano, il volumetto intitolato L’invenzione della vecchiaia. La svolta, che raccoglie otto dialoghi su altrettanti atteggiamenti e comportamenti, relativamente alla vecchiaia, rivisitati alla luce di un’acquisita consapevolezza.

La scrittura, e quindi la stampa, dei dialoghi sono tappa intermedia – necessaria – per arrivare alla rappresentazione teatrale, vero e sempre perseguito obiettivo delle autrici.

Gli otto dialoghi sono il punto di arrivo di un lavorio collettivo di riflessione, di colloqui, di ragionamenti e successivamente scrittura svolto da un gruppo di sette donne anziane, quasi tutte ultra settantenni, maturato in circa quattro anni di attività.

La prefazione al volumetto è la rivisitazione di un mio scritto, portatore di uno sguardo inusitato sulla vecchiaia delle donne, pubblicato sul sito della Libreria delle donne, nel 2012, che aveva destato interesse tanto che alcune amiche o conoscenti più o meno coetanee avevano manifestato il desiderio di ritrovarsi insieme, per ragionare su quel testo promettente e innovativo.

Dopo averci pensato a lungo e aver sentito vari pareri, il 26 novembre del 2013, radunai intorno a me una decina di donne, che si erano avvicinate seguendo il proprio desiderio; non operai delle scelte.

Le premesse teoriche alla base dell’iniziativa partivano dalla considerazione che la vecchiaia – unica età della vita ad avere un termine, un limite certo – esige/prevede una svolta, rispetto alle stagioni del passato; un’altra premessa teneva conto del protrarsi della vecchiaia, soprattutto delle donne, cioè di qualche lustro in più che la nostra generazione si trova a disposizione, rispetto alle generazioni precedenti, un tempo di vita che le donne possono arredare, partendo da sé e dai propri desideri, sottraendo la vecchiaia femminile al giudizio dispregiativo che la cultura patriarcale vi ha impresso.

Non a caso la prima parte del titolo dell’articolo e del progetto era Un’occasione da cogliere.

Il gruppo si doveva muovere, nel corso dei suoi ragionamenti, su terreno politico, cioè: partire da sé, riconoscere la disparità, disporsi all’affidamento, al riconoscimento di colei che viene prima, cioè contribuire a creare autorità femminile, l’arte della mediazione; dovevamo procedere su due piani, che si intrecciavano, fondendosi fra loro, quello di un rivoluzionamento della visione/percezione della vecchiaia femminile e quello della politica della differenza.

Il nostro interesse fu prioritariamente focalizzato sulla svolta che segna e connota l’avanzamento dell’età, ingresso ad una dimensione altra, variabile da soggetto a soggetto; occorre abbandonare i tentativi – gli sforzi – finalizzati a volere/dovere sembrare più giovani e orientare le energie così recuperate verso la costruzione di un tempo a venire, creato in libertà, che trova la propria misura e la conferma nel continuo confronto con le altre.

Il gruppo ha rivisitato alcuni luoghi comuni, tradizionalmente connessi con la vecchiaia, come, per esempio, le lamentele, i rimpianti, il senso di perdita, di insicurezza; ha scoperto e quindi analizzato i cambiamenti che ciascuna aveva riscontrato e riscontrava in sé, al sopraggiungere della senilità, riguardo all’amore, la sessualità, il godimento, la bellezza, le amicizie e via via, nel susseguirsi degli scambi verbali e negli approfondimenti personali, riguardo al rapporto con il denaro, il tempo , la prestanza fisica, le variazioni nella valutazione di ciò che dà agio, si percepisce come necessario e indispensabile, di ciò che appare superfluo.

Inizialmente avevamo stretto un patto, secondo cui le cose che ci dicevamo dovevano restare al nostro interno.

Gli incontri, sempre domenicali, a cadenza mensile, si svolgevano nella sala del Circolo della rosa, adiacente alla Libreria delle donne e, poiché ci ritrovavamo dalle ore 11 alle 15, con un simpatico intermezzo, mangiavamo qualcosa insieme.

Durante ogni incontro, c’era sempre una o più d’una che prendeva appunti; altre in seguito scrivevano i pensieri e le riflessioni che la discussione aveva suscitato; il tutto circolava in seguito fra di noi attraverso le mail; leggevamo dei libri o vedevamo film sulla vecchiaia – se ne sono prodotti tanti in questi ultimi anni – che stimolavano il nostro pensare, inducevano a confronti, spingevano ad ampliare lo sguardo, sempre tenendo presente però che la luce ciascuna la tiene dentro di sé e che essa si sarebbe sprigionata, sarebbe emersa nel confronto con quella delle altre, nello scambio in presenza.

Verso la fine del secondo anno circa, mi venne l’idea che i nostri appunti e gli scritti personali avrebbero potuto sfociare in dialoghi anziché nel consueto libro, un tocco di novità, anche questa una svolta, che ci avrebbe messo alla prova, avrebbe vivacizzato e reso più attraenti i temi trattati; inoltre la rappresentazione scenica avrebbe garantito ulteriori mediazioni: la regista, le attrici, l’organizzazione teatrale, il pubblico; il tutto si sarebbe moltiplicato, se le rappresentazioni avessero avuto luogo in teatri di alte città. L’immagine è quella di una cascatella che, da un pendio ripido di montagna, scende con balzi successivi, spumeggiando, fra un dislivello e l’altro.

La proposta provocò scombussolamenti e una iniziale resistenza: il cambiamento è una svolta che crea sconcerto perché fa uscire da strade già date, rassicuranti.

Ma poi l’ostacolo fu superato. Iniziò un arduo lavoro di trasposizione che presentò difficoltà insospettate per chi, come noi, non è abituata a convertire, in battute concise e significative, discorsi argomentativi.

I rapporti fra le componenti del gruppo nel corso degli anni sono stati generalmente amichevoli, a volte intensi, e molto collaborativi: sono nate simpatie e antipatie spontanee, si sono formate alleanze, collaborazioni duali; io, per esempio, promotrice dell’iniziativa, ho proceduto a strettissimo contatto con Renata Dionigi, alla quale mi legano un’amicizia politica e un’affinità elettiva pluridecennali; ci consultavamo telefonicamente, o a voce, durante le cene al Circolo, commentavamo l’andamento del lavoro in vista del successivo incontro collettivo, valutavamo l’andamento del lavoro al fine di giungere ad un risultato finale soddisfacente; abbiamo creato la figura di un’autorità femminile incarnata in due donne, l’una più sulla scena, l’altra più sfumata e fra le quinte, ma non meno influente e determinante.

Le stesse svolte hanno creato qualche conflitto per la difficoltà di integrarle prontamente e, a volte, anche per non dare fiducia a chi ha un di più di esperienza e di sapere.

Sono dell’idea che e i conflitti non vadano assolutamente visti in modo negativo, sono parte ineliminabile del lavoro di gruppo, contribuiscono all’affinarsi del processo politico; devono essere registrati, accettati, governati, raffreddati nella componente emotiva e, possibilmente, appianati.

La mia lunga esperienza di lavori di gruppo mi dice che i conflitti sono inevitabili e costitutivi della politica delle donne, ma aggiungo che nel nostro caso si sono rivelati importantissimi perché hanno messo in moto, ravvivandola, la creatività di donne anziane, hanno spinto a imboccare e percorrere vie nuove, inesplorate, a conferma e coronamento di quanto prefigurava il disegno iniziale, lo scopo cui tendeva il progetto: mostrare cioè che la vecchiaia femminile, lungi dal raggomitolarsi su se stessa, se liberata dagli stereotipi paralizzanti, padrona di esprimersi, ha in sé sorprendenti potenzialità di rinnovamento, di operare la svolta.

In conclusione, alcune di noi hanno curato la pubblicazione del volumetto di cui dicevo all’inizio e si sono anche accordate con la regista teatrale Ombretta De Biase per far rappresentare i nostri dialoghi nel Chiostro del Piccolo Teatro di Milano, nel prossimo mese di marzo; altre lavorano con la regista Daniela Mattiuzzi per prepararsi loro stesse a recitare a diventare protagoniste, senza mediazioni, dei nostri dialoghi.

L’impresa cominciata nel 2013 quindi ha raggiunto felicemente il traguardo.

(Versione integrale dell’articolo pubblicato in Leggendaria, gennaio 2018)

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