10 Aprile 2015

Due testimonianze su Teresa d’Avila

Nel corso del Processo canonico che terminò proclamando Teresa d’Avila dottora della Chiesa, il 21 luglio 1969, si pose la questione se si potesse dare a una donna il titolo e il culto di Dottore della Chiesa.

La risposta fu positiva e questo fu il primo argomento: nel contesto del movimento femminista oggi avanzante, si tratta di una scelta “sommamente attuale”. Lo dichiara il Promotore generale della fede. Nella stessa Dichiarazione, 31 maggio 1969, questo tale, un teologo, respinge con bella energia e con buoni argomenti due obiezioni, una secondo cui gli scritti teresiani mancherebbero di carattere “scientifico”, e l’altra secondo cui lei era affetta da un “complesso femminile”. Che complesso! Era una donna, lo sapeva e lo diceva, senza complessi d’inferiorità.

 

In Itinerario di riflessioni Carla Lonzi racconta: “Quando all’inizio del femminismo, ho ricercato le mie origini, tra quelle donne che mi potevano aiutare, meno illuse di altre, meno compromesse, più salde nell’esperienza personale e nel modo di condurla, con un nucleo indistruttibile nella riconosciuta fragilità, si sono ripresentate Teresa Martin e Teresa d’Avila”. (L’Itinerario è apparso in È già politica, Scritti di Rivolta femminile 8, Milano 1977, in vendita presso la Libreria delle donne.) (L.M.)

(Libreriadelledonne.it 10/04/2015)

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