28 Luglio 2014
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Femminileplurale denuncia: violenza diffusa nelle caserme Usa

Lettera a www.nuovavicenza.it

di Antonella Cunico (Femminile Plurale)

Gentile Direttore,

l’ultimo caso di stupro perpetrato da parà statunitensi ai danni di una donna incinta ha provocato indignazione in molte donne e uomini di Vicenza: si tratta dell’ennesimo episodio di una violenza che costituisce la forma più brutale e purtroppo diffusa della riduzione a oggetto delle donne, e ne sono responsabili militari appartenenti a un esercito che si autodefinisce difensore della democrazia nel mondo. In realtà sono documentati anche nella nostra città molti episodi che li vedono protagonisti di risse e atti di violenza. Uno dei militari in questione risulta indagato per un altro stupro commesso ai danni di una minorenne. Sono state messe in evidenza le condizioni traumatiche a cui sono esposti i parà inviati nelle zone di guerra, ma questo non può costituire una giustificazione, né un’attenuante dei loro comportamenti, semmai fa riflettere sui rischi ai quali vengono esposte le persone con cui convivono o che avvicinano, siano civili o altri militari. Per quanto riguarda la posizione dei civili, poi, sappiamo che l’appartenenza all’esercito statunitense comporta la facoltà che i militari possano essere giudicati in patria per i reati commessi ai danni del Paese che li ospita, quindi la popolazione italiana risulta giuridicamente meno tutelata in caso di controversie, come dimostra una lunga serie di episodi, di cui la strage del Cernis è la più nota.

 

Per questo esprimiamo soddisfazione per la fermezza con cui l’amministrazione ha chiesto che i due militari rispondano in Italia delle imputazioni che sono state fatte loro e ringraziamo il sindaco per aver interpretato e rappresentato la posizione di tanta parte della comunità vicentina. Le basi militari costituiscono un mondo a parte, del quale noi non conosciamo se non quanto possiamo rilevare all’esterno. Ma non appena cerchiamo di andare oltre le immagini fornite dalla propaganda troviamo degli elementi inquietanti: gli abusi all’interno delle forze armate americane sono un fenomeno non solo diffuso, ma in grande aumento. In un articolo del 21 febbraio 2013, intitolato “L’infinito scandalo degli stupri nell’esercito USA” Federica Sasso scrive che secondo il Dipartimento delle Difesa statunitense nel 2011 le denunce dei casi di donne militari che hanno subito violenza da parte dei loro commilitoni sono 3.192 e questo numero costituisce solo la punta di un iceberg immenso, perché, sempre secondo il Dipartimento, l’86% delle vittime sceglie il silenzio. Nel medesimo articolo si riportano i dati emersi da un sondaggio compiuto dal Pentagono: nel 2010 il numero delle aggressioni è stato 19.000: in proporzione la maggior parte delle vittime sono donne, ma in numeri assoluti i più colpiti sono uomini.

 

Il documentario “The invisible war” di Kirby Dick mostra una realtà di angherie e soprusi difficilmente immaginabili; ma non sono impressionanti soltanto i numeri e le caratteristiche odiose dell’ordinaria violenza: è la cultura dell’impunità a rappresentare il cuore del problema. Marina, Aviazione, Esercito statunitensi, ogni corpo ha avuto il suo scandalo, ma la tendenza è quella di isolare chi denuncia, scoraggiare a procedere e a insabbiare. Coloro che a Washington hanno cominciato a sollevare il problema, per esempio la senatrice Kirsten Gillibrand, hanno dichiarato che “ideale sarebbe istituire veri e propri uffici penali per sottrarre la gestione dei casi alla catena dei comandi militari”.

 

È probabile che la situazione denunciata dalla senatrice non sia molto diversa da quella in cui versano i reparti di militari americani stanza in Italia e nel mondo; tant’è che a Vicenza esiste il gruppo SHARP (sexual harassment/assault response & prevention); ma c’è da interrogarsi sulla sua efficacia, dal momento che uno dei due militari che hanno agito la violenza è ricaduto nello stesso reato nel giro di pochi mesi. Noi donne dell’associazione femminileplurale proponiamo di parlarne.

Rivolgiamo la proposta all’amministrazione di Vicenza, al Comando dell’US Army Africa/SETAF, alle donne e agli uomini che, all’interno della base e fuori, vogliono aprire un confronto su questo problema: riteniamo che vada affrontato e che riguardi, da posizioni differenti ma altrettanto importanti, loro e noi.

 

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