19 Agosto 2016
Osservatore Romano

Economia e nuove generazioni. Più poveri dei genitori

Roma, 17. Gli anni Duemila sono paragonabili al Dopoguerra. È quanto emerge dal rapporto del McKinsey Global Institute che sottolinea la caduta dei redditi delle famiglie e, di conseguenza, il rischio di povertà  nell’Occidente sviluppato, dopo la crisi.

I primi segnali si avvertono nel 2005, ma poi è nel 2008 che scoppia la grande crisi globale, in seguito alla quale il prodotto interno lordo si è ridotto in tutte le economie, senza eccezioni. E attualmente i redditi delle famiglie, per una percentuale pari al settanta per cento della popolazione risultano inferiori a quelli delle generazioni precedenti.

Il rapporto di McKinsey ha per titolo Poorer than Their Parents? A New Perspective on Income Inequality (Più poveri dei genitori? Una nuova prospettiva sull’ineguaglianza del reddito). E lo studio illustra, dati alla mano, quello che è stato l’impoverimento delle nuove generazioni negli ultimi anni nel mondo sviluppato. Gli analisti hanno esaminato le 25 economie più floride del mondo e tra queste economie troviamo tutto l’Occidente e il Giappone e, dal punto di vista temporale, si  analizza il periodo dal 2005 al 2014, ovvero quello che include la grande e lunga  crisi finanziaria ed economica che ha generato un vero e proprio shock nell’Occidente.

I livelli di impoverimento variano ma non ci sono eccezioni. L’Italia è in assoluto il Paese più colpito: il 97 per cento delle famiglie italiane al termine di questi dieci anni è ferma al punto di partenza o si ritrova con un reddito diminuito. Al polo opposto c’è la Svezia: per gli svedesi si scende dal venti per cento al due per cento della popolazione bloccata o impoverita.

Il rapporto si concentra poi sull’ineguaglianza di «redditi di mercato», ossia non tiene conto nei calcoli degli effetti che hanno ammortizzatori sociali, tasse e altre politiche pubbliche sui bilanci delle famiglie. Su questa base, se si guarda ai «redditi disponibili», ossia ciò che rimane in tasca ai cittadini  dopo aver messo in regola le proprie posizioni con il fisco e aver usufruito dell’eventuale appoggio del welfare, si scopre che il  gap  tra Svezia e Italia si amplia ulteriormente. Al secondo posto arrivano gli Stati Uniti dove stagnazione o arretramento colpiscono l’81 per cento. Seguono l’Inghilterra e la Francia.

In sostanza, i giovani di oggi sono la prima generazione, da molto tempo, che sta peggio dei genitori. «I lavoratori giovani e quelli meno istruiti — si legge nel rapporto — sono colpiti più duramente. Rischiano di finire la loro vita più poveri dei loro padri e delle loro madri». E ne sono consapevoli, come conferma l’indagine. Gli analisti del McKinsey Institute affermano che nel nuovo millennio l’ordine economico mondiale è stato stravolto e il fenomeno dell’impoverimento delle popolazioni mondiali è diventato «di massa», con conseguenze molto negative su una società (fino ad allora consumistica) «impreparata ad affrontare disagi sempre maggiori fatti di povertà, di mancanza di lavoro e di assistenza inadeguata».

Dal rapporto emerge anche come molti cittadini abbiano perso la fiducia nell’economia di mercato e nel libero scambio delle merci, per molti di loro la globalizzazione rappresenta un fallimento in cui si sentono intrappolati. Si evidenzia, tra l’altro, come stia crescendo tra la  popolazione  l’idea che il libero scambio e l’economia di mercato, in un mondo sempre più globalizzato, «non siano più in grado di generare  benessere».

Come detto, tra i lavoratori giovani, i più colpiti sono quelli meno istruiti: il rischio per loro è di arrivare in vecchiaia con gravi difficoltà economiche. Per evitare una simile prospettiva, i Governi non dovranno appoggiarsi esclusivamente all’economia «perché solo quella non basterà». Ci vogliono politiche sociali efficaci. E un altro rischio serio, sempre secondo il rapporto, è quello di «piombare in uno stato di povertà permanente», in particolare per la fascia giovane della popolazione, con conseguenze facilmente immaginabili a livello di tensioni sociali.

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