5 Febbraio 2017
Osservatore Romano

Denunciata dal Pontefice l’idolatria del sistema finanziario che sta distruggendo milioni di famiglie


Un’altra economia è possibile. Per cambiare le regole di un capitalismo che continua a produrre scarti

Denunciando l’idolatria di un sistema finanziario che sta distruggendo milioni di famiglie, Francesco invoca un cambiamento nelle regole del capitalismo che continua a produrre scarti. L’auspicio è contenuto nel discorso rivolto ai partecipanti all’incontro sull’economia di comunione — promosso dal movimento dei Focolari — ricevuti nella tarda mattinata di sabato 4 febbraio.

Per la sua riflessione il Papa ha preso spunto dai due termini, “economia” e “comunione”, che «la cultura attuale tiene ben separate», anzi «considera opposte». E che invece gli eredi spirituali di Chiara Lubich hanno voluto unire, raccogliendo l’invito della fondatrice.

Il Papa ha approfondito tre tematiche riguardanti il denaro, la povertà e il futuro. Riguardo alla prima ha sottolineato l’importanza della «comunione degli utili», perché il denaro «è importante, soprattutto quando non c’è e da esso dipende il cibo, la scuola, il futuro dei figli». Altra cosa è farlo diventare idolo, per cui «quando il capitalismo fa della ricerca del profitto l’unico suo scopo, rischia di diventare una forma di culto».

Quanto alla povertà, il Pontefice ha elogiato le «molteplici iniziative, pubbliche e private» per combatterla. E ha ricordato come «la ragione delle tasse» stia «anche in questa solidarietà, che viene negata dall’evasione ed elusione fiscale». Ma nonostante ciò, ha avvertito, «il capitalismo continua a produrre gli scarti che poi vorrebbe curare». Un’ipocrisia evidente che va sconfitta puntando a cambiare le regole del gioco del sistema economico-sociale.

Riguardo al futuro, infine, Francesco spera in una crescita di questa «esperienza che per ora è limitata a un piccolo numero di imprese». Una speranza ispirata al principio della reciprocità, perché — ha ricordato — «la comunione non è solo divisione ma anche moltiplicazione dei beni». L’augurio conclusivo è quello di «continuare ad essere seme, sale e lievito di un’altra economia», dove «i ricchi sanno condividere le loro ricchezze» e i poveri sono chiamati beati».


(L’Osservatore Romano, 5 febbraio 2017, il testo completo del discorso, pagina 8)

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